Ue e Colle contro la manovra Però il governo non arretra
Bruxelles boccia il deficit e chiede una revisione L’esecutivo compatto: “Andiamo avanti”. L’avviso di Mattarella
Era ampiamente previsto, ma la notizia rappresenta una novità dirompente nelle regole fiscali che disciplinano l’eurozona. La Commissione europea boccia il documento di bilancio italiano, che fa da cornice alla manovra che porta il deficit pubblico al 2,4% del Pil nel 2019, e chiede un nuovo testo corretto. Non era mai accaduto prima. Da ieri il governo italiano ha tre settimane di tempo per presentare una nuova versione che si adegui alle richieste di Bruxelles, altrimenti l’apertura di una procedura per deficit eccessivo è certa. Ma, almeno stando alle dichiarazioni, non ne ha intenzione.
NELLA SUA lettera il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis e il commissario Pierre Moscovici spiegano che la manovra italiana presenta “una deviazione particolarmente grave”. Il livello a cui guarda Bruxelles è quello del deficit “strutturale”, cioè al netto del ciclo economico e delle misure temporanee. Il governo Conte prevede che aumenti nel 2019 dello 0,8% del Pil, mentre l’Ue chiedeva di ridurlo dello 0,6%. Un impegno in teoria accettato dal’Italia nel Consiglio europeo di fine giugno. “La deviazione non ha precedenti nella storia del Patto di stabilità e crescita”, si legge nella decisione di Bruxelles. Un minimo miglioramento, utile a evitare lo stop, sarebbe stato centrato con il deficit nominale all’1,6% a cui puntava il ministro dell’Economia Giovanni Tria, più basso dell’1,8% a cui chiuderà quest’anno. Una nuova stretta fiscale che il governo ha deciso di non fare convinto che serva rilanciare la crescita, e al contempo ha deciso che non si adeguerà neanche nei prossimi anni, violando apertamente il fiscal compact che impone di convergere verso il pareggio di bilancio.
“Oggi nessuno può stupirsi, ma non è la fine della storia, è una tappa: la porta per un dialogo costruttivo resta aperta”, spiega Moscovici. Che guarda a Tria: “Speriamo che sia capace di convincere il governo italiano della necessità che la manovra italiana sia compatibile con le regole Ue”. Questa resta la linea di Bruxelles. Non del governo italiano, compatto nel rigettare qualsiasi ipotesi di modifica, al netto degli au- spici al dialogo. “Il tetto al 2,4% al momento resta”, spiega il premier Giuseppe Conte. Insolitamente duro anche il plenipotenziario leghista a Palazzo Chigi, Giancarlo Giorgetti: “Non siamo più supini e ubbidienti rispetto all’Europa”. Per Matteo Salvini “il governo andrà avanti con il sorriso, perché così chiedono gli italiani”. “All’Ue non piace questa manovra perché è la prima scritta a Roma e non a Bruxelles”, attacca Luigi Di Maio. Ieri una – per così dire – sponda verso i richiami europei è parsa arrivare invece dal Quirinale. “La logica dell’equilibrio di bilancio non è quella di un astratto rigore – ha spiegato Sergio Mattarella intervenendo all’a ss em b le a dell’Anci – ci deve sempre guidare uno sguardo più lungo sullo sviluppo, la sua equità e la sua sostenibilità, e occorre procedere garantendo sicurezza alla comunità, scongiurando che il disordine di enti pubblici, e della pubblica finanza, produca contraccolpi pesanti anzitutto per le fasce più deboli, per le famiglie che risparmiano pensando ai loro figli, per le imprese che creano lavoro”.
Come previsto la tensione sui titoli di Stato italiani è au-
La logica dell’equilibrio di bilancio non è quella di un astratto rigore: occorre scongiurare che il disordine di enti pubblici e della pubblica finanza
SERGIO MATTARELLA
mentata. Lo spreadè salito fino a 320 punti per poi chiudere a 316, 14 punti sopra il livello toccato lunedì. Il prossimo appuntamento è venerdì, quando si pronuncerà l’agenzia di rating Standard & Poor’s. Scontato che rivedrà la previsione (l’o utlook) da stabile a negativa ma potrebbe arrivare anche un nuovo declassamento del debito pubblico, dopo quello effettuato da Moody’s la scorsa settimana. È da qui, cioè dal mercato, che arrivano i maggiori rischi per il gover- no, visto che la procedura di infrazione Ue non è mai arrivata finora a imporre sanzioni (lo 0,5% del Pil). La linea resta quella espressa ieri: se le cose dovessero andare storte, cioè la crescita non dovesse avvicinarsi agli obiettivi del governo (Pil a +1,5% nel 2019) o il deficit dovesse salire troppo scatteranno tagli automatici di spesa (che però hanno l’effetto di aggravare la fase recessiva). “Potremo fare verifiche anche mensili sull’and ame nto ”, spiega Giorgetti. Intanto Bruxelles aspetta un nuovo testo entro il 23 novembre, quando è prevista una nuova riunione dei commissari. L’8 arrivano le previsioni di crescita della Commissione. “Le confronteremo con quelle italiane”, spiega Moscovici. Bruxelles le considera “ottimistiche”.