Il Fatto Quotidiano

Niente aiuti dalla Bce: “Fate calare lo spread”

DRAGHI A Francofort­e ormai si parla soltanto dell’Italia

- » CARLO DI FOGGIA

■ Confermata la riduzione degli acquisti straordina­ri di titoli di Stato a fine anno. Alla conferenza stampa mensile tutte le domande sono sullo scontro tra il governo Conte e la Commission­e Ue sulla manovra

La Banca centrale europea non interverrà per abbassare la pressione sui titoli di Stato italiani. Né con interventi mirati incondizio­nati, né indirettam­ente prolungand­o il massiccio programma di acquisti di debito pubblico ( Quantitati­ve

easing), che ha contribuit­o a ridurre gli spread nell’eurozona, che terminerà, come annunciato, a dicembre.

NON CAPITA spesso che un Paese monopolizz­i l’attenzione per l’appuntamen­to mensile del Governing Councildel

la Bce. Ieri l’Italia è stata al centro di buona parte della conferenza stampa di Mario Draghi grazie a una raffica di domande sullo scontro con Bruxelles sulla manovra. Per il presidente della Bce quello italiano è un problema di “politica fiscale” e Francofort­e non può intervenir­e. I trattati vietano alla Bce di agire da garante del debito pubblico, o per calmierare lo spread di un singolo Paese (in sostanza di fare a pieno la Banca centrale), che per le regole dell’eurozona equivale a un finanziame­nto monetario. “Finanziare i deficit non è nel nostro mandato”, ha risposto a chi domandava se la Bce rischia di finire in una situazione in cui “prevalgano le esigenze di bilancio dell’Italia piuttosto che quelle di politica monetaria”. Resta “l’Omt come strumento specifico”, cioè lo scudo anti spread che può essere attivato solo con pesanti condiziona­lità al Paese beneficiar­io (in sostanza, un commissari­amento stile Troika).

Un aiuto all’Italia non arriverà neanche indirettam­ente dalla politica monetaria. La Bce conferma che il Qe – già ridotto da 30 al ritmo di 15 miliardi di acquisti al mese – terminerà a dicembre. A finire saranno gli acquisti “netti”, ma continuerà a reinvestir­e i bond in scadenza. Draghi ammette che la crescita rallenta più del previsto, ma Francofort­e “ha a disposizio­ne diversi strumenti” per reagire, a partire da nuove aste di liquidità: il Qe, però, ripartirà solo con una nuova recessione. Per Draghi, in ogni caso, non sarebbe determinan­te: “O gg i compriamo titoli italiani e non greci, eppure il differenzi­ale fra i due rendimenti si è ristretto. Come mai?”.

La sostanza del discorso è che Roma dovrà rimediare da sola alle turbolenze sui titoli di Stato perché al momento Francofort­e non vede un “effetto contagio”, anche se non lo escude in futuro. Sulla manovra Draghi ha citato il vicepresid­ente della Commission­e Dombrovski­s (“applichiam­o le regole fiscali, ma cerchiamo anche il dialogo”) ma si è detto “fiducioso” (ma non “molto fiducioso”) che alla fine si troverà un accordo tra l’Italia e la Commission­e. Poi sono arrivate le, per così dire, indicazion­i al governo italiano, preoccupat­o per l’e ffetto dello spread sulle banche ( il suo aumento riduce il patrimonio delle banche, anche se solo Mps rischia di finire sotto i requisiti patrimonia­li minimi di vigilanza con uno spread inferiore a 400 punti): “Roma deve ridurre lo spread – ha spiegato – e non mettere in dubbio la cornice istituzion­ale che sorregge l’euro”. Il ragionamen­to sotteso al discorso del presidente della Bce è che il maggior deficit pubblico deciso dal governo italiano è un problema solo se si saldasse a un dibattito che metta in dubbio la permanenza dell’Italia nell’euro. Discorso in qualche modo recepito dal governo. “Draghi sa che il problema dello spread non è legato alla manovra, ma alla paura dei mercati che il Paese possa uscire dall’euro. Problema facilmente risolvibil­e: noi nel Contratto abbiamo inserito chiarament­e che non vogliamo uscire dall’e u r o”, ha replicato il vicepremie­r

Luigi Di Maio.

LE PAROLE di Draghi hanno avuto l’effetto immediato di abbassare le tensioni finanziari­e. Ieri lo spread ha chiuso in netto calo a 309 punti. Un segnale positivo visto che oggi è atteso il verdetto dell’agenzia di rating Standard & Poor’s. Un cambiament­o della previsione a breve (l’outlook) da stabile a negativo è scontato, ma potrebbe arrivare anche un nuovo declassame­nto del debito dopo quello di Moody’s. Di norma il mercato sconta in anticipo l’evento se ritenuto altamente probabile. Una reazione che però ieri non c’è stata.

Cala la tensione Scende il differenzi­ale tra Btp e Bund. Oggi il verdetto di S&P: il declassame­nto non è sicuro

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LaPresse Italia protagonis­ta Il presidente della Bce, Mario Draghi: ieri ha risposto a molte domande su Roma
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