Il Fatto Quotidiano

La Raggi: “Nessun falso, sul fratello di Marra decisi io”

La sindaca capitolina respinge tutte le accuse dei pm: “All’Anac ho detto la verità: la scelta del direttore del Turismo fu mia su indicazion­e dell’assessore Meloni”

- » VALERIA PACELLI

Tutto il processo a Virginia Raggi ruota intorno a un concetto: il ruolo concreto di Raffaele Marra, ex braccio destro della sindaca, nella nomina del fratello Renato.

Lo domanda più volte il pm Paolo Ielo e più volte la Raggi – interrogat­a ieri per tre ore in aula – ribadisce senza perdere la calma quella che in questo processo per falso è sempre stata la sua difesa: la scelta di Renato Marra a capo del dipartimen­to Turismo (poi revocata) fu solo sua. E Raffaele (allora capo del Personale, “la persona che mi aiutava a districarm­i nella macchina della macrostrut­tura”) non ebbe alcun ruolo, se non compilativ­o degli atti. Così si è difesa la sindaca 5stelle dall’accusa di aver dichiarato il falso all’Anac, che chiedeva chiarezza proprio su quella nomina. In una lettera alla responsabi­le anticorruz­ione del Campidogli­o, la Raggi definì così il ruolo di Raffaele Marra: “Di mera e pedissequa esecuzione delle determinaz­ioni da me assunte, senza alcuna partecipaz­ione alle fasi istruttori­e, di valutazion­e e decisional­i”. Una bugia per l’accusa, convinta di un ruolo del suo ex braccio destro nella scelta del parente.

IL 10 NOVEMBRE arriverà la sentenza. Che sortirà comunque conseguenz­e politiche: la riabilitaz­ione in caso di assoluzion­e, le dimissioni (imposte dal codice etico M5S) in caso di condanna. Ieri la Raggi ha rivendicat­o la risposta data all’Anac: “Raffaele Marra non aveva alcun potere discrezion­ale perché la scelta era mia e lui si limitava a eseguire una mia direttiva nell’ambito della procedura di interpello” (la rotazione di un gran numero di dirigenti comunali). Firmò, spiega la sindaca, uno dei 140 atti che in quel momento finivano sulla sua scrivania in quanto capo del Personale. Ma “l’assessore Adriano Meloni si prese subito la paternità della scelta di Renato Marra e la difese anche dopo che il caso finì all’attenzione della stampa”. E per dimostrarl­o la sindaca cita le chat con Meloni: “L’assetto del Turismo così (con Renato Marra, ndr) è una bomba!”. “Che tipo di accertamen­ti fece prima di rispondere all’Anac?”, domanda l’accusa. E la Raggi: “Non feci accertamen­ti particolar­i. Non faccio l’investigat­ore. Sapevo che la scelta era stata mia. Inoltre se l’ordinanza di nomina non andava bene, la Turchi( ex responsabi­le dell’ An ti corruzione in Campi dog li o,n dr) avrebbe dovuto dirmi: ‘Sindaco, non firmi, dobbiamo trovare un meccanismo’. Ma non me lo disse”. E ancora: “Se Marra doveva astenersi dal firmare la nomina del fratello, perchè l’Anticorruz­ione non ha detto che doveva fare altrettant­o sulla sua, di nomina?”.

SECONDO L’ACCUSA, Marra suggerì la nomina del fratello. E a prova di ciò, punta su una riunione e su una email inviata per conoscenza anche alla sindaca, in cui Meloni lo ringrazia per il suggerimen­to. Replica la sindaca: “della riunione fra Meloni, il mio delegato al personale Antonio De Santis e Raffaele Marra, in cui quest’ultimo fece il nome del fratello, sono venuta a conoscenza solo a febbraio 2017, dai pm, durante il mio interrogat­orio. Inoltre Meloni difese a spada tratta quella nomina”. Invece, spiega, non aveva mai letto l’email dell’assessore, perché le fu inviata solo per conoscenza e sull’indirizzo di posta “istituzion­ale” del Campidogli­o, “dove ogni giorno arrivano almeno 500 messaggi”: quell’email era affidata al segretario, con l’intesa di tralasciar­e “tutti i messaggi che arrivano solo ‘per conoscenza’”. Perché “io faccio il sindaco, non il lettore di bozze. Mi rifiuto proprio. Quell’email peraltro arrivò mentre ero in un viaggio isti- tuzionale ad Auschwitz”. “Non si è posta il problema d el l ’ astensione di Marra?”, domanda il presidente del tribunale. E gli fa eco il pm Ielo: “Quando c’è qualcosa che riguarda il tuo parente ti devi astenere, non tocchi palla, non entri proprio in campo”. E la Raggi ribadisce: “Ma a Marra arrivava un atto completame­nte predetermi­nato da me. Qualunque altro dirigente sarebbe stato in teorico conflitto d’interessi perché l’interpello riguardava tutti i dirigenti”.

Solo dopo la nomina di Renato Marra (che peraltro aveva il curriculum adatto per accedere a quella posizione e aveva già perso la possibilit­à di diventare comandante o vicecomand­ante dei vigili, negata dalla sindaca per evitare polemiche su possibili conflitti d’interessi col fratello al Personale), la Raggi venne a sapere dai giornali dell’aumento di stipendio, circa 20 mila euro lordi l’anno in più. “Mi mangiai De Santis al telefono – ricorda –, mi arrabbiai anche con Meloni e con Marra perché non è possibile che non me l’avessero detto, dopo il mio netto no all’eccessivo salto in carriera alla guida dei Vigili”.

Poi arrivarono i rilievi dell’Anac e la nomina fu revocata: “Di pancia – spiega la sindaca – l’avrei revocata solo per questa informazio­ne che mi era stata omessa. Poi procedetti quando l’Anac ipotizzò una procedura illegittim­a”. Il 9 novembre sarà ascoltata come teste l’ex capo di gabinetto Carla Raineri. Al tempo dell’interpello era già andata via dal Campidogli­o, ma l’accusa vuole sentirla sui rapporti tra la sindaca e Marra. Si annunciano altre scintille.

La difesa

“Che Renato suggerì il nome del suo parente lo seppi solo dai pm” Ora tocca alla Raineri

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Ansa In pericolo Virginia Raggi e Raffaele Marra
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