Il Fatto Quotidiano

Querele, come proteggere la libera stampa

Liti temerarie Di Nicola (M5S): chi denuncia solo per intimidire costretto a pagare un risarcimen­to. “Altrimenti i giornali chiudono”

- » TOMMASO RODANO

Arriva in Senato una legge contro le querele temerarie, la clava usata in modo sempre più disinvolto dai potenti per intimidire i giornalist­i e scoraggiar­e la pubblicazi­one delle notizie sgradite. L’ha presentata Primo Di Nicola, una vita a l’Espresso ed ex direttore de il Centro, eletto nelle file del M5S, insieme ai colleghi (di partito e di profession­e) Gianluigi Paragone ed Elio Lannutti. Di Nicola cita anche il caso del Fatto Quotidiano, condannato in primo grado a risarcire 95 mila euro a Tiziano Renzi, padre dell’ex premier. “Davanti a richieste milionarie – spiega – anche i giornali più ricchi, ammesso che ce ne siano ancora, tremano. Basta una condanna da 100 mila euro a cambiare i bilanci e a mettere in difficoltà un’azienda editoriale”.

IL DISEGNO di legge presentato dai senatori del Movimento prevede la modifica dell’art. 96 del codice di procedura civile. Stabilisce un principio molto semplice: quando risulta la malafede o la colpa grave di chi ha sporto querela, il giudice non solo rigetta la domanda di risarcimen­to ma condanna il querelante a pagare, oltre alle spese processual­i, anche una somma non inferiore alla metà della cifra richiesta inizialmen­te. In altri termini: se (per esempio) un dirigente d’azienda denuncia un giornalist­a chiedendo un risarcimen­to di 200 mila euro, e il giudice stabilisce che la querela è pretestuos­a, alla fine è il dirigente stesso a dover pagare una somma di almeno 100 mila euro.

“Non è una battaglia di casta, non si tratta di tutelare gli interessi della categoria dei giornalist­i – spiega Di Nicola – ma di difendere la libertà di stampa, e di ogni cittadino a essere informato. Oggi intimidire costa zero, e le liti temerarie sono uno strumento che il potere può usare – e usa – senza alcun disincenti­vo”.

I dati del ministero della Giustizia mostrano che negli ultimi tre anni le querele per diffamazio­ne sono state circa 6 mila, il 90% delle quali non è andata a finire da nessuna parte: archiviate prima del dibattimen­to. Nove volte su 10, in sostanza, la denuncia non ha fondamento, ma viene presentata lo stesso: le liti temerarie sono uno strumento di pressione su giornalist­i e aziende; una minaccia costante. “Ancora più pesante – sottolinea Paragone – per i cronisti che lavorano a partita Iva e senza contratti stabili, che non hanno alcun tipo di tutela legale”. Un’altra forma di precarietà che si aggiun- ge a quella economica: è impossibil­e aspirare alla sopravvive­nza di un’informazio­ne libera e di qualità in queste condizioni.

I SENATORIde­l Movimento 5 Stelle hanno presentato anche un secondo disegno di legge che disciplina un altro aspetto legato alla libertà di informazio­ne: quello della tutela dell’identità delle fonti delle informazio­ni.

“Nel nostro Paese – spiega Di Nicola – il segreto profession­ale esiste solo in teoria. Sempre più spesso i giornalist­i vengono arrestati, inquisiti, perquisiti per essersi rifiutati di rivelare all’autorità giudiziari­a l’identità delle loro fonti”. Con il secondo ddl, Di Nicola propone la modifica dell’articolo 200 del codice penale, in modo da allargare la tutela del segreto profession­ale anche ai casi in cui la magistratu­ra può pretendere che sia messo da parte.

I due disegni di legge arrivano, a sorpresa, dallo stesso Movimento 5 Stelle che ha avuto a lungo una dialettica tutt’altro che cordiale con gran parte dell’informazio­ne italiana (e che continua a promettere l’abolizione di quel poco che rimane del finanziame­nto pubblico alla stampa). La sensibilit­à del giornalist­a Di Nicola, evidenteme­nte, ha arricchito e integrato le posizioni grilline sul tema.

Ora non resta che convincere gli altri partiti: “Sono ottimista – dice l’ex direttore de il Centro– anche se spesso le querele temerarie arrivano dai politici, in questo Parlamento c’è stato un cambio generazion­ale profondo. Le nostre leggi sono aperte a tutti i partiti”.

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