Il Fatto Quotidiano

“Mi sento fragile e non cerco i like sui social”

Oggi il nuovo album “Diari aperti”: “È troppo facile postare la foto migliore. Non ho sfruttato tutte le occasioni”

- » SILVIA D’ONGHIA

La mia canzone alla Leopolda? Non lo sapevo, Renzi ha fatto i compliment­i a De Gregori

“Sono ancora una che fa di testa sua, non sono mai stata governabil­e. Questo mi è costato alcune opportunit­à, anche importanti. Ma posso dire con orgoglio di aver mantenuto la schiena dritta”. Elisa Toffoli compirà 41 anni il 19 dicembre e come (quasi) tutti quelli che entrano nella fase della maturità ha scelto di fermarsi un attimo a riflettere e poi ha deciso che era arrivato il tempo di mostrare agli altri la parte più intima di sé. Ha preso i suoi quaderni di appunti – decine, sparsi sul pavimento – e li ha resi un album. O quasi: “Non è che ho riportato le cose scritte negli anni, ma ho ritrovato in quei diari poesie, spunti di riflession­e che, partendo da me, possono diventare universali ”. Dia riaperti, appunto, si chiama il suo album in uscita oggi per Is landMu sic. Undici tracce inedite, tutte in italiano (“Abbandonar­e l’ inglese per me è impensabil­e, ma stavolta era il caso di lasciarlo fuori”). E poi un tour, che partirà il 18 marzo 2019 da Firenze.

Elisa, dica la verità: è un’operazione nostalgia o sente di essere cresciuta?

Sicurament­e la seconda, anche perché non sto scappando da nulla. I testi di questo disco sono meno metaforici, la scrittura è più diretta. Mi sembrano confession­i a cuore aperto, dialoghi con un solo interlocut­ore. Se si riesce a proiettare nel futuro tutto quello che del passato è stato bello, utile e di valore, non è un’operazione nostalgia: è aver imparato la lezione.

Per un artista è difficile mettere a disposizio­ne del pubblico la propria sfera privata, intima, soprattutt­o in un’era in cui la privacy non esiste più?

In tanti casi ciò che mostriamo sui social è la parte vincente di noi: la foto perfetta, la posa ideale, quella che può ottenere più consensi. E invece demonizzia­mo le fragilità, le vulnerabil­ità o ciò che potrebbe non piacere. Quasi dovessimo essere dei supereroi. Non è umano. Invece cercare di mettere a disposizio­ne degli altri canzoni che contengono cose oneste, vere e fragili, buttarle fuori e guardarle in faccia, è una scelta che bisognereb­be fare sempre. A me serviva sia a livello artistico che per ridare valore alla musica, alla scuola di pensiero che c’è dietro al rock and roll e allo stesso cantautora­to italiano.

“Fare quello che ti viene e non andare dietro alla gente”, canta De Gregori nel brano “Quelli che restano”, uno dei singoli estratti dal suo album. In questi tempi di social e di influencer, come si fa? E qual è il prezzo da pagare per avere la schiena dritta?

C’è sempre stato un prezzo da pagare e sempre ci sarà. Paghi comunque, paghi subito se fai di testa tua. Se ti adegui a quello che vogliono gli altri il conto arriva dopo ma il prezzo è più alto. Coloro che restano, che non tradiscono loro stessi, i più testardi, fanno tanta fatica, però rimangono svegli, vivi, con gli occhi aperti.

Sa che Renzi ha utilizzato proprio questa canzone per la Leopolda della scorsa settimana?

Davvero? No, non ne sapevo nulla, non credo neanche che abbiano avvisato il mio management. Francesco (De Gregori, ndr) mi ha detto di aver ricevuto un messaggio di compliment­i da Renzi, ma tutto qui. Ho il sospetto che ritenga che la canzone sia sua... ( ride)

“Promettimi” è una canzo- ne dedicata a suo figlio Sebastian ed è stata scelta da Save the Children per la campagna “Fino all'ultimo bambino ”. La spaventa quello che stanno subendo molti bambini del mondo?

Trovo assurdo che nel 2018 ci siano ancora decine di guerre e mi devasta pensare al divario incolmabil­e tra gli stili di vita. Se non lo saniamo, questo abisso distrugger­à tutti, anche noi. Respingere le persone non ha senso, perché è naturale tentare di salvarsi: lo hanno fatto pure gli italiani e molti di noi non sarebbero qui se i propri avi non avessero cercato condizioni migliori di vita. Come non ha senso che l’Europa – non l’Italia o i singoli Stati, ma il governo dell’Unione europea – non riesca a gestire i flussi migratori. Migrazioni e inquinamen­to sono problemi di tutti: se non li risolviamo siamo destinati a morire.

Torniamo a lei: ha ottenuto il successo a 19 anni, a 23 ha vinto Sanremo. Da allora ha venduto milioni di dischi. Oggi ha qualcosa da rimprovera­rsi?

Sto cercando di scoprire se sono contenta così, non è stato facile accettare alcune sconfitte. Mi sarebbe piaciuto avere una carriera internazio­nale diversa, andare di più all’estero. Credo di non aver sfruttato tutte le occasioni che mi si sono presentate, a volta per immaturità, altre – la stragrande – perché non sono scesa a compromess­i. Penso alle canzoni che avrei potuto pubblicare, ma non l’ho fatto, non sentendole “m ie ”. Forse è il mio limite.

E oggi come si vede?

Appassiona­ta, identica a quando avevo 16 anni. Vivo l’impegno e la difficoltà di dover crescere due figli senza voler rinunciare alla carriera artistica. È difficile a volte sentirmi presente al 100% in entrambe le cose. Però mi è rimasta la voglia di realizzare quello che mi dà emozioni forti. E a quel punto tutto il resto viene giù a catena.

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La maturità degli “anta” Elisa Toffoli ha incontrato il successo a 19 anni. A 23 ha vinto il Festival di Sanremo (foto in basso). Il prossimo 19 dicembre compirà 41 anni

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