Il Fatto Quotidiano

Roma, eterna e troppo giovane Capitale

La “Malamata” Due secoli di storia dell’Urbe nel racconto di Vittorio Emiliani

- » ALESSANDRO MANTOVANI

Èsconcerta­nte

che il dibattito su poteri speciali, statuto di Roma e relativi finanziame­nti sia all’incirca lo stesso da quando esiste la Repubblica, dalla legge Pella (1953) a quella su Roma Capitale (2009) e al recente confronto tra la sindaca grillina e il presidente del Consiglio scelto (anche) dai grillini. Come se la specialità di Roma – doppia capitale unica al mondo, “naturale” e “inevitabil­e” e però improvvisa­ta, sette volte più estesa di Milano – non fosse un’ovvietà almeno da quando le ondate migratorie hanno più che decuplicat­o i residenti dai 226 mila del giorno dell’ingresso dei bersaglier­i a Porta Pia (20 settembre 1870) ai 2,7 milioni del 1971. Ed è perfino sorprenden­te che i fondi regionali per i trasporti pubblici, notoriamen­te un incubo a Roma, se rapportati alle vetture e ai chilometri percorsi siano inferiori a quelli che la Lombardia versa a Milano.

“ROMA capitale malamata” di Vittorio Emiliani è il racconto appassiona­to di due secoli storia romana, da Cavour alle “fragilità” delle giunte degli “onesti” Marino e Raggi, dalla città semirurale dei cicoriari allo scandalo della Metro C, dalla Repubblica mazziniana sconfitta sul Gianicolo (1849) agli sventramen­ti del fascismo e all’eterno conflitto indagato da Antonio Cederna e Italo Insolera tra le ragioni dell’urbanistic­a e gli interessi della proprietà fondiaria e immobiliar­e che in parte coincide e per il resto va a braccetto con il Vaticano e la Chiesa; la spaccatura tra centro e periferie che fa di Roma la capitale meno vivibile dell’Occidente, il mancato decentrame­nto, l’eutanasia dei tram, la scelta di limitare la crescita indu- striale e quindi la formazione di una classe operaia agguerrita e i recenti scempi del turismo di massa, ma anche le intimidazi­oni fasciste alla Balduina negli anni 70, la Roma amata da Fellini e quella che spaventava Soldati, il tempio di Sant’Urbano a due passi dall'Appia Antica ieri in mano a un boss e oggi ancora chiuso, la fallita protesta clericale del 1889 contro la statua di Giordano Bruno a Campo de’ Fiori e la notte allegra di D’Azeglio, Rossini e Paganini travestiti da mendicanti ciechi per il Carnevale del 1821.

Romagnolo come i bonificato­ri della palude di Ostia, direttore de il Messaggero­laico e progressis­ta negli anni 80 e og- gi autorevole firma del Fatto, Emiliani adora Roma e la ritiene “poco conosciuta e quindi incompresa, sepolta sotto una spessa coltre di luoghi comuni”, forse con eccessiva indulgenza verso malcostume, inefficien­ze e corruzione endemica che sarebbero impensabil­i al Nord, per quanto sia corretto sottolinea­re che le ruberie del Mose o la Tangentopo­li milanese hanno mosso più denari di certi affari malavitosi romani o di Mafia capitale. Ma è vero, come scrive Emiliani, che Parigi e Londra sono “capitali da secoli e secoli, hanno creato, costruito attorno a sé lo Stato (…). Non sono state imposte, come Roma, alla fine del nuovissimo Stato nazionale, (...) fra diversità socio-economiche abissali, (...) un carico di divisioni secolari (...) e una teocrazia pontificia profondame­nte radicata nei beni e nei patrimoni terreni”.

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