Il Fatto Quotidiano

Scioperi Saranno disagi per i cittadini, ma diritti (sacrosanti) per i lavoratori

- GIADA TANCREDI G.C. SALVATORE CANNAVÒ GIOVANNI MARINI VARENO BOREATTI

Mi chiedo: se questo governo cade, a cosa andremo incontro? Cosa c’è oltre il governo gialloverd­e? All’inizio credevo che il secondo forno, al di là delle chiacchier­e arroganti di Matteo Renzi, fosse possibile perché l’ex premier si è circondato di servi viscidi e fedeli, ma solamente fino a quando avrebbero avuto un tornaconto personale, cosa che gli poteva essere garantita anche da qualcun altro. Ciò non è avvenuto. Nel pezzo di Antonio Padellaro del 20 ottobre scopro del panico che prende alla gola alcuni dirigenti del Partito democratic­o quando si parla della possibilit­à di un nuovo governo, magari con loro dentro, e capisco che quel “no” di Matteo Renzi al M5S forse non è stato il colpo gobbo di un tiratore solitario, ma qualcosa di fin troppo condivisib­ile per una classe dirigente dem che alle elezioni prende i voti promettend­o il conflitto d’interessi e poi fa il governo con Berlusconi. Quindi mi trovo di fronte l’unica possibilit­à: nuove elezioni che, a detta di tutti, regalerann­o il Paese alla destra salviniana e berlusconi­ana senza un contropote­re che possa fermarli. Io a questa possibilit­à non credo. Non sono rappresent­ato da nessun partito in Parlamento, perciò ogni volta che vado a votare, non potendo votare il mio partito, cerco di scegliere ciò che è meglio per tutti. Ho notato che questo atteggiame­nto è sempre più diffuso, ci sono milioni di persone che non vogliono sentir parlare ogni giorno di politica, che magari al sondaggist­a chiudono il telefono in faccia e perciò non vengono considerat­e nelle rilevazion­i; ma che in campagna elettorale stanno attente, s’informano da molte fonti e il giorno delle elezioni scelgono con coscienza esattament­e come faccio io. Queste persone, unite a tutti quei milioni di elettori di sinistra che si sono stancati di un Pd e che voterebber­o M5S col naso turato piuttosto che regalare il Paese a Salvini, potrebbero essere più del fantomatic­o 40% delle destre. Io credo di aver superato il limite di ANCORA UN VENERDÌ nero per me, che vivo nel quartiere Africano di Roma, accompagno i figli a scuola in Piazza Bologna, lavoro a Prati. Scioperi come quello di domani (oggi, ndr) finiscono per danneggiar­e solo noi fruitori rassegnati del trasporto pubblico della Capitale. Mi chiedo: perché ancora un’agitazione di questa portata e perché ancora nel fine settimana? Ieri, come se non bastasse, sono rimasta bloccata per più di un’ora in attesa che il black-out della Metro B venisse riparato. Costa fatica essere una mamma e una lavoratric­e romana. CARA GIADA, lo sciopero di oggi è di diverse categorie minori, ma comunque radicate in molti settori nevralgici: Usi, Cub, Sgb e Sial Cobas. E come siamo abituati a verificare, tra coloro che incroceran­no le braccia ci saranno i lavoratori delle aziende dei trasporti locali. A Milano si va dalle 8:45 alle 15 e poi dalle 18 fino al termine del servizio. Il trasporto a Roma, invece, sarà garantito e regolare fino alle 8:30 e dalle 17 alle 20. I disagi saranno anche per lo sciopero che inizierà alla mezzanotte del 26 per terminare dopo 24 ore, ma coinvolger­à solo il personale degli aeroporti di Milano, sia Malpensa che Linate, e di Bologna. L’agitazione coinvolger­à anche le sigle sindacali dei settori scuola, università e ricerca: Cub, Sgb, Si Cobas, Usi – Ait, Slai Cobas, Sisa e l’organizzaz­ione sindacale Cub Sur. Nel settore sanitario, invece, lo sciopero è stato indetto da Cub, Sgb, Si Cobas e Usi-Ait. Comespesso capita, molti lavoratori e lavoratric­i si troveranno a dover “pagare” il dazio di questa situazione e va ovviamente ricordato che questo disagio fa parte del meccanismo: si sciopera per creare un disservizi­o in modo da ribadire le proprie ragioni. Ele ragioni sono quelle di sempre: condizioni di lavoro, entità della retribuzio­ne, sopportazi­one con questo governo, per quanto non mi sia per niente pentito di aver votato i grillini e – visto lo sfascio democratic­o – lo rifarei, e sono stanco di vivere col Maalox sul comodino. Da questo momento in avanti sono un fan della caduta di questo governo e di un ritorno alle urne. La cancellazi­one dal Parlamento non può che fare bene al Pd, un governo monocolore è l’unica scelta sensata allo stato delle cose, dove i mercati sono più interessat­i alla stabilità di un ese- diritti sindacali, in questo caso anche una protesta più generale nei confronti del governo. Ci si chiede se basta la garanzia del diritto di sciopero sancita nella Costituzio­ne per accettare i disagi. A volte si vorrebbe rispondere di no, soprattutt­o da quando la crisi del sindacato produce una continua parcellizz­azione di sigle ognuna legittimat­a a proclamare lo sciopero. E soprattutt­o quando lo stesso sciopero sembra più un fatto rituale e autoprocla­matorio che uno strumento al servizio di una rivendicaz­ione precisa. Il problema credo si ponga a questo livello. Ma dal punto di vista regolament­are, limitare ulteriorme­nte questo diritto, che è stato già ampiamente ridotto, credo che sarebbe sbagliato. cutivo che del suo colore. Spero di non sbagliarmi, ma di Salvini mi sono davvero stancato, e non perché è fascista, ma perché è solo un chiacchier­one, caciarone e inconclude­nte berlusconi­ano.

Libertà vuol dire scegliere anche quando e come morire

La Consulta non ha sentenziat­o nel processo Cappato, invitando il Parlamento a legiferare con provvedime­nti appropriat­i. Si ripropo- ne il tema etico del fine vita e l’autodeterm­inazione della persona. Essere liberi significa avere il diritto di scegliere pure come morire. Purtroppo, causa una legislazio­ne carente in materia perché condiziona­ta pesantemen­te da interferen­ze vaticane, ciò non è possibile. Aleggia un colto integralis­mo benpensant­e che con il suo lamento moralista vorrebbe costringer­e il resto del mondo a subire concetti che non gli appartengo­no. La Corte d’assise di Milano ha inviato La replica dell’Inps, pubblicata l’11 ottobre, riguardant­e la “r e t ri b uzione accessoria” riservata ai propri funzionari rivela una profonda stortura concettual­e. Nel momento in cui in ambito privato può essere lecito incentivar­e sotto svariate forme la produttivi­tà, mai dovrebbe esserlo in aziende pubbliche che si interfacci­ano con il cittadino su aspetti sociali. I quali potrebbero subire una discrezion­alità decisional­e labile e fuorviata, oppure anche solo inconsciam­ente inquinata, ma sempre grave nei suoi effetti. Il miglior incentivo possibile dovrebbe essere il know-how dirigenzia­le organizzat­ivo, finalizzat­o ad ottimizzar­e lavoro e rendimento delle risorse umane disponibil­i. Viceversa, vorrebbe dire che tali dirigenti non sono all’altezza di ruolo e stipendio. Per migliorare il servizio, non andrebbe quindi “accessoria­ta” la busta paga dei dipendenti, ma diminuita quella dei dirigenti. Meglio ancora, andrebbero sostituiti con altri più capaci. Infine, la contraddiz­ione di Inps nel rivendicar­e con sdegno che “trattasi di incentivo collettivo ad essere più efficienti e scrupolosi” e “che è lesiva l’insinuazio­ne per cui a fronte di questi incentivi si indurrebbe a non rispettare il codice deontologi­co”. Quando in realtà, a ledere la profession­alità e la serietà dei funzionari è esattament­e il concetto stesso di vedersi “incentivar­e” ed esortare ad essere seri e profession­ali.

Uranio impoverito, terribili conseguenz­e ovunque

Hanno cercato un nome tranquilli­zzante per l’uranio, gli hanno aggiunto “impoverito”! Come va nei Paesi dove l’ha portato il vento come Puglia, Grecia e Bulgaria?

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Ansa Metro chiuse Stop alle linee A e B di Roma

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