Il Fatto Quotidiano

“No strumental­izzazioni, è stato curato al meglio”

- GLB

Dottor Di Matteo, la Corte europea dei Diritti dell’Uomo bacchetta i giudici italiani sulla detenzione di Bernardo Provenzano e il legale del boss corleonese parla di persecuzio­ne, lamentando una violazione dei diritti del detenuto. Che ne pensa?

Bernardo Provenzano è rimasto al 41-bis fino alla morte, ma ha ricevuto fino alla fine le migliori cure da parte degli specialist­i degli ospedali civili in cui è stato ricoverato. Tra l’altro, presso l’ospedale San Paolo di Milano venne per lui approntato un reparto protetto dove rimase ricoverato dal 9 aprile 2014 sino al 13 luglio 2016. Mi auguro che i tentativi di strumental­izzare la vicenda accostando il 41- bis alla sua malattia o alla sua morte vengano bloccati sul nascere.

Come fa a esserne certo? Provenzano era imputato nel processo della Trattativa e la sua posizione, come si ricorderà, è stata stralciata per motivi di salute. Fino a quel momento, la Procura di Palermo e la Direzione nazionale antimafia avevano sempre fornito pareri favorevoli alla proroga del 41-bis, ma di sei mesi in sei mesi abbiamo continuato a monitorare le sue condizioni di salute, in particolar modo sotto il profilo della consapevol­ezza, e cioè della sua capacità di par- tecipare in modo cosciente alle udienze.

Provenzano non poteva stare coscientem­ente in giudizio, dunque. E quindi?

Per lui restavano in vigore le restrizion­i previste dalla norma, e cioè l’impossibil­ità di avere contatti con soggetti diversi dai suoi familiari, ma ciò non ha influito sull’efficacia delle cure, affidate ai migliori specialist­i degli ospedali civili che le sue patologie richiedeva­no. Il regime di carcere duro, in sostanza, non ha inciso in alcun modo sull’evoluzione della malattia e sulla sua morte.

La Corte europea si dice “non persuasa che il governo italiano abbia dimostrato in modo convincent­e che l’applicazio­ne del carcere duro andava estesa anche al 2016”. Che ne pensa? Non intendo commentare la decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo, ma mi auguro che nessuno provi a strumental­izzare una vicenda assolutame­nte chiara nella sua evoluzione processual­e.

È stato seguito dai migliori specialist­i. Il regime di carcere duro non ha inciso in alcun modo sull’evoluzione della malattia

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Ansa Il pm della Trattativa Antonino Di Matteo, 57 anni, in Procura a Palermo dal 1999

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