Benalla, una “manina” gli ripulì il cellulare
L’ultimo episodio della “saga Benalla” sembra essere stato scritto per un film di spionaggio. Lo ha rivelato Le Monde , dopo aver avuto accesso ai verbali dell’ul ti ma convocazione davanti ai giudici, il 5 ottobre, dell’ex consigliere per la sicurezza di Emmanuel Macron: ai magistrati, Alexandre Benalla, 26 anni, ha raccontato la misteriosa scomparsa dal suo cellulare di lavoro di alcuni sms che si sarebbero cancellati davanti ai suoi occhi come se qualcuno, in possesso dei pin, stesse controllando il cellulare “a distanza”.
Da qui il sospetto: e se fosse stato l’Eliseo ad averli fatti sparire? Dal palazzo presidenziale non commentano. Benalla è stato indagato per le violenze commesse durante il corteo del primo maggio, in place de la Contrescarpe, a Parigi. Era stato proprio Le Monde, a luglio, a pubblicare sul suo sito il video all’origine dello scandalo: vi si vede il fidato collaboratore di Macron, con casco da poliziotto, pur non avendone le funzioni, mentre picchiava alcuni manifestanti.
ANCHE SE L’ELISEO ha condannato le violenze e finito col licenziare l’addetto alla sicurezza, la vicenda continua a imbarazzare Macron e ha dato un bel colpo alla sua popolarità. I fatti raccontati da Benalla ai giudici sarebbero successi durante il fermo di polizia, a luglio, in presenza di alcuni agenti: “Abbiamo potuto constatare – ha riferito – che degli sms sparivano a mano a mano. La data sul cellulare era cambiata, indicava 1970”. Era anche diventato impossibile accedere ad alcune funzioni del cellulare: “Se dei codici non funzionano - avrebbe spiegato Benalla – bisogna rivolgersi all’E l i se o , devono averli cambiati a distanza”. Ai comuni mortali la cosa sembra impossibile. Sentito da BFM Tv, Alexandre Langlois, segretario generale del sindacato Vigi-CGT Police, sostiene invece che il controllo a distanza dei dispositivi elettronici è possibile e aggiunge: “In questa storia ci sono molte cose che scompaiono”. In effetti si sa che quando, il 21 luglio mattina, la polizia ha perquisito l’appartamento di Benalla a Issy- les- Moulineaux, nella periferia di Parigi, mancavano alcuni oggetti. Soprattutto una cassaforte con le armi, tre pistole e un fucile, detenute legalmente. Il 30 luglio Benalla ha consegnato le armi agli inquirenti ma i giudici non hanno mai potuto verificare il contenuto della cassaforte e Benalla non ha mai dato uno spiegazione credibile del perché non si trovava in casa. È scomparsa anche una chiave Usb con i dati contenuti in uno dei telefoni di Benalla e alcuni scambi con l’Eliseo. Al momento dell’inter rogatorio, il 5, la chiave non era ancora nelle mani degli inquirenti: “La devo cercare tra le mie cose che ho portato nel trasloco in Normandia”, ha detto Benalla. I giudici: “E che aspetta a consegnarcela?” E lui: “Che me la chiedete”.
Benalla non è uno che si pente. Se tornasse al primo maggio rifarebbe tutto: “Ho fatto solo il mio dovere di cittadino e ne vado fiero”. È convinto che tutta la procedura giudiziaria contro di lui è il frutto di una sorta di complotto. Sostiene che il testimone che ha filmato la scena del primo maggio con lo smartphoneè un militante della sinistra radicale: “Il solo motivo per cui sono qui oggi – ha detto ai magistrati – è perché ero un collaboratore del presidente della Repubblica”.
L’imbarazzo Dall’Eliseo nessun commento Langlois (polizia): “In questa storia scompaiono troppe cose”