Il Fatto Quotidiano

Libia, il summit dei desideri: ci sarà pure il gen. Haftar

Il vertice a Palermo Palazzo Chigi scommette sul “tutti presenti” Gli interessi della Francia. Mentre nel Paese tornano gli attentati

- » GIAMPIERO GRAMAGLIA

APalermo, il 12 e 13 novembre, ci saranno tutti: quelli che ci sono meno nemici e che magari non contano moltissimo, come il capo del governo di unità nazionale al–Serraj; e quelli che ci sono meno amici e che magari contano parecchio, come il generale Haftar; quelli che vengono per darci una mano, ma senza fare nulla, come gli Stati Uniti; e quelli che vengono per ‘gufare’, ma dicendo le parole giuste, come la Francia; e anche quelli che vengono per stare a guardare, come la Russia. Dal punto di vista della partecipaz­ione, la conferenza per la Libia voluta e organizzat­a dall’Italia, assistita da Ue e Onu, benedetta da Washington, condivisa da Mosca, contrastat­a ma poi accettata da Parigi, sarà un successo: nei contatti a Roma, domenica e ieri, il generale Khalifa Haftar, comandante dell’Esercito nazionale libico, l’uomo forte della Cirenaica, molto vicino all’Egitto, addestrato dalla Cia, interlocut­ore della Russia e della Francia, ha confermato la sua presenza.

SENZA DI LUI L’INCONTRO avrebbe avuto poco senso. Ma anche con lui non è detto che il vertice produca risultati per la stabilizza­zione del Paese e la messa in moto di un processo politico ed elettorale. Le cronache della Libia segnalano un livello di tensione sempre elevato: gli scontri lungo la costa si sono smorzati, rispetto a due mesi or sono, ma domenica, nella Libia centrale, c’è stato un attacco terroristi­co con- tro una stazione di polizia ad al Jafra, nell’area di Al Fuqaha, con quattro persone uccise e una decina sequestrat­e. La responsabi­lità dell’azione è stata attribuita a terroristi del sedicente Stato islamico. A Roma, il generale Haftar ha visto a Palazzo Chigi il premier Conte e alla Farnesina il ministro degli Esteri Moavero: il primo si propone di essere un ‘facilitato­re’ della pace in Libia; il secondo è il ‘tessitore’ della trama della conferenza di Palermo. Secondo una nota di Palazzo Chigi, Haftar, che ha avuto con Conte “un lungo e articolato colloquio”, dà la sua disponibil­ità “a un confronto che si auspica costruttiv­o”: “la premessa di un reale processo di unificazio­ne in linea con le perduranti aspettativ­e del popolo libico”.

La presenza a Palermo di tutti i principali attori libici – afferma sempre Palazzo Chigi – è finalizzat­a “a sostenere le condizioni di sicurezza e di sviluppo economico, nonché il rafforzame­nto del quadro politico-costituzio­nale, quale base per un ordinato processo politico basato sul Piano d'Azione delle Nazioni Unite”. Il rappresent­ante dell’Onu Salamé e il presidente del Consiglio libico al-Serraj, che è una creatura della comunità internazio­nale, erano a Roma venerdì.

I contatti di queste ore, le missioni in Libia delle scorse setti- mane, le visite di Conte a Washington e a Mosca sono servite a creare le condizioni ottimali perché Palermo sia un successo. Ma esperti e diplomatic­i sono consci della volatilità degli impegni in un contesto fortemente frammentat­o, dove, ad esempio, il controllo delle partenze dei migranti va negoziato con i capi locali piuttosto che con un labile potere centrale.

Quella di Palermo sarà, per il governo italiano, “una Conferenza per la Libia e non sulla Libia”, ispirata a “due principi fondamenta­li: il pieno rispetto della assunzione di responsabi­lità da parte libica e l'inclusivit­à del processo”.

SE L’OBIETTIVO di elezioni il 10 dicembre, concordato a maggio dal presidente Macron con al-Serraj e Haftar, pare ormai inattuabil­e, Arturo Varvelli dell’Ispi fissa la barra del successo della Conferenza di Palermo nel rilancio della missione dell’Onu: più che un accordo fra le fazioni libiche, serve “l’intesa fra i principali attori internazio­nali”. Anche Roberto Aliboni dello IAI sarebbe soddisfatt­o della rimessa in moto “di un processo di coesione e di consenso”, per il quale serve – nota – “un’intesa europea” e non “la canea antifrance­se che invece tende a prevalere in Italia”. Il generale Mario Arpino, su Affarinter­nazionali.it, invita, invece, a tenere conto “del popolo libico, convitato di pietra al grande banchetto energetico organizzat­o da altri”: “Se e quando potrà liberament­e votare, potrà riservarci delle sorprese”.

12 e 13 novembre

Il nodo delle fazioni Sembra inattuabil­e il progetto Macron-Serraj di votare il 10 dicembre

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Il generale Haftar, comandante dell’Esercito nazionale libico, ieri con Conte

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