SE MANCA LA POLITICA IL DEGRADO RIMANE
Il degrado e le criticità emerse a San Lorenzo – che rappresentano una sorpresa solo per chi non ci vive – pongono questioni e impongono soluzioni differenti rispetto alle difficoltà che vivono i cittadini in periferia, nonostante il tasso di criminalità e la tipologia di reati siano spesso gli stessi: lo spaccio di stupefacenti su tutto. Il comun denominatore è l’abbandono, determinato dalla carenza di una politica lungimirante e dall’assenza di una rete di collaborazione tra le istituzioni.
LE PERIFERIE ROMANE, soprattutto quelle a forte prevalenza di edilizia popolare, sono diventate negli anni ghetti di esclusione sociale, dove si concentra un’umanità dolente che vive tra spaccio, discariche abusive e il fumo nero dei roghi tossici, accesi nei vicini campi rom. Lo Stato qui esiste solo in forma repressiva, attraverso le forze dell’ordine, ma non esiste alcuna politica preventiva né di riqualificazione, salvo le meritorie iniziative private dei cittadini, sempre più sconfortati.
In queste zone dove la disoccupazione giovanile è altissima, così come l’evasione scolastica, il vero welfare è rappresentato dalla droga. Si fa la vedetta per 30 euro, si fa il pusher per 70 euro. Non ci si arricchisce, si sopravvive a costi altissimi (la vita o la galera). Nascere in una famiglia di pregiudicati o in un palazzo trasformato in una piazza di spaccio a Tor Bella Monaca come a Scampia equivale ad avere un destino segnato. In queste zone i tanti cittadini perbene non scendono in strada a manifestare perché questo tipo di criminalità, ormai endemica, rappresenta una microeconomia sommersa e illegale, ma con poche alternative legali. Affrontare seriamente il problema significherebbe per le istituzioni creare mescolanza sociale attraverso piani abitativi, gestire la disoccupazione giovanile, costruire centri di aggregazione, risolvere l’annosa questione dei campi rom e occuparsi delle categorie più a rischio come sono, per un esempio, gli ex detenuti che una volta usciti di galera tornano a delinquere come prima. Un tempo se ne occupava, lucrandoci sopra, Salvatore Buzzi attraverso le sue cooperative. Ma se Buzzi ha potuto fare, disfare e rubare è perché la po- litica ora come allora si è mostrata indifferente. Il caso San Lorenzo rappresenta l’altra faccia della stessa medaglia, che chiama in causa un’altra questione non risolta: la gestione dei flussi migratori. A San Lorenzo infatti, così come mesi fa a Macerata, è esploso in modo drammatico quel combinato disposto di immigrazione incontrollata e crisi economica che ha fatto implodere la sinistra italiana insieme ai partiti di sinistra di mezza Europa. San Lorenzo ha due fattori che calamitano la criminalità: la vicinanza alla stazione dove gravitano balordi e immigrati irregolari e la presenza di molti studenti,che come ovunque attraggono lo spaccio, che si sposta dove c’è domanda: è una questione di mercato, non solo di degrado. Questo tipo di criminalità – caratterizzato da un traffico di droga meno organizzato e più “mordi e fuggi”– in mano soprattutto ad africani e nord africani, contribuisce al decadimento di tutto il quartiere, già abbandonato all’incuria da amministrazioni distratte: prova ne è il capannone di 16 mila metri quadri dove è morta Desirée, prova ne è l’assenza totale di illuminazione in certe strade di questo e altri quartieri a rischio. La Raggi non può rispondere a quello che è successo con il risibile divieto al consumo di alcolici in strada dopo le 21 o trincerarsi die- tro alla cantilena: “È la situazione che abbiamo ereditato dalle precedenti amministrazioni”, perché anche se le responsabilità non sono dirette, da due anni sono lei e la sua giunta a dover rispondere di ciò che accade a Roma, a meno di non dover derubricare il suo ruolo politico a mera supplenza di chi sa chi.
La maggior presenza numerica di polizia e carabinieri aiuterebbe ma non basta senza un serio piano di riqualificazione della zona e senza leggi più stringenti. Solo dall’inizio dell’anno i carabinieri hanno eseguito a San Lorenzo diciotto blitz antidroga. Il comandante della compagnia di Piazza Dante, Vincenzo Carpino, ha arrestato lo stesso spacciatore in un mese quattro volte e per quattro volte è stato rimesso in libertà. In due anni il capannone in Via dei Lucani è stato sgomberato 7 volte, due giorni dopo rientravano. Il quadro normativo così com’è non rappresenta un deterrente per spacciatori e consumatori. Lo Stato deve capire qual è l’obiettivo da colpire; il traffico di droga non è un problema che tocca solo persone fragili come Desirée , non è una questione che impatta solo con le aree degradate perché la droga che africani, albanesi, italiani vendono arriva sempre da ‘Ndrangheta e Camorra e si trasforma attraverso il riciclaggio in economia pulita che diventa Pil. Si vuole inasprire la legge colpendo anche i consumatori? Si vuole sottrarre alle organizzazioni criminali mafiose il traffico di droga legalizzandola? Si faccia qualcosa, perché le ruspe funzionano sul momento, ma poi durano poco.