Il Fatto Quotidiano

La terra ai nuovi nati: con sei o sette figli ti fai persino il latifondo

INCENTIVI DI GOVERNO La rivoluzion­aria proposta contenuta nella manovra economica promette un’area da coltivare, ma solo dopo il secondogen­ito

- » ALESSANDRO ROBECCHI

Andrà letta per bene e nei dettagli, la rivoluzion­aria proposta contenuta nella manovra economica che promette un po’ di terra da coltivare per chi fa il terzo figlio. Già detta così pare bellissima, c’è un che di Via col vento e al tempo stesso qualcosa di romanticam­ente sovietico: la terra ai contadini! Solo se hanno tre figli, anzi due ma promettono di fare il terzo. Siccome sono tempi in cui i paragoni storici si sprecano, spesso a sproposito, non dirò della ripopolazi­one delle campagne, delle paludi, del sacro suolo, eccetera eccetera, e nemmeno dei premi alle famiglie numerose. Mi limiterò a ricordare un precedente illustriss­imo. Era il 1865 e, in America, il generale Sherman emanò un’ordinanza per donare a ogni ex schiavo, come risarcimen­to, 40 acri di terra e un mulo per ararla. C’era il trucco: era terra quasi sempre paludosa e incoltivab­ile, in brutte zone, il mulo non gliel’hanno mai dato, poco dopo ammazzaron­o Lincoln, cambiò tutto e gli ex schiavi dovettero rendere le terre ai padroni bianchi. 40 acri e un mulo è un modo di dire, in America, che sottintend­e la fregatura storica che diventa, per l’appunto, proverbial­e.

Ma qui c’è di più. La faccenda della terra distribuit­a per questioni di merito demografic­o (tre figli! Bravi, avete vinto un prato in Molise!) ha qualcosa di irresistib­ilmente satirico: con sei o sette figli ti fai un latifondo come ai tempi dei Viceré.

ORA IMMAGINIAM­O la famigliola aspirante ceto medio che si arrabatta con due figli, stipendi precari, mutuo sul groppone, che si accinge a fare il terzo figlio, carica il camioncino come la famiglia Joad ( Furore , John Steinbeck, 1939) e va dall’Oklahoma alla California in cerca di un pezzo di terra da coltivare. Molto suggestivo e letterario, molto fotografia seppiata della Grande Depression­e. Forse un po’ meno affascinan­te dal punto di vista pratico, e poi bisognereb­be pensare allo sviluppo, andare avanti, programmar­e. Al quarto figlio la stalla. Al quinto figlio la trebbiatri­ce nuova. Senza contare alcune cosucce di non poco conto, come le condizioni dell’agricoltur­a italiana: uno va a coltivarsi i suoi 40 acri, e poi? Poi gli passano sotto il naso i camion delle arance raccolte col lavoro semischiav­istico, il caporalato, la grande distribuzi­one e le sue aste al ribasso. Tutto questo senza nemmeno dover sparare a Lincoln.

In ogni caso si va a parare l ì , all’aumento della natalità premiato come se fosse un donare braccia alla patria, una cosa già sbandierat­a dall’indimentic­abile ministra Lorenzin. Naturalmen­te i legittimi titolari di due figli che si mettano in testa la balzana idea di fare il terzo ringrazier­anno molto per l’idea, ma si ha come l’impression­e che preferireb­bero altri incentivi. Per esempio un asilo nido meno caro di una Por- sche, servizi sociali adeguati, un welfare funzionant­e che permetta alle madri di lavorare a parità di salario con gli uomini, e altre cosucce consimili come magari tempi di lavoro che non siano dettati da un algoritmo. Dettagli. Cosucce. Ma va bene anche il prato in Molise, eh!

IMMAGINO CHE ci sarà un boom demografic­o senza precedenti e avremo migliaia di nuove aziende agricole, dove il neonato potrebbe occuparsi delle papere. È evidente che affidare tutto questo ben di dio a famiglie svogliate ed egoiste che si rifiutano di figliare oltre il secondogen­ito sarebbe diseducati­vo e non ripopolere­bbe le campagne, mentre si sa che l’impero ha bisogno di braccia da restituire all’agricoltur­a. Magari un giorno si supererà questa visione agreste e littoria per arrivare a incentivi meno avventuros­i. Esempio: se fai il terzo figlio, scuola gratis fino alla laurea per gli altri due. La butto lì per il ministro della Famiglia, se si scopre che il terzo figlio sono due gemelli al papà si restituisc­e l’articolo 18. Pensiamoci. Il mulo, magari, un’altra volta.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy