LA LETTERA DEL LEGALE (A DAGOSPIA)
Non riceviamo e pubblichiamo Ecco la replica che l’avvocato Zencovich ha ritenuto di non mandarci
Questa è la lettera curiosamente inviata da Vincenzo Zeno-Zencovich, avvocato di Roberto Garofoli, al sito Dagospia, ma riguardante un articolo del Fatto. Ne diamo comunque conto qui.
Ho
ricevuto dal Pres. Roberto Garofoli mandato ad assumere iniziative a tutela della sua onorabilità in relazione all’articolo del F at to Quotidiano (ripreso da Dagospia) nel quale si accosta, in maniera suggestiva e diffamatoria, la richiesta di stanziamenti a favore della Croce Rossa Italiana con una modesta vicenda transattiva di una vecchia controversia fra la stessa CRI e il Pres. Garofoli.
Le sarò grato se vorrà dar conto delle seguenti circostanze: a) Il Ministro dell’Economia ha chiarito, con comunicato del 16 ottobre, che la richiesta di stanziamento a favore della CRI era pervenuta dal ministero della Salute e dal Commissario liquidatore della CRI per il pagamento anche del TFR ai lavoratori dell’ente e che le somme indicate, rientranti nello stanziamento complessivo già disposto dalla legge oggi vigente, erano state da settembre del 2018 accantonate con un decreto dello stesso ministro in attesa del chiarimento normativo ritenuto necessario dalla Rgs. Tale perentoria smentita è stata ignorata dal Fatto il quale insiste nella risibile tesi della “manina” che avrebbe inseri- to “alla chetichella” una non dovuta elargizione. Tesi falsa anche laddove riconduce alla persona Garofoli, una richiesta riferibile al ministero.
b) Anche a voler ignorare tutto questo, la transazione fra il Pres. Garofoli e la CRI risale al l’anno scorso ( dicembre 2017) e quindi non vi è alcun nesso logico e temporale con la supposta “agevolazione”, non fosse altro perché a quell’epoca il governo Gentiloni era dimissionario e non vi era nessun elemento che potesse far ritenere una proroga dell’impegno del cons. Garofoli presso il MEF.
c) La vicenda giudiziaria – relativa alla divisione di un immobile per circa 10 anni adibito ad abitazione familiare del Pres. Garofoli e di cui lo stesso deteneva i 5/6 ed il restante sesto indiviso era in capo alla CRI – pendeva fin dal 2009 con c o nt r a p p os t e pretese assai onerose per la CRI. L’importo versato (28.000) è stato ritenuto congruo da tutti gli uffici di controllo (...).
d) Capziosamente Il Fatto afferma che dopo la transazione la commissaria liquidatrice della CRI avrebbe avuto la “proroga dell’incarico”. Tace la circostanza che la nomina del liquidatore spetta non al ministero dell’Ec on omi a, bensì al ministero della Salute, e quindi fra le due vicende non vi è il benchè minimo nesso.
L’avv ocato Zenco-Zencovich sostiene che l’articolo del Fatto “accosta in maniera suggestiva e diffamatoria” fatti che, in realtà, sono raccontati in successione, per come si sono svolti, secondo le fonti documentali e dirette disponibili ( Garofoli, peraltro, non ha mai voluto parlare con noi). È falso poi che Il Fattonon abbia pubblicato la citata smentita del Mef che, così come la precedente nota, è stata pubblicata per intero su ilfattoquotidiano.it e ampiamente su carta. La transazione è stata giudicata congrua dopo una guerra di pareri e perizie durata otto anni, nella quale Garofoli ha cercato di accollarea CRI – dicono le carte - anche 200 euro di spese per la “condotta fognante”. Quanto alla nomina del liquidatore della CRI, sull’atto è presente il timbro con cui il Mef esprime il suo “parere favorevole”. In ultimo, il cuore della storia non è nella casa o nella “manina”, ma in quella proprietà comprata dal capo di gabinetto del Tesoro da Croce Rossa dopo anni di lite, mentre il Mef ne sosteneva la privatizzazione con messa in vendita del patrimonio.