I FANGHI TOSSICI NEI CAMPI? SCELTA SUICIDA
Per capire la reale portata dell’art. 41 del decreto Genova sull’utilizzo in agricoltura di fanghi di depurazione pesantemente contaminati, occorre almeno conoscere i termini della questione. In estrema sintesi. La legge speciale italiana (D 99/92) parte dal presupposto che dovrebbe trattarsi di fanghi derivati da scarichi “civili” e quindi non prevede limiti per contaminanti tipicamente industriali (palesemente più pericolosi). Ma nel 2017 la Cassazione (Sez. 3 Pen., 6 giugno 2017, n. 27958), occupandosi di fanghi toscani pieni di idrocarburi, rilevava che “è impensabile che una regolamentazione ad hoc (...) possa ammettere un uso indiscriminato di sostanze nocive” e precisava che, trattandosi di rifiuti, sono applicabili i limiti previsti dalla normativa in tema di messa in sicurezza dei siti inquinati in funzione della specifica destinazione d’uso del sito; in quanto, se così non fosse, “un rifiuto può essere impiegabile nello spandimento su un terreno agricolo sebbene abbia valori di contaminazione ben superiori ai limiti di accettabilità per aree industriali”. Con la conseguenza che per il parametro della discordia (idrocarburi), di regola il limite è 50 mg/Kg.
Per neutralizzare questa sentenza, in data 11 settembre 2017, la giunta della Regione Lombardia (presidente Maroni) emanava la delibera n. 7076 in cui approvava nuovi parametri e relativi limiti di concentrazione per idrocarburi (C10-C40) e fenoli, ai fini dell’autorizzazione allo spandimento e all’uso di tali fanghi come concimi in agricoltura, innalzando di ben 200 volte rispetto alle norme vigenti ( da 50 mg/ Kg a 10.000 mg/Kg), quello relativo ai contenuti di idrocarburi.
Tuttavia, il 6 aprile 2018, ben 51 sindaci di altrettanti comuni del Lodigiano e del Pavese (con l’appoggio dei 5stelle) chiedevano al Tar Lombardia di annullare questa delibera, considerando un fatto gravissimo questo pesante aumento dei limiti che consentiva di utilizzare come concimi per prodotti alimentari fanghi con contenuti di idrocarburi superiori ai 500 mg/Kg, limite oltre il quale un terreno non può avere altra destinazione d’us o che quello di “una discarica di rifiuti”.
Il 20 luglio 2018, il ricorso veniva accolto dal Tar. La sentenza n. 1782/ 2018 annullava la delibera regionale, confermando i limiti indicati dalla Cassazione (e da Ispra). Sentenza che rendeva problematico lo smaltimento, in Lombardia, di almeno 3000 tonnellate di fanghi di depurazione alla settimana. Il 3 agosto 2018, la Regione ricorreva al Consiglio di Stato.
Ultimo (per ora) atto: nel decreto Genova spunta l’art. 41 che nulla ha a che vedere con i fatti di Genova e, “al fine di superare situazioni di criticità nella gestione dei fanghi da depurazione”, aumenta a 1000 il limite di 50 per idrocarburi nei fanghi; cui si aggiunge un emendamento della maggioranza che amplia i limiti anche per idrocarburi, diossine, furani, PCB, toluene, selenio, berillio, cromo e arsenico.
QUESTI SONO I FATTI. E allora, meglio ammetterli francamente e assumersene la responsabilità. Due sole considerazioni finali. I Medici per l’Ambiente rilevano che la norma contenuta nel decreto Genova aumenta “la possibilità che vengano contaminati suoli, ecosistemi e catena alimentare, con inquinanti tossici, di cui alcuni classificati come cancerogeni certi per l’uomo, e senza che siano stati valutati rischi per la salute umana”. Non a caso l’on. Donatella Spano, presidente della commissione Ambiente per la conferenza Stato-Regioni, chiede “un parere aggiornato dell’Istituto Superiore di sanità, perché quello precedente del 14 marzo scorso era limitato ai soli parametri microbiologici”.
Infine. Se anche è vero che c’è un’emergenza fanghi di depurazione contaminati, come si può anche solo pensare che la soluzione sia di autorizzarli per concimare i campi da cui ricaviamo il nostro cibo?
DECRETO GENOVA
È di 500 mg/Kg il limite di idrocarburi di una “discarica di rifiuti” Il testo lo eleva a 1000 e pensa di coltivarci su