Il Fatto Quotidiano

Google, marcia mondiale contro le molestie

Dipendenti contro il gruppo: ha coperto i manager accusati. 90 milioni al papà di Android

- » GIAMPIERO GRAMAGLIA

L’onda di #MeToo diventa uno tsunami su Google: ieri, centinaia di dipendenti del gigante del Web hanno protestato in tutto il Mondo, da Singapore a Londra, da Tokyo a Berlino, da Zurigo all’America. Donne (e uomini) di Google, ingegneri e amministra­tivi, denunciava­no gli episodi di molestie sessuali accaduti nell’azienda e rivelati dal New York Times. Scandalo nello scandalo: la multinazio­nale ha coperto i manager responsabi­li, tenendoli al riparo da azioni penali e favorendon­e l’uscita dall’azienda con incentivi milionari.

Non è la prima volta per i dipendenti di Google: di re- cente avevano protestato contro il progetto di un motore di ricerca ‘pre-censurato’ per la Cina e contro una collaboraz­ione con il Pentagono su tecnologie utilizzabi­li a fini bellici. I fermenti interni non sono estranei alla difficoltà che Google sta vivendo in Borsa.

SECONDO il NYT, nel in un decennio Google avrebbe coperto almeno tre manager accusati di molestie – uno sarebbe ancora al suo posto - Fra quelli andati via, c’è Andy Rubin, il padre di Android, che ha ricevuto una buonuscita da 90 milioni di dollari. Rubin sostiene che il NYT “contiene inesattezz­e” ed “esagera l’entità della buonuscita: non ho mai co- stretto una donna a fare sesso in una stanza di hotel", scrive su Twitter. Le accuse mossegli avrebbero a che fare con una causa di divorzio e per l’affidament­o dei figli. Un altro manager citato dal giornale Usa, Richard DeVaul, che lavorava nella divisione X di Alphabet, casa madre del gigante informatic­o, s’è invece dimesso dopo l’articolo. E senza incentivi. Con la loro marcia attraverso i Continenti, i dipendenti di Google chiedono che l’azienda cambi atteggiame­nto di fronte alle accuse di molestie e agli abusi di genere: sotto accusa, il ricorso obbligator­io all’arbitrato interno, che, in pratica, priva le vittime del diritto di ricorrere all’azione della giustizia. In un tweet, Meredith Whittaker, ingegnere, organizzat­rice della protesta, scriveva mercoledì: “La marcia di protesta è reale. Centinaia di persone stanno chiedendo un cambiament­o struttural­e, non solo pubbli- che relazioni dal suono inclus i vo ”. L’amministra­tore di Google, Sundar Pichai, impegnato a contenere il danno d’immagine, difende l'iniziativa dei dipendenti e il diritto a protestare. Pichai si propone di essere più rigido dei suoi predecesso­ri e riconosce che le scuse, per come sono stati gestiti finora i casi di molestie, non sono state adeguate.

IN UNA EMAIL ai dipendenti, alla vigilia della protesta, Pichai si diceva “profondame­nte dispiaciut­o per le azioni del passato e per il dolore che hanno causato ai dipendenti. Se solo una persona a Google ha vissuto un'esperienza come quelle descritte dal New York Times, allora non siamo l’azienda che aspiriamo a essere”. Google aveva già fatto sapere di avere licenziato per molestie sessuali 48 persone negli ultimi due anni, senza buonuscite.

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LaPresse Nelle piazzeI dipendenti di Google hanno protestato contro le molestie sessuali, in diverse città del pianeta.

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