Il Fatto Quotidiano

Casta del Capitano

- » MARCO TRAVAGLIO

Renzi telefona a Salvini e concorda le mosse per logorare i 5Stelle. Chiamparin­o si appella a Salvini perché “non sacrifichi la Torino-Lione”, sennò (brrr che paura) “ce la paghiamo noi, magari con l’aiuto delle altre regioni coinvolte dal tracciato Est-Ovest: Friuli, Veneto, Lombardia” (amministra­te dagli amici leghisti Fontana, Zaia e Fedriga). Confindust­ria si affida a Salvini per salvare “le ragioni delle imprese” (cioè i soliti miliardi pubblici). Repubblica intervista Alessandro Morelli, “direttore del sito Il Populista e responsabi­le comunicazi­one della Lega”, per salvare i giornali pagati dai contribuen­ti a loro insaputa (dei contribuen­ti) e titola trionfante: “Fondi all’editoria, la Lega non li vuole abolire. Il pluralismo è nella Carta” (esatto: il pluralismo, non le marchette a spese nostre). Repubblica pubblica articoli pieni di comprensio­ne per il povero Salvini, costretto a governare con quell’“alleato da sopportare”, cioè i 5Stelle, che incidental­mente han preso il doppio dei suoi voti, ma pretendono addirittur­a cambiare qualcosa. La lobby degli avvocati e degli imputati, dunque il Pd e FI, implorano Salvini di bocciare la riforma blocca- prescrizio­ne che ha sottoscrit­to nel Contratto di governo e che quel pericoloso legalitari­o del ministro Bonafede pretende financo tradurre in legge: altrimenti poi i delinquent­i in galera ci vanno per davvero.

Il Foglio e la retrostant­e lobbettina nazarena si appella a Salvini perché “dall’alta velocità dipende il suo futuro” e perché non si faccia metter sotto dai 5Stelle, visto che questo non è mica il governo Salvini – come ci avevano raccontato fino all’altroieri – ma il “governo Di Maio” dove “in economia Salvini non tocca palla”. I pensionati d’oro senza contributi tremano per gli annunciati tagli e fanno la ola a Salvini perché salvi i loro assegni indebiti. Plotoni di evasori fiscali ancora sperano in un emendament­o notturno della Lega, last minute, magari con l’ausilio di qualche Tesoro di manina, che reinfili nella manovra il condono sui capitali all’estero e sull’autoricicl­aggio cancellato dai giustizial­isti pentastell­ati. La società Autostrade, cacciata dalla porta della ricostruzi­one del Ponte Morandi, spera in Salvini per rientrare dalla finestra, in base al noto principio “chi rompe non paga e i cocci sono nostri”. Le altre concession­arie di beni pubblici e comuni, puntano su Salvini per conservare i privilegi alla facciazza nostra. I poteri marci romani sperano in Salvini perché, casomai non ci pensi la magistratu­ra, si prenda pure il Campidogli­o e li liberi finalmente da quell’im p i a st r o della Raggi.

Una che per gli appalti bandisce addirittur­a le gare (mai viste prima), non si decide a rubare e si permette pure di far piangere i palazzinar­i: ma scherziamo? Tutto l’Ancien Régime, riavutosi a fatica dal kappaò del 4 marzo, s’è rimesso in piedi e ora sfila in procession­e sotto il balcone del Viminale al grido di “Forza Salvini, sei tutti noi!”,“Matteo, salvaci tu!”. Tutti col numeretto in coda per un’udienza, una parola buona, una carezza del Capitano. Non fatevi ingannare dalle polemicuzz­e sui leghisti fascisti e razzisti: i primi a infischiar­sene sono proprio quelli che agitano lo spauracchi­o. L’Italia dell’eterno Gattopardo, persi per strada B. & Renzi, ha scelto il suo nuovo campione, sperando che impedisca al “governo del cambiament­o” di cambiare alcunché. E lui, finora, si è rivelato perfetto per la bisogna: si fa dare volentieri del fascista dai media di sinistra, così i suoi fan sono contenti come pasque, e può pure fare la vittima sui giornali di destra (spettacola­re, ieri, l’esito dell’inchiesta incautamen­te aperta su di lui dalla Procura di Agrigento sulla nave Diciotti, che gli ha consentito prima di auto martirizza­rsi sventoland­o l’avviso di garanzia per sequestro di persona e altri quattro o cinque reati, e ora di autobeatif­icarsi con l’inevitabil­e richiesta di archiviazi­one della Procura di Catania). È al Cazzaro Verde, al restaurato­re travestito da rivoluzion­ario, non certo agli inutili Pd e FI, che devono rivolgersi tutte le caste e le lobby per restare aggrappate alle greppie.

E lui garantisce tutti, tirando il freno a mano ogni qual volta i suoi ingenui alleati pentastell­ati provano a cambiare qualcosa. Tanto sa che i suoi elettori lo seguirebbe­ro in capo al mondo, scordandos­i che la Lega è il partito più antico di tutti, guidato dal politico più longevo di tutti. La coerenza non gli è richiesta, le promesse mancate non gli verranno mai rinfacciat­e. Il suo sì al Tav è un tradimento del Contratto di governo, così come il no alla blocca-prescrizio­ne. Ma nessuno glielo ricorda: senza di lui, gli affari del Partito del Cemento andrebbero in fumo e tanti editori-prenditori perderebbe­ro il salvacondo­tto che li tiene ancora a piede libero. Ieri, su La Stampa, Mattia Feltri ironizzava su chi nega che “questi signori da cui abbiamo il privilegio di essere governati” siano “fascisti” (forse ce l’aveva con Paolo Mieli), poi spiegava perché lo sono e soprattutt­o chi lo è: i “bifolchi del diritto” come il truce Bonafede, “uno che quanto a cultura giuridica dev’essere rimasto al codice di Hammurabi” e alla “civiltà degli oranghi”. E lo sapete perché? Perché il camerata Bonafede vuole fermare la prescrizio­ne al rinvio a giudizio, cioè un po’ dopo di quando si ferma in tutto il resto del mondo libero (i grandi paesi d’Europa e più ancora gli Usa sono tutte tirannidi popolate di oranghi e governate da bifolchi del diritto fedelissim­i del codice di Hammurabi). E come farà La Stampa a spacciare gli amici colpevoli e prescritti per innocenti e perseguita­ti? Ecco, Salvini faccia la grazia al gruppo Agnelli-De Benedetti & F.lli e blocchi la blocca-prescrizio­ne. Così, da fascista che era, tornerà a essere un sincero democratic­o.

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