LA BUSTA GIALLA NEL RITO SOCIAL DEL “CAPITANO”
La diretta Facebook ideata e condotta da Matteo Salvini per comunicare in anteprima al suo popolo di aver ricevuto una richiesta di archiviazione per i reati per i quali era indagato, è stata un rituale pseudo-collettivo in cui l’officiante ha confermato tutti i valori e glorificato tutti i totem su cui si basa l’inaudito fenomeno contemporaneo semplicisticamente chiamato populismo, che è invece del tutto peculiare ed è il caso di chiamare salvinismo. “Mi è arrivata ora in ufficio una busta chiusa dalla Procura di Catania: sarò assolto o indagato??? Dai che la apriamo insieme!”, ha prima twittato, abbassando di qualche ottava il registro che un tale evento richiederebbe a una persona che incarna un’istituzione della Repubblica; tuttavia, questo dell’adolescente ingiustamente accusato di una marachella, è il tono giusto, se “la Bestia”, l’apparato propagandistico salviniano gestito da uno staff di nativi digitali, è in grado di produrre una cosa tanto primitiva, infantile, grottesca quanto potente, efficace e a suo modo epocale.
SALVINI MAI si concederebbe di mostrarsi preoccupato; esibendo la busta gialla intestata “Procura della Repubblica”, temporeggia, lasciandola sul tavolo che fu di De Gasperi (se non proprio lo stesso, la sua allucinante metonimia) e met- tendo in scena tutta una serie di diversivi da vaudevilleper procrastinarne l’apertura. L’ostensione della busta irride al suo contenuto e ha l’effetto di alzare il livello emotivo dell’evento (“si rischiano fino a 15 anni”) nello stesso momento in cui il celebrante lo degrada a sketchcomico. “Se vi va, la apriamo insieme, perché abbiamo scoperto insieme che abbiamo un ministro indagato per sequestro di persona”. A settembre, leggendo in diretta la lettera della Procura di Palermo, assunse un tono affettatamente so- lenne, facendo il verso a un’ideale giuria di parrucconi che lo stesse additando da uno scranno. “Illustrissimo Signor Ministro”, intonò con pomposità, “è mio dovere informarla…” e poi fece una lunga sorsata da una lattina di Fanta (inspiegabilmente, non ruttò). Il successo del format è confermato dalla pioggia di commenti, emoticon, cuoricini, esortazioni (“Sei la nostra forza”, “Sei una persona speciale”, “Matteo ti amiamo”) di 24 mila persone amorosamente collegate col Capitano. Che parla di facezie: mostra la t-shirt dei Nocs, poi il tutore che indossa per l’infortunio al polso (per aprire la busta lo toglierà, un gesto di ribellione alle raccomandazioni degli ortopedici), poi chiama in scena il sottosegretario Molteni, che non trattiene l’adoraz ione: “Tu sei un grande ministro!”. Si fa portare un caffè. Si prende gioco dell’autorità e dei suoi riti; il suo è un patto con le persone comuni (“Le brave e normali persone stanno con te”, gli scrivono), “i santi e le sante” vessati dal fisco, dalla burocrazia, dagli intellettuali, dai “signori di Bruxelles”. Drammatizza, degradandola a sit com, la richiesta di archiviazione, che già conosce. Comunque vada, ha già vinto, sia se secondo la Procura ha sequestrato 177 persone (in questo rito prive di ogni diritto umano), sia se l’accusa pare svanita, ciò che infine scopre e che gli dà modo di chiedere beffardamente: “Ma chi ha indagato, cosa ha indagato?”. I pm, ridotti a comprimari di una gag di bastonate tra marionette, sono il braccio legale di una casta anti-italiana che vuole tutta l’Africa sul suolo patrio, contro “la gente vera, donne uomini mamme papà bambini nonne”, protagonisti dimenticati di “un’Italia serva e in ginocchio”. In tempo reale Salvini controlla il riverbero online della sua performance. L’intermediazione è ribaltata, i cronisti costretti a seguire la diretta per dare la notizia che lui ha già dato ai suoi fan. “I primi siete stati voi a saperlo, pare che il ministro sia assolto dall’accusa di sequestro di persona”. Così un ministro della Repubblica amico del popolo, su un social di proprietà di un monopolista multimiliardario, dà lettura di una sentenza di un processo che non c’è stato.
MINISTRO DEL POPOLO Una diretta Facebook per condividere con i fan la richiesta di archiviazione: più che populismo, è diventato salvinismo