Il Fatto Quotidiano

Terra dei Fuochi, dieci anni dopo ritorna la paura

LUNGA SCIA DI ROGHI Gli ultimi: sabato notte un auto-compattato­re è bruciato a Santa Maria a Vico, il 1° novembre a fuoco il Sito di tritovagli­atura di Santa Maria Capua Vetere. Da luglio non c’è tregua

- » ANGELA CAPPETTA

Brucia la monnezza in Campania. Brucia proprio come dieci anni fa, quando nessuno conosceva la Terra dei Fuochi, i sacchetti di spazzatura invadevano le strade di Napoli e i roghi notturni erano la quotidiani­tà. Allora il problema erano le discariche stracolme di rifiuti e la soluzione del Commissari­ato per l’e me rgenza rifiuti fu di riaprire quelle dismesse, mentre la politica nazionale e regionale spingeva per la realizzazi­one di nuovi impianti. La gente si barricava davanti alle discariche di Caivano (Napoli), Benevento, Avellino e Salerno.

Nel 2008 nessuno sapeva ancora che nel triangolo della morte tra Napoli e Caserta, che sarà poi chiamato Terra dei Fuochi, erano stati interrati negli anni Novanta rifiuti radioattiv­i provenient­i dal Nord Europa. Nessuno, a parte una commission­e di inchiesta parlamenta­re che nel 1997 raccolse le dichiarazi­oni di Carmine Schiavone, cugino di Francesco Schiavone, detto Sandokan, capo del clan dei Casalesi. Carmine da amministra­tore di camorra divenne un collaborat­ore di giustizia, ma il verbale di quella audizione fu desecretat­o solo nel 2013. Carmine Schiavone è morto di infarto tre anni fa, dopo aver subito un intervento alla schiena al l’ospedale di Viterbo. La sua famiglia ha chiesto che venisse aperta un’inchiesta.

OGGI, a distanza di dieci anni, la Terra dei Fuochi torna a far parlare di sè. E stavolta non vanno a fuoco le discariche. Bruciano quegli impianti, sia pubblici che privati, realizzati per sanare l’emergenza del 2008. Bruciano da Napoli a Caserta. Solo nel Casertano ce ne sono 262. Il 1° luglio divam- pa un incendio nel cortile della ditta Ecologia Bruscino di San Vitaliano (Napoli), dove si riciclano le ecoballe. L’azienda è una controllat­a del gruppo Ambiente spa, che fa capo ai fratelli Pasquale e Santo (detto Dino) Bruscino, finiti negli anni Novanta in una inchiesta che coinvolse quello che viene considerat­o l’inventore dell’ecomafie, l’avvocato- imprendito­re Cipriano Chianese (nemico acerrimo del super poliziotto Roberto Mancini che per primo scoprì la Terra dei Fuochi, salvo poi morire di cancro nel 2014). Sia i fratelli Bruscino sia Chianese, in quel processo, furono assolti. Chianese, invece, nel 2016 è stato condannato in primo grado a venti anni per associazio­ne a delinquere, disastro ambientale, inquinamen­to delle falde ed estorsione.

Il 25 luglio scorso tocca all’azienda Di Gennaro a Caivano (Napoli,) un mese dopo allo Stir di Casalduni (Benevento). A fine settembre le fiamme divampano in un ex stabilimen­to di stoccaggio nella zona industrial­e di Pignataro Maggiore (Caserta). Il 26 ottobre brucia la Lea di Marcianise (Caserta): in due ore, le centraline dell’Arpac registrano una concentraz­ione di diossina sedici volte superiore ai limiti di riferiment­o.

IL 1° NOVEMBRE, quando due guardiane si accorgono delle fiamme allo Stir di Santa Maria Capua Vetere, l’incendio ha già distrutto un capannone. Il sindaco di Marcianise, Antonello Velardi, attacca su Facebook: “È un incendio doloso, come gli altri. Non c’è traccia di autocombus­tione. Chi lo ha fatto è perché ha interesse a che tutto bruci. Tutto ciò avviene perché non c’è un’azione vera da parte di or- ganismi che si interessan­o di rifiuti: innanzitut­to la Regione Campania, lo Stato, la Provincia di Caserta e i Comuni. Anche se i Comuni sono l’anello debole”. Lo Stato arriva subito a Santa Maria Capua Vetere: il ministro all’A mbiente Sergio Costa, ex comandante della Forestale in Campania, lancia l’alla rme criminalit­à. “La camorra fa schifo – dice – e non ci faremo mettere in ginocchio dai criminali”, annuncia poi una task force di carabinier­i esperti in materia ambientale, l’invio dell’esercito per monitorare i siti più a rischio e la riunione del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica a Caserta. Il vicepremie­r Luigi Di Maio promette un Consiglio dei ministri nella Terra dei Fuochi. Tutto come dieci anni fa, quando un Berlusconi vittorioso dopo la caduta del governo Prodi portò a Napoli ministri ed esercito.

EPPURE, in una Regione che sborsa ogni anno 150 milioni di euro per smaltire un milione di tonnellate di rifiuti che non vengono smaltiti, che manda gli scarti prodotti dai siti di compostagg­io in Emilia Romagna, Belgio e Bulgaria e che paga ogni giorno 120 mila euro di sanzione all’Unione europea, c’è qualcuno che aveva previsto una nuova emergenza rifiuti. È il governator­e Vincenzo De Luca a dire, il 31 luglio scorso in Consiglio regionale: “Non ci possiamo consentire una nuova emergenza. Se dobbiamo aprire dieci siti di stoccaggio, ne apriremo anche venti perché ciò che conta è non avere rifiuti per strada”.

Di recente la Regione ha autorizzat­o l’apertura di due siti per i rifiuti speciali nell’ex fabbrica di zucchero Kero, confiscata alla camorra. A indagare sui quattro roghi nel Casertano è la Procura di Santa Maria Capua Vetere, guidata da Maria Antonietta Troncone. A Napoli Nord si indaga sui casi Caivano e San Vitaliano. Per ora non si può parlare di legami tra i vari episodi. Ma la mano criminale non si ferma e poche ore dopo l’ultimo incendio, prende fuoco un autocompat­tatore di rifiuti a Santa Maria a Vico. Il ministro Costa non era ancora ripartito per Roma.

IL GOVERNATOR­E Il 31 luglio De Luca annunciò: “Non possiamo consentirc­i una nuova emergenza, apriamo venti nuovi siti”

IL SINDACO E IL MINISTRO Velardi denuncia: “Incendi dolosi, non c’è traccia di autocombus­tioni” Costa: “La camorra fa schifo”

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Ansa Rifiuti in cenere Pompieri a Marcianise il 26 ottobre

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