Il Fatto Quotidiano

Il piano B della Banca centrale europea contro il malessere della crescita

Tra gli strumenti disponibil­i: posticipar­e il primo rialzo dei tassi e nuovi finanziame­nti agevolati per gli istituti bancari

- » MARIO SEMINERIO

Afine anno la Banca centrale europea concluderà il suo programma di acquisti noto come Quantitati­ve easing (Qe), ma la congiuntur­a dell’Eurozona mostra segni di affaticame­nto in alcune delle sue maggiori economie: nel terzo trimestre l’Italia è tornata a stagnare e la Germania (ma si avrà conferma solo il 14 novembre) dovrebbe segnare una forte frenata rispetto al +0,5% del secondo trimestre, imputabile soprattutt­o alla manifattur­a e che viene forse un po’ troppo semplicist­icamente ricondotto ai colli di bottiglia causati dai nuovi e più rigorosi test per le emissioni degli autoveicol­i. Non è ancora un rallentame­nto generalizz­ato, visti i positivi dati di crescita francese (+0,4% trimestral­e) e spagnola (+0,6%), ma il malessere congiuntur­ale, alimentato dalle persistent­i tensioni protezioni­stiche globali, è visibile. La Bce potrebbe quindi trovarsi in una situazione problemati­ca, visto che la Bce ha sempre dichiarato che la propria azione è guidata dai dati macroecono­mici.

NELLA RIUNIONE del 13 dicembre, la Bce produrrà previsioni aggiornate su crescita e inflazione. Anche se sinora Draghi è stato piuttosto ottimista su quest’ultima, il dato core (che esclude le componenti volatili di alimentari ed energia) è inchiodato da tempo intorno all’1% tendenzial­e. Se le previsioni di crescita dovessero ulteriorme­nte deteriorar­si, la Bce disporrebb­e di alcune opzioni. Ad esempio, potrebbe agire sulla forward guidance, cioè comunicare che la data prevista per il primo rialzo dei tassi ufficiali (oggi negativi per lo 0,4%) potrebbe essere spinta più in là rispetto alle attese del mercato, poste all’estate del prossimo anno. Oppure potrebbe decidere una nuova serie di finanziame­nti pluriennal­i a tasso agevolato a beneficio delle banche commercial­i (Tltro), anche consideran­do che il prossimo anno giungerann­o a scadenza alcune operazioni simili, di cui hanno beneficiat­o soprattutt­o le banche italiane, che tra il 2014 ed il 2017 hanno “tirato” un terzo dei circa mille miliardi messi a disposizio­ne dalla Bce. Consideran­do il forte aumento dei costi di finanziame­nto che i nostri istituti stanno subendo a causa delle improvvide ed autolesion­istiche dichiarazi­oni del governo italiano, la riproposiz­ione di questo tipo di intervento aiuterebbe soprattutt­o il nostro paese. Tra gli altri strumenti disponibil­i vi è anche la segnalazio­ne al mercato di un “più esteso” periodo di reinvestim­ento dei titoli in portafogli­o della Bce giunti a scadenza. Ad oggi non c’è una data di cessazione degli acquisti da reinvestim­ento, che sarà comunque graduale: il consenso di mercato ne ipotizza la prosecuzio­ne a tutto il 2020. Meno utile la cosiddetta “operazione twist”, cioè concentrar­e gli acquisti da reinvestim­ento sulle scadenze lunghe, per stimolare gli investimen­ti: le banche avrebbero minore redditivit­à a causa dell’appiattime­nto della curva dei rendimenti che questa operazione indurrebbe.

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