Il ministero ci mette 6 miliardi, ma ne servono almeno 36
AMBIENTE La messa in sicurezza del territorio La cifra coperta anche da un prestito della Banca europea degli investimenti. Resta in parte il progetto dem Casa Italia
Un miliardo di euro per i prossimi tre anni, altri cinque a lungo termine, finanziati anche attraverso un mutuo con la Bei (Banca europea degli investimenti). È quanto il ministero dell’Ambiente ha messo a disposizione per la messa in sicurezza del territorio italiano dai rischi naturali, al netto dei fondi stanziati di volta in volta per gestire le emergenze dovute a frane, case crollate, fiumi esondati.
La polemica politica di questi giorni è tutta attorno a questa cifra e alla discontinuità tra il governo gialloverde e le politiche di Matteo Renzi e Paolo Gentiloni, che accusano il nuovo ministro Sergio Costa e l’intero esecutivo di avere invece bloccato quel prestito Bei a tasso agevolato e di aver smantellato l’ambizioso Casa Italia, il piano lanciato dai dem dopo il terremoto nel Centro Italia di due anni fa.
In realtà, però, il governo non ha affatto rinunciato ai soldi della Bei. Parliamo di 800 milioni di euro – da restituire in una ventina d’anni – frutto di un accordo tra la banca e il ministero dell’Economia – durante la scorsa legislatura – e destinati espressamente “agli interventi per la prevenzione dei danni causati dal dissesto idrogeologico”. L’intesa, siglata nel dicembre 2017, sarebbe poi diventata operativa alla firma di un contratto di progetto tra la stessa Bei e il ministero dell’A mbiente. Tra lentezze burocratiche e l’avvicinarsi delle elezioni dello scorso marzo il percorso si è arenato per qualche mese, finché settimana scorsa il ministro Costa ha frenato sull’opportunità di sottoscrivere nuovo debito.
MA ADESSOsia la banca sia gli uffici dell’Ambiente confermano che la pratica è tutt’altro che saltata, con Costa che avrebbe preso tempo per ridiscutere i termini dell’accordo e per rivalutare a quali interventi destinare i soldi, dato che le emergenze di uno o due anni fa, oggetto del contratto, potrebbero adesso non essere quelle più dirimenti.
Che il programma non sia naufragato lo confermano anche i numeri. Contro il dissesto idrogeologico il ministero ha messo a disposizione 6 miliardi di euro dal proprio bilancio, destinati ai territori in scaglioni triennali da circa un miliardo l’uno. Ai fondi accedono direttamente le Regioni, con cui l’Ambiente discute i singoli interventi. Questi 6 miliardi, fa sapere il ministero, sono coperti anche attraverso il prestito Bei, pure se in attesa di es- sere definito nei suoi dettagli. Segno che non c’è intenzione, almeno al momento, di tornare indietro. D’altra parte il prestito Bei sarebbe vantaggioso, avendo tassi di interesse vicini all’1%, ben più bassi di quelli – superiori al 3% – dei nostri titoli di Stato. I dubbi di Costa erano semmai sulla possibilità di finanziare gli interventi senza alcun mutuo: “Quale padre di famiglia, potendo avere soldi in cassa, preferisce indebitarsi?”, aveva dichiarato a La Stampa , lasciando intendere la volontà di trovare la totalità delle risorse all’interno del bilancio del ministero.
OLTRE alla questione Bei, poi, c’è il tema della chiusura di Casa Italia. Pensato con l’aiuto di Renzo Piano, doveva essere un progetto a lungo termine per la messa in sicurezza del territorio italiano. Nel rapporto finale del programma, stilato da un team guidato dal rettore del Politecnico di Milano Giovanni Azzone, si legge un resoconto allarmante: per mettere in sicurezza l’Italia – e limitandosi agli edifici in muratura portante all’interno dei comuni a rischio sismico – servirebbero 36,8 miliardi. Se poi si volesse intervenire sulle strutture in calcestruzzo armato realizzate negli stessi Comuni prima del 1971, il costo salirebbe a 46,4 miliardi, che diventerebbero 56 comprendendo gli edifici in cemento armato. Sempre secondo il report, però, un lavoro che si estenda anche i comuni non a rischio potrebbe richiedere la cifra monstre di 850,7 miliardi.
Nonostante queste premesse l’ultima manovrina del governo Gentiloni aveva previsto 3 miliardi di interventi per i prossimi 3 anni, numeri dignitosi ma non certo all’altezza delle ambizioni del piano. Tutt’altra storia, dunque, rispetto alle richieste di chi a quel piano ci aveva lavorato. Ora il ministero dell’Ambiente fa sapere di aver confermato i lavori di Casa Italia già avviati – uno stralcio da poche centinaia di milioni di euro – e di aver potuto chiudere il programma attraverso una riorganizzazione delle competenze tra i dicasteri e Palazzo Chigi.