Il Fatto Quotidiano

Di Maio a Salvini: “Prescrizio­ne bloccata o niente dl Sicurezza”

Viene “congelato” anche il vertice notturno con Conte

- DE CAROLIS E RODANO

■ Il governo annuncia la fiducia in aula a Palazzo Madama sulla legge che sta a cuore alla Lega. Ma tra i Cinque Stelle, senza un accordo politico sulla norma voluta dal Guardasigi­lli Bonafede, può saltare tutto

Afineserat­asiriparte dal via: Cinque Stelle e Lega non trovano un accordo su sicurezza e prescrizio­ne. Doveva essere il giorno della legge bandiera di Matteo Salvini. Il “Capitano” aveva già dato l’annuncio urbi et orbi: “Dopo mesi di lavoro, arriva il voto finale al Senato sul decreto Sicurezza e immigrazio­ne. Regalo a questo Paese un po’ di regole e di ordine”. Pronostico sbagliato.

Al termine dell’ennesima giornata di trattative e sospetti reciproci, la conferenza dei capigruppo rinvia il voto di fiducia a questa mattina. Il Movimento è tutt’altro che persuaso della lealtà degli alleati. Gianluigi Paragone – ex direttore della Padania, in teoria il più “leghista” tra i senatori grillini – annuncia l’ultima trincea del M5S davanti alla buvette di Palazzo Madama: “Finché la Lega non ci dà garanzie sulla prescrizio­ne, noi il decreto Sicurezza non lo facciamo passare. Sono sicuro che la notte porterà consiglio”.

QUEL CONSIGLIO che è mancato nelle ultime 24 ore. In teoria la giornata inizia con un copione già scritto. Primo: la maggioranz­a presenta un maxi-emendament­o che viene incontro ad alcune delle richieste grilline. Secondo: il governo chiede il voto di fiducia. Terzo: i capigruppo procedono alle dichiarazi­oni di voto, Salvini interviene in Aula per celebrare la sua vittoria, ed entro sera si va a dama.

Sembra semplice, non lo è affatto. I lavori parlamenta­ri diventano uno stillicidi­o, procedono rinvio dopo rinvio: gialli e verdi si stanno scornando ancora.

Il maxi-emendament­o vede la luce in tarda mattinata ma la seduta viene subito sospesa: bisogna attendere la bollinatur­a della Ragioneria dello Stato. La presidente Casellati inciampa in una gaffe abbastanza clamorosa: “Mi auguro che lo strumento della fiducia non sia uno strumento a cui si ricorre in modo eccessivo”, dice, saltando un passaggio: la fiducia, ufficialme­nte non l’ha chiesta ancora nessuno. Le opposizion­i rumoreggia­no. Casellati si giustifica: “Leggendo le agenzie, tutto il ragionamen­to è stato fatto attorno alla possibile richiesta della questione di fiducia. È chiaro che stiamo parlando di questo”. Ragionamen­to irrituale, diciamo.

Si arriva alle 16 e 30: finalmente è pronto il maxi-emendament­o “bollinato”. E finalmente il ministro grillino Riccardo Fraccaro pone la questione di fiducia sul testo a nome del governo. A quel punto però la seduta viene sospesa ancora per una nuova conferenza dei capigruppo. Tutto lascia pensare che si possa votare entro le 22.

È QUI che il Senato della Repubblica si divide in correnti calcistich­e: c’è la Champions League, alle 21 si gioca Inter-Barcellona. Il presidente dei senatori leghisti, Massimi- liano Romeo, è un nerazzurro sfegatato. Ma mette davanti al tifo la ragione di Stato (e di Salvini): “Si vota questa sera, non fa niente. Anzi porta fortuna, l’Inter gioca meglio quando non la vedo”. Poi c’è la corrente interista d’opposizion­e. La incarna Ignazio La Russa (FdI), altro tifoso viscerale: “Questi qui non hanno capito che si finisce a mezzanotte. Sarebbe indecente. Si vota domattina. E stasera ci vediamo la partita (ride)”.

Vince La Russa. E vincono soprattutt­o i Cinque Stelle: la conferenza dei capigruppo rinvia il voto.

Salvini a quel punto è quasi arrivato a Roma. Sta tornando di gran fretta dalla missione in Ghana: era convinto di poter festeggiar­e l’approvazio­ne della sua legge.

VARCA l’ingresso di Palazzo Madama pochi minuti dopo le 19 e punta dritto verso la sala stampa. Lo riceve una folla traboccant­e di giornalist­i. I Cinque Stelle hanno appena dettato le condizioni: o la Lega fa passare la norma Bonafede sulla prescrizio­ne (un emendament­o al ddl Anticorruz­ione, in commission­e alla Camera) oppure salta il tavolo; addio decreto Sicurezza (e quindi addio governo).

Tutti danno per scontato un vertice notturno con Giuseppe Conte e Luigi Di Maio per aggiustare una situazione sempre più delicata. Il Capitano fa la sua faccia da pokerista e allarga il solito sorriso sornione: “L’unico vertice che ho stasera è con rigatoni, ragù e Champions League”. Ci risiamo: ancora Inter-Barcellona. Salvini, per inciso, è pure milanista: in pratica dice che è meglio “gufare” i cugini che risolvere le grane di governo.

La pressione, pensa, è tutta sugli alleati: questa mattina c’è un voto di fiducia, i Cinque Stelle hanno alzato la posta, ma per andare fino in fondo dovrebbero prendersi la responsabi­lità di far cadere il governo...

L’ironia del Capitano “Non devo vedere nessuno, ho un solo programma: rigatoni e Champions League”

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LaPresse Di ritorno dal Ghana Matteo Salvini ieri al Senato al rientro dal Ghana. In basso, Giuseppe Conte ieri in tv
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