Il Fatto Quotidiano

“Basta frottole: se i delitti non si prescrivon­o più, i processi durano meno”

DAVIGO Perché serve la riforma

- BARBACETTO

■ L’ex pm di Mani Pulite: “Troppi procedimen­ti proprio perché ci sono troppi appelli e ricorsi in Cassazione, fatti in attesa del colpo di spugna”

La riforma della prescrizio­ne è diventata uno dei punti caldi del confronto politico, anche dentro il governo. Piercamill­o Davigo, ex pm di Mani pulite, ex presidente dell’A ssoc iazione nazionale magistrati e oggi componente del Consiglio superiore della magistratu­ra, è durissimo con quelle critiche che ritiene siano, sempliceme­nte, bufale.

Si sta dicendo che la riforma della prescrizio­ne proposta dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede finisca per ledere gravemente i diritti dei cittadini.

Il sistema di prescrizio­ne come in Italia c’è soltanto in Grecia. Bisogna farsi delle domande, prima di sostenere che vengono lesi i diritti dei cittadini. Quando in Italia hanno introdotto il nuovo codice di procedura penale, ci hanno raccontato che avremmo avuto il processo all’americana. Ebbene: negli Stati Uniti la prescrizio­ne si blocca con l’inizio del processo. Quasi tutti gli argomenti che sono usati in questi giorni non hanno alcun addentella­to con la realtà. È l’Italia l’a n om al ia : abbiamo un sistema giudiziari­o in cui un imputato con- dannato in primo grado fa appello per avere ridotta la pena, ma sperando in realtà di non scontare alcuna pena, neppure ridotta, perché tanto arriverà la prescrizio­ne.

Ma allungando i tempi di proscrizio­ne, dicono i critici, si allungherà anche la durata dei processi, che in Italia è già esagerata.

Non è vero. Intervenen­do sulla prescrizio­ne i tempi si accorciano. I processi in Italia durano tanto perché ce ne sono troppi. E una causa è che ci sono troppi appelli e ricorsi in Cassazione, fatti in attesa che arrivi la prescrizio­ne. Altra causa è che alcuni comportame­nti che ridurrebbe­ro la durata dei dibattimen­ti non sono attuati, perché per gli imputati e loro avvocati è più convenient­e puntare sulla prescrizio­ne del reato.

Ci fa qualche esempio?

Le prove acquisite in indagine preliminar­e potrebbero essere acquisite al dibattimen­to, ma ci vuole l’accordo delle parti, l’accusa e la difesa. Questo accordo non c’è mai, per- ché le difese aspettano la prescrizio­ne. Se a un poveretto rubano il libretto degli assegni e questi vengono spesi in dieci città diverse, il poveretto deve fare il giro di dieci processi in dieci città, mentre sarebbe più rapido acquisire la sua denuncia. Un altro esempio: l’articolo 525 del codice penale prevede che le sentenze siano pronunciat­e soltanto dal giudice che ha acquisito le prove. Ma nella vita reale succede che una giudice possa andare in maternità, o che un giudice sia trasferito in un’altra sede. Che succede? Se cambia la composizio­ne del collegio giudicante, il processo deve ricomincia­re da capo. E si può sperare nella prescrizio­ne. Sa che cosa succede invece negli Stati Uniti?

Che cosa succede?

Che il 90 per cento degli imputati si dichiara colpevole, se lo è, perché ha interesse a limitare i danni. Semmai le critiche da fare potrebbero essere sul momento scelto per bloccare la prescrizio­ne. Meglio il momento della richiesta del rinvio a giudizio, come propone il suo collega antimafia Nino Di Matteo, o dopo l’avvenuto rinvio a giudizio, con l’inizio del dibattimen­to, come avviene negli Stati Uniti?

Si può scegliere. Ma c’è un’altra questione che non viene affrontata.

Quale?

In Italia, se appellante è il solo imputato, non è possibile la reformatio in peius della pena: chi fa appello può avere la pena cambiata solo in meglio. Questo, per esempio in Francia, non c’è. Infatti in Francia solo il 40 per cento delle sentenze di condanna a pena da eseguire viene appellato, mentre in Italia il 100 per cento: ti conviene e non rischi nulla. Ma è così che, nella struttura piramidale della giustizia italiana, le Corti d’appello saltano.

Le cifre dicono che solo il 20 per cento dei processi si prescrive dopo la sentenza di primo grado. Dunque la riforma non interverre­bbe sull’80 per cento delle prescrizio­ni.

Il problema è che da noi la prescrizio­ne non parte da quando il pm acquisisce la notizia di reato, ma da quando il fatto è avvenuto. Così le Procure della Repubblica scoprono molti casi che sono successi magari 4 o 5 anni prima, che si prescrivon­o in 7 anni e mezzo e con solo 2 anni e mezzo per fare le indagini e celebrare tre gradi di giudizio. Impossibil­e. Sarebbe lavoro inutile, così le Procure li lasciano prescriver­e per dedicarsi a inchieste più utili. Poi c’è comunque un imbuto tra Procura e Tribunale: a Roma la Procura ha 60 mila processi pronti da mandare a giudizio, ma il Tribunale di Roma ne può accettare soltanto 12 mila l’anno. Capisce che così il sistema non funziona.

Che cosa si dovrebbe fare? Bisogna ridurre i processi...

Si deve depenalizz­are drasti- camente il sistema giudiziari­o. Ci sono troppi processi. Tutti questi processi non li possiamo fare.

Non è che i magistrati lavorano poco e anche per questo i processi in Italia sono lunghissim­i?

Le rispondo con le cifre della Commission­e europea per l’efficacia della giustizia, che è un organo del Consiglio d’Europa. Dicono che i magistrati italiani, in quanto a numero di processi trattati, lavorano il doppio di quelli francesi e il quadruplo di quelli tedeschi.

Molti che erano in passato favorevoli alla riforma della prescrizio­ne, ora che è stata proposta, sembrano aver cambiato idea. Qualcuno anche tra i suoi colleghi magistrati. Perché?

Lo chieda a loro.

Alcuni sostengono che andrebbe fatta una riforma organica, non introdotta con un emendament­o.

Lei ha visto riforme organiche in questo Paese?

I tempi sono lunghi anche perché ci sono troppi appelli e ricorsi in Cassazione, fatti solo per arrivare all’estinzione del reato

Le riforme organiche chi le ha mai viste? In realtà basterebbe­ro poche cose tipo abolire il divieto di ‘reformatio in peius’ in appello

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 ?? Fotogramma/ LaPresse ?? Magistrato Piercamill­o Davigo, oggi al Csm fece parte del pool Mani Pulite ed è stato presidente Anm
Fotogramma/ LaPresse Magistrato Piercamill­o Davigo, oggi al Csm fece parte del pool Mani Pulite ed è stato presidente Anm
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