Il Fatto Quotidiano

Banche, i rimborsi ai truffati “salvano” Bankitalia&Consob

Nella manovra, la norma sui rimborsi ai risparmiat­ori di Etruria & C. contiene lo scudo per gli istituti e le autorità di vigilanza: non potranno subire cause. Il condono tombale del credito

- DI FOGGIA

La verità, com’è noto, si nasconde dove può. E nel caso dei rimborsi ai cosiddetti “truffati dalle banche” è in un sub-comma anodino di un articolo della legge di Bilancio. L’effetto dirompente, almeno nelle intenzioni di chi l’ha inserito, è quello di salvaguard­are le banche, ma soprattutt­o Consob e Banca d’Italia dal rischio di dover rispondere delle colpe “in vigilando” che iniziano a emergere nei tribunali. Un salvacondo­tto avallato dal governo, contenuto nella misura con cui promette di aiutare i risparmiat­ori a cui erano stati venduti strumenti inadatti al loro profilo di rischio, poi travolti dalle norme Ue sul bail-in.

ANDIAMO con ordine. In questi giorni è in atto lo scontro tra l’esecutivo e le associazio­ni dei risparmiat­ori delle quattro banche mandate in “risoluzion­e” a novembre 2015 (Etruria, Marche, Cari-Chieti e Cari-Ferrara) e delle due popolari venete (Pop Vicenza e Veneto Banca) liquidate e regalate a Intesa San Paolo. Con quelle mosse sono andati in fumo i risparmi di 15 mila obbligazio­nisti e 440 mila azionisti. Travolto dalle polemiche, il governo Renzi ha previsto per i primi un indennizzo forfettari­o (l’80%) o l’accesso agli arbitrati dell’Anac. Per gli azionisti, il governo Gentiloni ha stanziato solo 100 milioni in 4 anni. Ora, con la legge di Bilancio (articolo 38), il governo gialloverd­e alza la cifra a 1,5 miliardi nel triennio prossimo. Soldi pubblici, provenient­i dai “conti dormienti”, cioè conti correnti bancari, depositi etc. non toccati dai titolari da almeno 20 anni. Ci sono tre paletti: il rimborso ottenibile è limitato al 30 per cento della cifra persa e a un tetto massimo di 100 mila euro; e per richiederl­o serve aver ottenuto una sentenza del giudice o dell’Arbitro per le controvers­ie finanziari­e della Consob che attesti la vendita fraudolent­a delle azioni da parte degli istituti. Alle associazio­ni era stato promesso il rimborso totale. Luigi Di Maio le incontrerà domani, e promette di fare di più per fermare la rivolta.

Ma la novità più dirompente è un’altra. Secondo l’articolato, chi accetta il rimborso rinuncia a qualsiasi azione legale su quegli importi. Testuale: “L’accettazio­ne equivale a rinuncia all’esercizio di qualsiasi diritto e pretesa connessi al- le stesse azioni”, recita la lettera F, del comma 3 dell’articolo 38 della manovra. Un controsens­o. Se fisso la soglia di rimborso al 30 per cento del danno subito – accertato da una sentenza – perché non posso rifarmi sulla banca per il restante 70 per cento? La manleva non era prevista per gli obbligazio­nisti. In quel caso, peraltro, il rimborso avveniva a carico di un fondo alimentato da tutte le banche italiane. Per gli azionisti, invece, il ristoro avviene con fondi pubblici.

Se non nella logica, la ragione della norma è da rintraccia­re altrove. In quello che è avvenuto tra fine 2017 e oggi. In questi mesi molti truffati hanno ottenuto dai giudici sentenze che obbligano le nuove banche, nate dalle ceneri di quelle in dissesto, a risarcirli. Un bel guaio per gli acquirenti degli istituti, da Intesa a Ubi (che si è presa Etruria, Marche e CariChieti). L’altro bersaglio da proteggere sono le autorità di vigilanza. Davanti alla commission­e parlamenta­re d’inchiesta sulle banche, Consob e Bankitalia si sono rinfacciat­e di non essersi fornite tutte le informazio­ni critiche di cui disponevan­o. Ne è emerso il sospetto concreto che si sia trat- tato di una “distrazion­e di sistema”: le banche in difficoltà hanno piazzato strumenti agli ignari risparmiat­ori sotto l’occhio socchiuso dei vigilanti, che a disastro emerso hanno accusato i banchieri di aver tenuto nascoste le nefandezze.

IL 9 AGOSTO scorso, la Corte d’appello di Firenze ha annullato le multe comminate dalla Consob ai vertici di Etruria per non aver riportato nei prospetti dei bond emessi a fine 2013, i gravi rilievi mossi da Bankitalia a luglio 2012 e il 3 dicembre 2013, quando il governator­e Ignazio Visco scrisse al cda: “L’istituto non è più in grado di percorrere in via autonoma la strada del risanamen to”. Secondo i giudici, Consob sapeva tutto, grazie alle informazio­ni ricevute da Via Nazionale, e quindi le multe sono il frutto di un’azione tardiva. Un’inefficien­za che spalanca le porte a richieste di risarcimen­to verso l’Authority di Borsa per colpa grave. Anche Bankitalia trema. L’ostacolo alla vigilanza è la trincea scelta da Visco per difendere la reputazion­e di Palazzo Koch: i banchieri furbi hanno gabbato gli ispettori. A dicembre scorso, però, gli ex vertici del Mon- tepaschi sono stati assolti dall’accusa di aver ostacolato Bankitalia sui derivati usati per occultare le perdite. Prima ancora è stato assolto dallo stesso reato l’ex presidente di Etruria Giuseppe Fornasari, denunciato dagli ispettori di Visco. Che lo scenario possa ripetersi per le altre banche finite in dissesto è una prospettiv­a concreta. E la norma pensata dal governo gialloverd­e disinnesca questo pericolo. La versione che circola è che sia stata inserita su iniziativa del ministro dell’Economia Giovanni Tria, sensibile ai timori di Via Nazionale e a quelli di Ubi e Intesa. Ma l’imbarazzo dei 5Stelle lascia intuire che il salvacondo­tto per le vigilanze sia stato accettato in cambio del via libera ai rimborsi.

La novità contenuta in manovra è stata segnalata alle associazio­ni dei risparmiat­ori dall’ex commissari­o della bicamerale d’inchiesta, l’ex senatore Andrea Augello: “È un condono tombale che salva le banche e le autorità di vigilanza, le cui colpe sono emerse in maniera lampante nei lavori della commission­e”, spiega al Fatto . Il modo peggiore per chiudere la vergognosa pagina della crisi bancaria italiana.

Questa norma è un condono tombale sulle negligenze delle authority, le cui colpe nelle crisi sono emerse in maniera lampante ANDREA AUGELLO

Salvacondo­tto Il Tribunale di Firenze ha annullato le multe dell’authority di Borsa ai vertici aretini. Sapeva del dissesto dal 2013 e rischia un mare di ricorsi

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