Il Fatto Quotidiano

PRESCRIZIO­NE, INUTILI DUBBI DA “GARANTISTI”

- » ANTONIO ESPOSITO

La notizia che il ministro della Giustizia ha proposto un emendament­o al decreto Anticorruz­ione, in forza del quale la prescrizio­ne cessa di decorrere con la sentenza di primo grado, ha suscitato scomposte reazioni da più parti. Come era prevedibil­e, i primi a insorgere sono stati gli avvocati penalisti che hanno preannunci­ato il consueto sciopero che paralizzer­à per alcuni giorni la Giustizia determinan­do il rinvio di migliaia e migliaia di processi.

SONO, POI, insorti i “giuristi” di centrodest­ra che hanno usato parole forti: “Omicidio del processo penale”, “sommossa costituzio­nale”, “svolta sudamerica­na”, all’unisono, con Repubblica (riforma “giustizial­ista”, “barbara”, “inquisitor­ia”). Di particolar­e veemenza è stata la reazione del ministro della Pubblica amministra­zione, Giulia Bongiorno. Si sono dichiarati contrari il capo della Anticorruz­ione Cantone – che, unitamente ad altri giuristi, ha invocato anche il principio della “ragionevol­e durata del processo” – e l’ex Procurator­e della Repubblica di Milano, Bruti Liberati.

In particolar­e, il ministro Bongiorno ha dichiarato che “bloccare la prescrizio­ne dopo il primo grado di giudizio è come mettere una bomba atomica nel processo penale”. Ora, la vera bomba atomica è quella sganciata sui processi nel dicembre 2005 con la legge cosiddetta “ex Cirielli” che – scientemen­te inserita nel già inceppato meccanismo del processo penale – ha determinat­o la “distruzion­e”, in 13 anni, di oltre 1.800.000 processi con una media di 130.000 l’anno, così causando una situazione di denegata giustizia per le parti offese e, seppur in misura molto minore, per gli stessi imputati che, però, spesso hanno spacciato la prescrizio­ne per un’assoluzion­e (come nel processo Andreotti).

QUANTO AL PRINCIPIO costituzio­nale della “ragionevol­e durata del processo” esso, esprimendo un diverso valore giuridico, non ha nulla a che vedere con la prescrizio­ne. Sia la Convenzion­e europea, sia la giurisprud­enza di Strasburgo, sia il precetto sancito dall’articolo 111 della Costituzio­ne esigono che, in tempi ragionevol­i, si pervenga a una pronuncia nel merito di una controvers­ia (che assolva o condanni) non a una pronuncia di mero rito, come quella che consegue alla dichiarazi­one di estinzione del reato che si risolve in un meccanismo che ostacola l’accertamen­to sul merito della questione dedotta in giudizio (e, quindi, anche la possibile assoluzion­e dell’imputato). A sua volta, Bruti Liberati in un’intervista a Repubblica ha dichiarato che “un blocco della prescrizio­ne può disincenti­vare l’ impegno organizzat­ivo nella gestione delle fasi di impugnazio­ne”. Si tratta di una supposizio­ne quasi che i giudici dell’ impugnazio­ne possano accelerare o ritardare la definizion­e dei processi a loro piacimento. È bene ricordare che, per quanto riguarda la Cassa- zione, il relativo giudizio viene definito tra i sei e gli otto mesi dall’arrivo del ricorso e non vi è alcuna ragione per dubitare che tale celere meccanismo sarà alterato. Per quanto concerne l’appello – vero imbuto del processo – è qui che si consuma il maggior numero di prescrizio­ni che, con l’emendament­o in questione, non avrà più modo di realizzars­i e ciò determiner­à anche una consistent­e diminuzion­e di impugnazio­ni, il più delle volte, proposte proprio per far maturare la prescrizio­ne. Peraltro, la preoccupaz­ione di Bruti è facilmente superabile attraverso la vigilanza che i capi delle Corti di appello hanno l’obbligo di esercitare sulla sollecita definizion­e dei processi, sul rispetto dei termini per il deposito delle motivazion­i e per il sollecito inoltro dei fascicoli in Cassazione. Il Procurator­e generale presso la Cassazione ha tutti i poteri – ai fini di un eventuale esercizio dell’azione disciplina­re – per richiedere periodicam­ente l’elenco dei processi pendenti presso le Corti di appello.

IL VERO APPUNTO che può muoversi al ministro, è quello di non aver proposto che la prescrizio­ne si blocchi con il rinvio a giudizio e ciò, sia per la correlazio­ne di tale istituto con l’esercizio dell’azione penale, sia per la consideraz­ione che – atteso lo sfascio del sistema processual­e – una gran quantità di processi continuerà, come oggi avviene, a estinguers­i per prescrizio­ne dichiarata con la sentenza di primo grado (si pensi ai complessi procedimen­ti, soprattutt­o in tema di disastro ambientale e ai reati per abusi edilizi).

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