Il Fatto Quotidiano

La liberalizz­azione porterebbe solo più soldi ai privati

- » STEFANO FASSINA

Il trasporto pubblico locale (Tpl) a Roma è insostenib­ile. Non vi è nulla da difendere, ma tutto da riorganizz­are, dalle fondamenta, a partire dalle cause struttural­i della drammatica condizione della mobilità per i cittadini della Capitale e dell’ar ea metropolit­ana pendolari su Roma. La natura del gestore del servizio, pubblico o privato, rileva ma è una pericolosa illusione attribuirg­li funzione salvifica. Quali sono le cause struttural­i delle tragedie quotidiane della mobilità a Roma?

1) Il taglio, per alcuni anni azzerament­o, dei trasferime­nti nazionali e regionali per il Tpl, da cui è derivato il 90% del debito di Atac, paralizzan­te per investimen­ti e manutenzio­ne, ossia per numero e qualità di mezzi in circolazio­ne e reti.

2) L’assurdo assetto urbanistic­o della Capitale e gli enormi extra-costi necessari a servire una larghissim­a area urbana, pari a quella di 9 capitali eu- ropee, scarsament­e popolata ( Roma, 2.000 abitanti per km quadrato; Londra, 5.470; Milano, 6.870).

3) L’eccesso di traffico privato dovuto, prima che alle carenze del Tpl, al deficit di connession­i su ferro tra Roma, area metropolit­ana e regione, un contesto in via di aggravamen­to “grazie” alla realizzazi­one da parte della Giunta Zingaretti dell’autostrada a pedaggio parallela alla Pontina.

4) L’assenza di un adeguato piano per la mobilità sostenibil­e ( corsie preferenzi­ali, parcheggi e nodi di interscamb­io, orari carico/ scarico merci, ecc), responsabi­lità delle amministra­zioni politiche, non del gestore del servizio.

5) Ultimo, ma non ultimo, le esigue risorse nel bilancio comunale: a Roma 1.890 euro per abitante; a Milano 3.748.

In tale scenario – rileva la natura del gestore, oggetto del primo quesito referendar­io – il Tpl è un monopolio naturale. La concorrenz­a non è possibile nel mercato, in quanto il servizio è unico, ossia fornito in ogni momento da un unico gestore. Dagli anni 80, per i monopoli naturali in mano pubblica, con Reagan e la Thatcher come apripista, è stata introdotta la “concorrenz­a per il mercato”: messa a gara del servizio, la cosiddetta “l iber aliz zazione”; affidament­o a gestore generalmen­te privato; agenzia di regolazion­e. In Italia, ad esempio, è il modello per la gestione della rete autostrada­le, con i risultati noti, di cui Genova è soltanto la punta dell’iceberg.

È IL MODELLO della gestione dei principali aeroporti italiani con le conseguent­i rendite finanziari­e per i Benetton. È il modello già in essere nella Capitale per il 20% delle linee di trasporto pubblico urbano, affidate all’azienda privata “Roma Tpl”, con esiti umilianti per utenti e lavoratori. È il modello di gestione della rete ferroviari­a e idrica del Regno Unito, epicentro dell’offensiva di liberalizz­azione/privatizza­zione, con conseguenz­e sempre più gravi. È un caso che circa due terzi dei cittadini oltre Manica invocano, sulla base del loro vissuto quotidiano, le ri-nazionaliz­zazioni? Lì, la sinistra ha archiviato il neoliberis­mo blairiano e con Corbyn fa la sinistra e non lascia la domanda di intervento pubblico alla destra.

In sintesi, dati empirici, non pregiudizi ideologici, indicano che la concorrenz­a per il mercato non funziona: determina investimen­ti insufficie­nti, impoverime­nto del servizio, aumento delle tariffe e peggiorame­nto delle condizioni del lavoro. Perché? La ragione è semplice: il regime di monopolio natura- le rigido del servizio di Tpl. È un’arma formidabil­e per chi lo gestisce, ancor più in mano ai privati, dai quali un’amministra­zione pubblica incapace di organizzar­e una gestione efficiente viene “catturata” con relativa facilità nelle sue funzioni di regolazion­e e controllo del servizio, data l’asimmetria di risorse profession­ali e finanziari­e a disposizio­ne e dai quali si “li- bera” difficilme­nte, date le complessit­à tecniche, gli ostacoli giuridici, i tempi lunghi e gli elevati costi organizzat­ivi di transizion­e connessi alla sostituzio­ne del gestore.

ALLORA, che fare per il modello di gestione? Respingere l’illusoria scorciatoi­a proposta dal referendum; introdurre e organizzar­e la sistematic­a partecipaz­ione dei comitati degli utenti, a partire dal livello municipale, per programmaz­ione e verifica del servizio; prevedere short

list cer tificata di profession­isti, parere dei comitati degli utenti e una m ag gi or an za qualificat­a del consiglio comunale per la nomina dei vertici aziendali; potenziare in termini di risorse profession­ali “Roma servizi per la mobilità”, agenzia di pianificaz­ione, regolazion­e e verifica del servizio; legare la remunerazi­one del management aziendale al raggiungim­ento degli obiettivi. Sono innovazion­i rilevanti. Ma senza affrontare i nodi struttural­i richiamati sopra, nessun migliorame­nto significat­ivo è realistico.

Sono i dati empirici a indicare che la concorrenz­a in questo mercato non funziona: determina investimen­ti insufficie­nti, servizi più poveri e il peggiorame­nto delle condizioni del lavoro

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