Atac, il referendum sul trasporto pubblico di Roma
omenica 11 novembre i romani sono chiamati a esprimersi con un referendum consultivo sul futuro del trasporto pubblico di Roma dichiarandosi a favore o contro la messa a gara del servizio e alla conseguente apertura alla concorrenza del mercato. I quesiti sono due, ma in sostanza i cittadini diranno come la pensano sulla modalità di gestione del Tpl (trasporto pubblico locale) essendo la municipalizzata Atac il principale gestore con affidamento diretto, tranne il 20% delle linee di superficie periferiche affidate al consorzio privato Roma Tpl. La sindaca Virginia Raggi ha già detto che terrà conto del voto “per migliorare sempre di più” le sorti di un’ azienda pubblica per la quale a luglio è stato ammesso il concordato preventivo.
I QUESITI. Il primo riguarda la possibilità di ricorrere alle gare europee per il servizio di bus, tram e metropolitane affidando a privati la gestione e aprendo il servizio a forme di concorrenza comparativa, salvaguardando i lavoratori che dovrebbero essere ricollocati nella fase di ristrutturazione del servizio. Mentre il secondo quesito chiede agli elettori di esprimersi sulla possibilità di gestire in concorrenza car sharing, car pooling e gli altri sistemi di mobilità collettiva, sostenibile e flessibile.
IL QUORUM. Il tetto è fissato al 33%, ma i Radicali sono pronti a ricorrere al Tar perché il Comune ha abolito il quorum il 31 gennaio, giorno in cui è stato convalidato il referendum. In ogni caso varrà per le prossime consultazioni.
SCHIERAMENTI. Ad aver richiesto il referendum sono i Radicali italiani. Il Pd si è schierato per il Sì dopo una consultazione tra gli iscritti, così come Forza Italia. Il M5S è da sempre per il No, come Lega, FdI, la sinistra fuori dal Pd e Cgil, Cisl e Uil.
IL FRONTE DEL SÌ. A sostenerlo è il comitato promotore Mobilitiamo Roma. “Dopo anni di inefficienze, sprechi e logiche clientelari – spiegano – votando sì potremo porre fine al monopolio di Atac e mettere a gara il servizio sotto il diretto con-
trollo del Comune. Per Atac, fallita nei fatti se non fosse stato accettato il concordato, qualsiasi altra proposta sarebbe irrealizzabile e condurrebbe alla svendita del servizio a un solo privato”. Le sorti dell’azienda municipalizzata, sostengono, passerebbero quindi esclusivamente per la privatizzazione che consentirebbe di portare più efficienza nell’erogazione del servizio del trasporto pubblico. E a dimostrazione che il Comune non sarebbe in grado di gestire la partita, sottolineano i sostenitori del sì, c’è la proroga fino al 2021 del contratto Atac, in scadenza nel 2019.
IL FRONTE DEL NO. “Il privato ce l’abbiamo già a Roma con il Tpl, a cui siamo stati obbligati per legge a lasciare il 20% del servizio e funziona malissimo”, spiega la sindaca Raggi. Il riferimento è all’azienda privata che dal 2010 dovrebbe supplire al lavoro di Atac, ma che rappresenta un servizio ancora peggiore di quello fornito dalla municipalizzata: i lavoratori spesso non percepiscono stipendio per mesi e le linee periferiche che gestisce offrono un servizio pessimo per i romani. Anche a Londra, sottolineano i sindacati, “nel settore metro- ferroviario hanno fatto un passo indietro perché il servizio non era adeguato”. Altro timore dei sindacati: “I privati hanno interesse a fare profitti e non a fornire un servizio adeguato”. Inoltre, la giunta M5S può vantare i dati positivi del bilancio del primo semestre 2018: l’Atac ha registrato un risultato netto di 5,2 milioni di euro, con ricavi in progressivo aumento, le vendite dei biglietti sono in forte crescita e sono partite nuove gare per la manutenzione dei mezzi. “Questa è l’immagine di un’azienda sana. Grazie anche all’arrivo dei nuovi bus che abbiamo acquistato si riduranno i tempi di attesa alle fermate”, ha promesso la Raggi.
Qual è la partita in gioco? Lo abbiamo chiesto a due pareri ai sostenitori dei due fronti.
IL CONCORDATO Da luglio i creditori non possono presentare ingiunzioni di pagamento e l’azienda ha più tempo per ristrutturarsi