Il servizio va messo a gara per garantire efficienza e risparmi
In Italia si fa spesso confusione tra due concetti molto differenti: privatizzazione e liberalizzazione. Il primo è un processo tramite il quale delle aziende passano dal controllo di fatto dello Stato al controllo di un privato, mentre il secondo vede l’apertura di un mercato da una situazione monopolistica con un solo operatore a una competizione. Di esempi di liberalizzazione ne abbiamo diversi in Italia, dal trasporto aereo, dove diverse compagnie combattono per un mercato aereo che è triplicato dal momento della competizione a quello delle telecomunicazioni, dove lo scontro tra le offerte ha portato benefici a tutti i consumatori.
UN ALTRO CASO di liberalizzazione vincente è sicuramente quello del trasporto ferroviario alta velocità che ha portato nel corso degli ultimi sei anni a una diminuzione dei prezzi del 40 per cento e a una crescita del mercato di quasi il 90 per cento. La liberalizzazione porta a più libertà di scelta e prezzi inferiori. Nel caso di altri servizi il processo di apertura del mercato funzio- na un po’ diversamente, poiché gli enti pubblici assegnano dei contributi per determinati servizi. La competizione non potrà dunque essere uguale a quella dei settori appena presentati, ma ci dovrà essere una competizione per l’assegnazione del servizio. Questa è la competizione per il mercato.
Nel settore del trasporto ferroviario regionale e del trasporto pubblico locale, l’Italia vede invece ancora dei monopolisti. In molte Regioni Trenitalia o qualche azienda regionale con partecipazione del colosso dello Stato (vedi Trenord) gestisce il trasporto pendolari senza che ci sia stata una gara. Lo stesso succede nel trasporto pubblico locale, come a Roma, dove la società del Comune di Roma, Atac, gestisce il trasporto pubblico locale, senza che si sia mai fatta una gara per l’assegnazione dei servizi e dei contributi pubblici. Atac è una società che è costata 7 miliardi di euro negli ultimi nove anni al contribuente italiano e con dei costi in aumento nell’ultimo biennio di circa il 10 per cento (i costi per vettura chilometro al netto di svalutazioni e ammortamenti). Tali costi non sono coperti dal prezzo del biglietto e abbonamenti, che in realtà nel caso di Atac coprono circa il 25 per cento dei costi totali. Gran parte dei soldi arrivano dunque dai contribuenti tramite dei sussidi che ammontano a circa 700 milioni di euro l’anno.
Come fare per rendere il servizio efficiente? È giusto infatti ricordare che nel 2017 Atac è risultata inadempiente verso Roma Capitale dato che non ha fornito i servizi richiesti dal contratto di servizio. Il modo migliore è quello di copiare da esempi stranieri e introdurre il concetto di liberalizzazione.
SAREBBE DUNQUE im po rtante fare delle gare trasparenti affinché i soldi spesi del contribuente italiano possano essere efficientati, anche con una qualità dei servizi maggiori. I costi a Roma sono infatti circa il 40 per cento superiore a Milano e quasi 3 volte tanto i migliori casi europei, dove si è aperto il mercato (le grandi aree urbane esclusa Londra ad esempio). Fare delle gare significa fare una liberalizzazione e ridurre gli sprechi. In teoria, con dei costi da
best practice, a Roma tutti gli utenti Atac potrebbero viaggiare gratis e al contempo si potrebbero ridurre i contributi di circa 250 milioni di euro.
Il concetto di liberalizzazione non incide infatti sul prezzo del biglietto, che rimane deciso dalla scelta pubblica del Comune. La liberalizzazione incide invece sugli sprechi che possono essere ridotti attraverso una maggiore efficienza.
È per tale ragione che la liberalizzazione non deve fare paura, perché anche aziende pubbliche potranno continuare a gestire il trasporto pubblico a Roma, ma questo dovrà essere assegnato tramite gara in modo che sia efficiente e non ci siano casi di spreco di risorse pubbliche.
La gara trasparente è quello che prevede il referendum dell’11 novembre proprio a Roma, che non prevede invece nessun processo di privatizzazione.
Risparmiare non deve fare paura alla politica, che ha l’occasione a Roma, tramite questo referendum consultivo, di mettere al centro il cittadino romano sia come utente che come contribuente.
L’apertura al mercato non va temuta: incide sugli sprechi che possono essere ridotti attraverso una maggiore trasparenza. Così come hanno dimostrato gli altri casi nell’Ue