Lei: “Niente falsi, il codice 5S non mi obbligava a lasciare”
La sindaca in aula Dichiarazioni spontanee: “Essere indagati in sé non comportava le dimissioni”
Dopo la requisitoria dei pm, oggi toccherà alla difesa: i legali di Virginia Raggi, gli avvocati Alessandro Mancori, Emiliano Fasulo e Pierfrancesco Bruno, dovranno dimostrare che la sindaca di Roma ha dichiarato la verità sul ruolo svolto da Raffaele Marra durante l’int erpe llo per la nomina del fratello del dirigente a capo del Dipartimento Turismo. Da mesi ribadiscono che Marra eseguiva soltanto gli ordini, da capo del Personale doveva firmare lui quella nomina. Ma la decisione era stata presa dalla sindaca, consigliata dagli assessori. E seppure vi erano trame interne al Campidoglio, lei non ne era a conoscenza. Nel corso delle diverse udienze, i legali hanno cercato di dimostrare ciò, spiegando ogni singola chat e convocato i diversi assessori.
Ma ieri nel processo è stata introdotta una novità. L’accusa ha chiesto infatti di acquisire il codice etico del M5S vigente in quel momento per dimostrare che con quel falso la Raggi aveva una necessità: tutelare se stessa da un’eventuale indagine e quindi dal rischio di espulsione.
UN’ INTERPRETAZIONE respinta dalla stessa sindaca già ieri: “Negli atti normativi del Movimento nella prassi applicativa l’espulsione non è mai stata applicata, né a Nogarin né a Pizzarotti, che anche se indagati, non furono espulsi. Pizzarotti fu sospeso perché omise di comunicare che era indagato ”. L’ espulsione, ha spiegato, arrivava ma solo quando non si comunicava l’esistenza di un’indagine. La Raggi ieri è intervenuta in aula anche dopo la testimonianza di Carla Raineri, suo ex capo di gabinetto. La Raineri ha parlato del ruolo di Marra (“Erano stati coniati vari epiteti per Marra, ‘eminenza grigia’, ‘Richelieu’, sottolineando la debolezza della sindaca come quella della zarina ai tempi di Rasputin”) per poi rispondere alle domande sul periodo passato in Campidoglio. “Io percepivo una situazione che ritenevo intollerabile, perché non volevo un vice come Marra e due giorni dopo averlo detto mi ritrovo con il quesito”. Ossia la richiesta fatta dal Comune all’Anac sulla regolarità dell’articolo del Tuel (testo unico per gli enti locali) applicato alla sua nomina. L’Anac spiega che l’art. 110 era inadatto, ma doveva essere applicato l’art. 90 del Tuel che prevedeva anche una retribuzione inferiore (decisione non condivisa da una sentenza della Corte dei conti emessa successivamente).
“Non me ne sono andata per lo stipendio”, ha detto ieri la Raineri, che poi ha anche depositato un esposto in Procura. “L’ho depositato al solo fine di fugare alcun dubbio per evitare coni d’ombra alla luce delle mie dimissioni. Non mi sono mai posta il problema di avere un riscontro penale alla vicenda”.
RIBATTE LA RAGGI che ieri in aula ha definito la “deposizione della Raineri a tratti surreale” e parla di “parole simili a gossip”.“Alla fine di agosto del 2016 – ha detto la sindaca – arrivò il parere dell’Anac e Raineri mi disse: ‘Io non sono venuta da Milano per prendere 130 mila euro’”. Ma la Raineri è stata solo sentita come testi- mone, il suo trascorso in Campidoglio non ha nulla a che vedere con il processo.
La Raggi infatti deve difendersi dall’accusa di falso. Già quando è stata sentita lo scorso 26 ottobre la Raggi ha spiegato: “Marra non aveva alcun potere discrezionale perché la scelta era mia. Si limitava a eseguire una mia direttiva ”. Fu quindi “l’assessore Adriano Meloni” a prendersi “la paternità della scelta di Renato Marra”. Per l’accusa però fu lo stesso Raffaele Marra a suggerire la nomina del fratello. E a prova di ciò, punta su una riunione e su una email inviata per conoscenza anche alla sindaca, in cui Meloni lo ringrazia per il suggerimento. La sindaca ha già spiegato: “Della riunione sono venuta a conoscenza solo a febbraio 2017”.
Sulla email dice che le fu inviata, solo per conoscenza e sull’indirizzo di posta“istituzionale ”,“dove ogni giorno arrivano almeno 500 messaggi ”. Dell’aumento di stipendio di Renato Marra, venne a sapere dai giornali: “Mi arrabbiai con Meloni e Marra perché non è possibile che non me l’avessero detto”. Chissà se convincerà il Tribunale.
Botta e risposta L’imputata ribatte all’ex capo di gabinetto Raineri e sulla prassi interna del Movimento