Il Fatto Quotidiano

Renzi, la “festa” la paga il Senato (e Minniti non va)

Riunione di corrente L’ex segretario con i suoi a Salsomaggi­ore a spese del gruppo parlamenta­re. Il potenziale candidato nemmeno si presenta Verso il congresso Lotti col pallottoli­ere: vuole fare lui le liste in sostegno dell’ex ministro dell’Interno

- » WANDA MARRA © RIPRODUZIO­NE RISERVATA inviata a Salsomaggi­ore Terme (Pr)

“Marco Minniti? No, non verrà”. Pausa, riflession­e. “Ci ho parlato prima”. Le foglie sugli alberi di Salsomaggi­ore sono secche, gli edifici in stile liberty evocano un mondo che non c’è più, la luce è grigia, l’atmosfera decadente. L’arrivo di Matteo Renzi al Teatro Nuovo, dove si riunisce (a porte chiuse) la sua corrente (che lui si rifiuta ostinatame­nte di chiamare così) è vagamente surreale. Si aspettava un candidato da sponsorizz­are (e soprattutt­o da condiziona­re) per il congresso e invece non c’è. Sparito no, ma presente neanche.

QUELLO CHE invece appare e poi, improvvisa­mente scompare, è un roll all’entrata (nome tecnico per definire il manifesto): “Italia 2030”, il titolo dell’iniziativa. Sotto la data. Sopra, il logo “Senatori Pd”. Che è successo? “Ce l’hanno fatto togliere”, dicono gli organizzat­ori locali confusi. L’ordine arriva dai piani alti. Il logo, infatti, è più che scivoloso. Prima di tutto, perché attribuisc­e l’iniziativa al gruppo dei senatori del Pd, mentre si tratta di una riunione di corrente. Ma soprattutt­o perché si usa per indicare che un evento è pagato con i soldi del gruppo. “Il gruppo del Senato ha destinato 2000 euro l’anno a ognuno dei 52 senatori Pd per finanziare le proprie iniziative politiche. E alcuni hanno deciso di usarli per questa”, dice Stefano Collina, tesoriere del gruppo, renziano, presente a Salsomaggi­ore. Quanti? E quanto è costata? “Non lo so, non me lo ricordo”. E spiega: “Sì, sono una parte dei soldi che arrivano ai gruppi”. Una specie di fondo, insomma, costituito con i contributi del finanziame­nto dei gruppi parlamenta­ri, il cui “f r a z i o n amento” sarebbe stato deciso dall’Ufficio di presidenza dem di Palazzo Madama. Per usare questi soldi, i senatori devono fare richiesta di autorizzaz­ione al tesoriere. Lecito utilizzare questi fondi per una due giorni come questa? “Le spese dei Gruppi sono finalizzat­e esclusivam­ente agli scopi istituzion­ali”, si legge nel “Regolament­o di contabilit­à dei gruppi del Senato”, che rimanda all’articolo 16, comma 2, del Regolament­o di palazzo MAdama: i contributi “sono destinati esclusivam­ente agli scopi istituzion­ali riferiti all'attività parlamenta­re e alle attività politiche ad essa connesse, alle funzioni di studio, editoria e comunicazi­one ad esse ricollegab­ili, nonché alle spese per il funzioname­nto dei loro or- gani e delle loro strutture”. Che l’iniziativa di Salsomaggi­ore ci rientri è tutto da dimostrare. Lo stesso Regolament­o prevede che ci sarà una società di revisione che dovrà valutare le spese. A quel punto, si vedrà. I vertici dem sminuiscon­o: “Si trattava solo di tre rolls con una scritta sbagliata, un errore dello stampatore”. E ancora: “Quel fondo c’era già nella scorsa legislatur­a”.

Anche questa storia racconta sia il caos in cui versa il Pd, sia il fatto che Renzi continua a utilizzare il Senato come una sorta di bunker dal quale cercare di condiziona­re il presente e il futuro dem.

“Non parliamo del congresso. Ascolto”, ha chiarito ieri l’ex segretario. Un candidato suo non ce l’ha. Minniti - ammesso che alla fine decida di correre - è considerat­o il male minore. Ieri a Salsomaggi­ore c’erano circa 100 parlamenta­ri (tra i quali più o meno la metà dei 52 senatori dem) e amm i n i s tr a t o r i locali. Circa 300: ma l’iniziativa era ad inviti. Manca Paolo Gentiloni, che non è stato invitato. Assente ieri pure Maria Elena Boschi, attesa in serata. Non si presenta neanche Graziano Delrio, su posizioni defilate rispetto a Renzi, impegnato nel tentativo di convincere Maurizio Martina a correre e a fare un ticket con Matteo Richetti (non c’è neanche lui). Tra lo zoccolo duro, presenti invece Ettore Rosato, Lorenzo Guerini, Andrea Marcucci e soprattutt­o Luca Lotti. Impegnatis­simo a fare i conti dei pacchetti di tessere potenzialm­ente presenti. Perché poi, l’ex se- gretario ha un piano: far fare le liste dell’Assemblea in sostegno a Minniti allo stesso Lotti. “È sì al 51%”, ha detto l’ex ministro dell’Interno ieri a Ne

mo. Tentenname­nti giustifica­ti date le condizioni.

TRA GLI INTERVENTI­in teatro, molte perplessit­à sull’opportunit­à di fare il congresso subito. E Roberto Giachetti tira fuori il non detto: “Se si torna a 6 anni fa, questo partito non mi interessa. Prima o poi il tema se stare dentro o fuori dal Pd si deve porre”. Dubbi. Minniti non convince, l’alternativ­a non esiste. Il Pd non piace più, uscire è troppo rischioso. Venerdì a Firenze Renzi presenterà il libro di Minniti, con lui. Il giorno dopo c’è l’Assemblea. L’ex segretario vuole portare l’ex Ministro (con liste sue) e poi, visto che né lui né Zingaretti avranno il 50% ai gazebo, usare Martina per incoronarl­o in Assemblea. Da Salsomaggi­ore, la domanda sorge spontanea: sarebbe Matteo o Marco la vera Miss Italia?

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