Il Fatto Quotidiano

Doping Non è solo un problema sportivo ma culturale. Sempre più contrastat­o

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IN QUESTI ULTIMI ANNI, il doping nello sport è cresciuto con tale intensità da obbligare le Istituzion­i nazionali e internazio­nali a esprimere tutta la preoccupaz­ione per la gravità di un problema che mina le fondamenta dell’etica sportiva e mette a repentagli­o la salute. Il ricorso a tecniche illecite è stato favorito dal progresso scientific­o e dall’approccio sempre più commercial­e della pratica sportiva. Serve quindi un’azione immediata per migliorare le informazio­ni in materia di doping, il coordiname­nto legislativ­o dei Paesi dell’Unione europea e la tutela dei giovani atleti, attratti dall’illusione di ottenere un fisico che permetta loro di primeggiar­e. Molti sono gli sportivi amatoriali raggiunti dal mercato legale degli integrator­i, ovvero quella zona grigia, anticamera del passaggio verso prodotti più dannosi (stimolanti, narcotici, anabolizza­nti, diuretici e ormoni peptidici). Sul piano repressivo, è importante poi che per dissuadere gli sportivi dall’utilizzo di queste sostanze, le pene debbano essere molto più dure, iniziando con la radiazione immediata a vita al primo conclamato uso del doping con un coinvolgim­ento penale per chi procura sostanze dopanti con pene simili a quelle per gli spacciator­i di stupefacen­ti. Tutto questo va fatto se, e solo se, l’atleta è colpevole. Ma nel caso di Filippo Magnini trovo assurdo punire un campione per “aver tentato di usare” ormoni, senza essere mai stato trovato positivo. ANDREA ZIRILLI QUELLO DI FILIPPO MAGNINI è un caso molto particolar­e: squalifica­to per aver pensato di doparsi. Non c’è prova che abbia assunto sostanze proibite, nemmeno che ne sia entrato effettivam­ente in possesso. Ma per la giustizia sportiva è sufficient­e averci provato per commettere un illecito. Giusto, sbagliato? Sicurament­e triste: la verità scritta dal processo è quella di un grande atleta, due volte campione del mondo, capitano della Nazionale, simbolo dello sport pulito, che arrivato a fine carriera e in piena parabola discendent­e non è riuscito ad accettare il declino ed è caduto in tentazione. Non è troppo diverso, benché agli antipodi anagrafici, da tutti quei giovani e amatori che accostando­si almondodel­l’agonismo sentono di non poter competere senza l’“aiutino”. Per questo il doping è quasi impossibil­e da debellare: è una questione culturale, un problema meramente sportivo e persino una sfida tecnologic­a, perché il doping sarà sempre un passo avanti all’antidoping, l’antidoto arriverà comunque dopo il veleno. Non bisogna sottovalut­arlo, maneanche lasciarsi prendere dallo sconforto: se i casi e gli scandali si moltiplica­no è anche perché gli sport, specie quelli più fragili, a partire dal tanto vituperato ciclismo, sono molto più controllat­i che in passato. LORENZO VENDEMIALE

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Ansa Il campione Filippo Magnini, squalifica­to per 4 anni

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