Il Fatto Quotidiano

HAFTAR E GLI ALTRI: COSA VOGLIONO I LIBICI

In cantiere una seconda iniziativa con la società civile per non farla sentire abbandonat­a

- » MARIO GIRO*

Il percorso verso la conferenza sulla Libia di Palermo avanza lentamente schivando mille ostacoli. Per avere la presenza di tutti i Paesi coinvolti (oltre 20), è stato necessario dar fondo a tutte le abilità diplomatic­he. Questa parte è passata sotto silenzio sui nostri media nazionali, occupati a raccontare la vicenda degli inviti libici, ma non è meno importante. Attorno al tavolo ci saranno Stati che sulla Libia hanno posizioni opposte, siederanno uno accanto all’altro Paesi avversari su dossier come Egitto, Turchia, Qatar e Arabia Saudita ecc. Tutto ciò non era scontato.

Il lavoro di queste settimane – con numerose missioni del ministro degli Esteri Moavero e del viceminist­ro Del Re – è servito a ottenere la presenza di tutti, in modo da potersi rivolgere ai rappresent­anti libici con una forza politica maggiore. Ora tocca vedere a quale livello gli Stati saranno rappresent­ati, segno della qualità del loro coinvolgim­ento. La Farnesina punta sui ministri degli Esteri ma la presenza già confermata di Al Sisi e Medvedev lascia sperare presenze di grado più alto.

C’è poi la parte libica della conferenza: assisterem­o fino all’ultimo secondo al balletto sul “viene-non viene”, da parte non solo di Haftar (sul quale premono i russi perché ci sia) ma anche di altri protagonis­ti della frammentaz­ione libica (meno conosciuti ma importanti). Ogni fazione sta negoziando la sua partecipaz­ione. Ad esempio c’è il problema della rappresent­anza di Misurata, cuore del potere militare della rivoluzion­e. Ci si domanda chi sarà presente per le tribù del Sud, che aspi- rano ad avere un proprio profilo politico. Avremo la presenza qualificat­a delle due assemblee legislativ­e attuali, scadute ma ancora in vigore. Le recenti proteste di sedicenti partiti “esclusi” dall’invito dimostrano che esserci è considerat­o importante.

Tripoli e Bengasi cercano di mantenere il controllo dicendo la loro sulle liste preparate. Va evitato il rischio di e- sclusioni incrociate. A nessuno può essere concesso un diritto di veto ma occorre considerar­e le varie sensibilit­à. Il premier Conte punta molto sulla conferenza per rimettere in moto il processo di unificazio­ne dello Stato libico; rafforzare la leadership italiana. Dall’Europa non sono venute in questi anni grandi iniziative di politica estera sulle aree di crisi.

La conferenza di Palermo rappresent­a quindi un atto di responsabi­lità politica italiana in un momento in cui in Europa si bada ad altro. Ciò è molto apprezzato dagli Usa e dalla Russia. Il presidente del Consiglio ha voluto che, oltre alla conferenza politica, si svolgesse anche una riunione della società civile libica. Un modo per segnalare l’attenzione italiana a tutti i libici e alle loro sofferenze. Tale appuntamen­to si svolgerà circa una settimana dopo quello politico e la sua preparazio­ne è stata affidata al viceminist­ro Emanuela Del Re, con la collaboraz­ione della Comunità di Sant’Egidio e dell’Università di Palermo. In preparazio­ne di tale secondo appuntamen­to, si è svolta a Ghat un’assemblea di rappresent­anti del Sud che ha preparato una lista di “doléances” della parte più abbandonat­a del Paese. Si sta pensando a una simile operazione sulla questione delle donne.

Tali iniziative autonome della società libica, sostenute dal governo italiano, hanno provocato qualche nervosismo tra le fazioni politiche, abituate a sorvegliar­e tutto nei rispettivi territori. Dalla Libia si sono fatte correre false voci di “complotti stranieri, tuttavia la direzione italiana rimane ferma.

* già viceminist­ro degli Esteri,

Comunità di Sant’Egidio

C’è ancora il problema di chi rappresent­erà Misurata, cuore del potere militare della rivoluzion­e

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Ansa Guerra su TripoliI raid della Nato del luglio del 2011 sulla capitale libica

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