HAFTAR E GLI ALTRI: COSA VOGLIONO I LIBICI
In cantiere una seconda iniziativa con la società civile per non farla sentire abbandonata
Il percorso verso la conferenza sulla Libia di Palermo avanza lentamente schivando mille ostacoli. Per avere la presenza di tutti i Paesi coinvolti (oltre 20), è stato necessario dar fondo a tutte le abilità diplomatiche. Questa parte è passata sotto silenzio sui nostri media nazionali, occupati a raccontare la vicenda degli inviti libici, ma non è meno importante. Attorno al tavolo ci saranno Stati che sulla Libia hanno posizioni opposte, siederanno uno accanto all’altro Paesi avversari su dossier come Egitto, Turchia, Qatar e Arabia Saudita ecc. Tutto ciò non era scontato.
Il lavoro di queste settimane – con numerose missioni del ministro degli Esteri Moavero e del viceministro Del Re – è servito a ottenere la presenza di tutti, in modo da potersi rivolgere ai rappresentanti libici con una forza politica maggiore. Ora tocca vedere a quale livello gli Stati saranno rappresentati, segno della qualità del loro coinvolgimento. La Farnesina punta sui ministri degli Esteri ma la presenza già confermata di Al Sisi e Medvedev lascia sperare presenze di grado più alto.
C’è poi la parte libica della conferenza: assisteremo fino all’ultimo secondo al balletto sul “viene-non viene”, da parte non solo di Haftar (sul quale premono i russi perché ci sia) ma anche di altri protagonisti della frammentazione libica (meno conosciuti ma importanti). Ogni fazione sta negoziando la sua partecipazione. Ad esempio c’è il problema della rappresentanza di Misurata, cuore del potere militare della rivoluzione. Ci si domanda chi sarà presente per le tribù del Sud, che aspi- rano ad avere un proprio profilo politico. Avremo la presenza qualificata delle due assemblee legislative attuali, scadute ma ancora in vigore. Le recenti proteste di sedicenti partiti “esclusi” dall’invito dimostrano che esserci è considerato importante.
Tripoli e Bengasi cercano di mantenere il controllo dicendo la loro sulle liste preparate. Va evitato il rischio di e- sclusioni incrociate. A nessuno può essere concesso un diritto di veto ma occorre considerare le varie sensibilità. Il premier Conte punta molto sulla conferenza per rimettere in moto il processo di unificazione dello Stato libico; rafforzare la leadership italiana. Dall’Europa non sono venute in questi anni grandi iniziative di politica estera sulle aree di crisi.
La conferenza di Palermo rappresenta quindi un atto di responsabilità politica italiana in un momento in cui in Europa si bada ad altro. Ciò è molto apprezzato dagli Usa e dalla Russia. Il presidente del Consiglio ha voluto che, oltre alla conferenza politica, si svolgesse anche una riunione della società civile libica. Un modo per segnalare l’attenzione italiana a tutti i libici e alle loro sofferenze. Tale appuntamento si svolgerà circa una settimana dopo quello politico e la sua preparazione è stata affidata al viceministro Emanuela Del Re, con la collaborazione della Comunità di Sant’Egidio e dell’Università di Palermo. In preparazione di tale secondo appuntamento, si è svolta a Ghat un’assemblea di rappresentanti del Sud che ha preparato una lista di “doléances” della parte più abbandonata del Paese. Si sta pensando a una simile operazione sulla questione delle donne.
Tali iniziative autonome della società libica, sostenute dal governo italiano, hanno provocato qualche nervosismo tra le fazioni politiche, abituate a sorvegliare tutto nei rispettivi territori. Dalla Libia si sono fatte correre false voci di “complotti stranieri, tuttavia la direzione italiana rimane ferma.
* già viceministro degli Esteri,
Comunità di Sant’Egidio
C’è ancora il problema di chi rappresenterà Misurata, cuore del potere militare della rivoluzione