Non solo Russiagate, Trump inguaiato dalla pornostar
Il Wall Street Journal: violate norme su finanziamenti in campagna elettorale, prove sui pagamenti a Stormy Daniels e a un’ex “coniglietta”
Iguai giudiziari del magnate- presidente non sono solo il Russiagate. Gli inquirenti avrebbero le prove – scrive il Wall Street Journal– che Trump sarebbe stato coinvolto nei pagamenti in nero alla pornostar Stormy Dan ie l s e all’ex coniglietta di Playboy, Karen McDougal, perché tenessero la bocca chiusa sulle sue ‘scappatelle’. L’azione potrebbe configurare una violazione delle norme federali sul finanziamento della campagna elettorale. C’è da ricordare che la vicenda di Stormy Daniels era stata gestita dall’avvocato di Trump, Michael Cohen, poi diventato un collaboratore della Procura; in agosto Cohen aveva ammesso i pagamenti.
Capitolo Russiagate. In queste ore, il procuratore Robert Mueller sfoglia l’album delle figurine delle spie russe d’ogni genere, emissari del Cremlino, ma anche doppiogiochisti e millantatori, che ha riempito in oltre un anno d’inchiesta per provare l’intreccio di contatti con Mosca che la campagna di Trump ebbe nel 2016, prima e subito dopo le elezioni presidenziali.
L’ATTENZIONE, ora, sarebbe puntata – scrive il Guardian – su Konstantin Kilimnik, 48 anni, un russo che avrebbe avuto legami con l’intelligence moscovita e con i servizi segreti miliari e che poteva disporre del jet privato d’un oligarca vicino a Vladimir Putin. Kilim- nik era socio in affari di quel Paul Manafort capo della campagna di Trump fino a metà 2016 e già indagato e condannato: faceva il lobbista per potenze straniere – l’Ucraina filo-russa del presidente Yanukovich - contravvenendo alle regole Usa.
Manafort adesso collabora all’inchiesta di Mueller e ha fornito informazioni utili a incriminare l’ex partner per ave- re minacciato un testimone e per avere illegalmente foraggiato con 50 mila dollari d’un ricco ucraino il fondo per le cerimonie d’insediamento alla presidenza di Trump. Kilimnik avrebbe pure avuto le mani in pasta nel tentativo di Manafort di sfruttare la sua vicinanza a Trump per regolare un debito multi-milionario con l’ex cliente Oleg Deripaska, un oligarca amico di Putin.
Kilimnik è solo l’ultimo russo in ordine di tempo a comparire nel Russiagate, in cui si sono già trovati impigliati a vario titolo l’ex ambasciatore russo a Washington Sergey Kis lyak , protagonista nel 2016 d’incontri ravvicinati con la cerchia del candidato Trump; l’avvocatessa Natalia Veselnitskayache fu ricevuta da Donald jr e vari altri alla Trump Tower, promettendo informazioni compromettenti su Hillary Clinton; la siberiana Mariia Butina, giovane, rossa di capelli, capace d’infiltrare la Nra (National Rifle Association, la lobby delle armi), di avvicinare governatori e lo stesso Trump; e ancora Alexander Torshin, vice-governatore della Banca centrale russa, che incontrò Donald Jr a una cena alla convention della Nra del 2016; da aprile, il banchiere è oggetto di sanzioni.
RESTA DA VEDERE se questo guazzabuglio d’incontri e personaggi, consentirà al procuratore Mueller di formulare capi d’accusa solidi per compromettere il presidente ed esporlo all’impeachment’. E’una corsa contro il tempo, perché Trump e il suo nuovo ministro della Giustizia pro tempore, Matthew Whitaker, lavorano per affossare il Russiagate.
In difesa di Mueller e della sua inchiesta, centinaia di americani sono scesi nelle strade, l’altra notte, a New York e in diverse altre città, per chiedere che le indagini sul Russiagate siano tutelate. Silurando il segretario alla Giustizia Jeff Sessions e sostituendolo con un ‘falco’, Trump rende possibile un ‘blitz’ contro il procuratore: Whitaker non intende affatto tenersi fuori dal Russiagate, che, anzi, ha più volte criticato negli ultimi mesi.
La pista russa
Il procuratore punta sullo staff di Manafort: c’era anche Kilimnik, ex ufficiale dei Servizi