PRESCRIZIONE, IL GOVERNO “CAMPA CAVALLO”
“S’È PRESCRITTAla prescrizione”. “SE NE VEDRANNO gli effetti solo tra molti anni, da qui all’eternità, quando io sarò morto”. PIER CAMILLO DAVIGO ANCHE ILCAMBIAMENTO può subire i necessari slittamenti temporali. Come la rivoluzione, rinviata a data da destinarsi causa maltempo nel celebre aforisma di Flaiano. Forse nel rimando può esserci del metodo. Prendere tempo può anche schiarire le idee. Per esempio, il vicepremier Luigi Di Maio che, a settembre, nell’annunciare l’imminente abolizione della povertà sembrava librarsi dal famoso balcone, a novembre sembra ritornato sulla terra. Dice che il vasto programma, di cui peraltro si sono poste soltanto “le basi”, ci sarà se tutto va bene “nel 2019”( senza però specificare se a gennaio o a dicembre). Qualcosa il governo dell’iperbole – dove tutto è “storico”, “straordinario”, “epocale” (la riforma del processo penale, secondo l’elettrizzato ministro Bonafede) – ha portato a casa: il decreto dignità e l’abolizione dei vitalizi parlamentari. Non è poco, il resto si vedrà. Vale per il reddito di cittadinanza (in attesa dei centri per l’impiego che non ci sono). Per le modifiche (non più l’abolizione) della legge Fornero, tutta in comode rate. Per la flat tax (scomparsa dai radar). Per carità, non c’è governo che non viva di storici annunci, cambiamenti epocali e “rivoluzioni copernicane” (ai tempi del governo Renzi si metteva su tutto), ma quello pentaleghista ha una ragione di più: il prima e il dopo elezioni europee dell’anno prossimo. In vista delle quali si dovrà, innanzitutto, nutrire con qualche libbra di succulenta propaganda la campagna elettorale (anche se la maggior parte degli italiani che hanno votato Lega e 5stelle restano loro grati per il solo fatto che non ci sono più “quelli di prima”). Per poi prendere atto dei risultati. Che potrebbero far nascere, per il governo dell’Ue, un’inedita alleanza tra Popolari europei e fronte sovranista, nel caso non fossero possibili altre maggioranze. L’elezione, al congresso del Ppe, del bavarese Manfred Weber, quale candidato per la guida della prossima Commissione, sembra ritagliata su misura per un compromesso ad hoc. Se poi provassimo a proiettare questa ipotesi in chiave italiana vedremmo che corrisponde al profilo del centrodestra. Con Forza Italia, membro del Ppe, e la Lega alleata del Front National e di Orbán. A quel punto Salvini potrebbe prendere in considerazione la possibilità di tornare a casa: cioè nella medesima coalizione con cui lo scorso 4 marzo si presentò come candidato premier. Mentre il M5S potrebbe rivolgersi all’altro forno, quello di un Pd liberato dal giogo renziano. Meglio non correre troppo. Si può comprendere però per quale motivo i gialloverdi abbiano tutto l’interesse a dimostrare l’attuazione del contratto, con tutti gli slittamenti possibili, attenti tuttavia a non ipotecarsi il futuro. Con la bomba atomica della prescrizione. Per Salvini, meglio evitare di innescarla per non compromettere (non si sa mai) il rapporto con il pluriprescritto Silvio Berlusconi. Per i Cinquestelle, l’altolà ai “furbetti” resta un’altra promessa mantenuta, seppure postdatata. È il governo del campa cavallo. Se poi l’erba cresce, chissà.
PS. Comunque, lunga vita a Davigo. Nel 2024, quando prevedibilmente si vedranno i primi effetti della prescrizione oggi prescritta avrà appena 73 anni. Poteva andargli peggio.
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Antonio Padellaro - il Fatto Quotidiano