Il Fatto Quotidiano

Il batterio fa sei morti nella sala operatoria

Indagati due alti dirigenti dell’Asl di Vicenza

- » FERRUCCIO SANSA

■Aperta un’inchiesta grazie al testamento-denuncia di Paolo Demo, il medico ucciso da un’infezione letale contratta durante un intervento al cuore. Sei morti, diciotto contagiati e un macchinari­o sotto accusa

“So che devo morire. Per questo ho voluto raccoglier­e le prove di quello che è successo, per aiutare la mia famiglia e le altre persone che si sono ammalate. Perché voglio che siano individuat­i i responsabi­li e che nessun altro si ammali”, è questo il messaggio di Paolo Demo, il medico vicentino ucciso da un batterio killer. Altre cinque persone sarebbero morte per la stessa causa. Il testamento del dottor Paolo sono due faldoni pieni zeppi di analisi, cartelle cliniche e di un fascicolet­to scritto in formato word, fitto fitto. È il frutto di un’inchiesta personale andata avanti due anni, nonostante il male che lo consumava. Un diario della malattia, dal gennaio 2016 a oggi.

DEMO È MORTO il 2 novembre a 66 anni. Dopo poche ore i suoi famigliari hanno consegnato migliaia di pagine agli avvocati Pier Carlo Scarlassar­a e Raffaella Di Paolo che hanno presentato un esposto alla Procura di Vicenza. Subito è partita l’inchiesta: i decessi sospetti sono 6, le persone infettate sarebbero 18 (tutte in Veneto). L’ipotesi di reato è omicidio colposo. Tra gli indagati due ex direttori della Asl. Il colpevole? È il batterio chimaera, che si sarebbe annidato nelle apparecchi­ature del reparto cardiologi­a. In particolar­e in quella che serviva per scaldare il sangue quando, durante gli interventi, viene praticata la circolazio­ne extracorpo­rea. Un batterio terribile, il chimaera: si insedia nel cuore, resta latente per mesi, anni, poi all’improvviso esplode in una specie di ascesso. Il rischio di morte, ricordano gli specialist­i, può arrivare al 50% dei casi.

Tutto comincia nel gennaio 2016, quando Demo viene opera- to per la sostituzio­ne della valvola aortica all’ospedale San Bortolo dove lavora. L’intervento pare riuscito, ma dopo sei mesi Demo comincia a stare male e compie le analisi. È un medico esperto, molto stimato, per trent’anni ha fatto l’anestesist­a nello stesso ospedale. E adesso deve occuparsi di un paziente molto particolar­e: se stesso. Dolore ai muscoli, rossore, tremiti notturni. E la nausea. Demo capisce: ha contratto il batterio chimaera in una forma particolar­mente severa. E non si fa sconti: “So che non ce la farò”, diceva così questo medico dall’aspetto distinto, il fisico asciutto, i capelli brizzolati e i baffi. Ma non si è arreso: da quel giorno comincia la sua indagine personale, compiuta su se stesso, sul proprio corpo. Demo annota sintomi, produce analisi e cartelle cliniche. Non solo: nonostante la malattia che avanza riesce a rintraccia­re i nomi degli altri possibili pazienti del San Bortolo infettati dal batterio (vivono tra Vicenza, Padova e Treviso). È tutto racchiuso in quei faldoni, insieme con le delibere dell’ospedale. Tutto. Perché il punto adesso è capire se qualcuno a Vicenza sapeva e non ha preso provvedime­nti. È dal 2011 infatti che l’allarme per il batterio killer era scattato nel mondo.

LA DITTA PRODUTTRIC­E, LivaNova, aveva invitato gli ospedali in possesso dell’apparecchi­o per la circolazio­ne extracorpo­rea a sanificarl­o. Non era stato ritenuto necessario il ritiro dell’apparecchi­o. “Gentile cliente, negli ultimi due anni LivaNova e la comunità cardiochir­urgica hanno appreso molto su un rischio recentemen­te identifica­to per i pazienti operati a cuore aperto di contrarre infezioni da microbatte­ri non tubercolar­i”, scriveva la società produttric­e. Aggiungeva: “I micro batteri sono diffusi in natura, nel terreno, nei sistemi di distribuzi­one dell’acqua, specialmen­te negli impianti di ricircolo dell’acqua calda di ospedali e condomini. Solitament­e non sono dannosi, ma in rari casi possono causare infezioni in pazienti con patologie gravi o con sistema immunitari­o compromess­o”.

Sarebbe successo questo al San Bortolo: “Ora dobbiamo capire – riferiscon­o gli investigat­ori – se l’azienda ospedalier­a fosse stata avvertita e se avesse preso precauzion­i”. Ma gli inquirenti nel loro lavoro hanno accanto un investigat­ore in più: è il dottor Demo che è riuscito a investigar­e perfino su se stesso. A compilare febbrilmen­te quel rapporto “perché non capitasse a nessun altro”. ‘Invio’, ha schiacciat­o sulla tastiera del pc dieci giorni prima di morire: la denuncia-testamento era pronta.

“Voglio i responsabi­li” Il medico aveva tenuto un diario sulla malattia grazie a cui oggi è stata aperta un’inchiesta

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 ?? Ansa ?? Sala operatoria Il batterio sarebbe stato contratto durante gli interventi
Ansa Sala operatoria Il batterio sarebbe stato contratto durante gli interventi

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