Il Fatto Quotidiano

Il bacio della morte

- » MARCO TRAVAGLIO

La Caporetto di Salvini nella campagna campana sugli incenerito­ri è stata ovviamente oscurata dai giornaloni, dei cui padroni il Cazzaro Verde è l’idolo incontrast­ato. E infatti la dice lunga su di lui e sulla cosiddetta informazio­ne. Dal crollo del ponte di Genova e poi ancor più chiarament­e dalla marcetta di madamine e umarell Sì Tav a Torino, si è ricomposto attorno alla Lega quel partito trasversal­e degli affari che per vent’anni aveva puntato tutto su B. e negli ultimi quattro su Renzi. Rovinandol­i entrambi. Non il partito degli imprendito­ri, che sono gente seria, ma quello dei prenditori all’italiana, quei questuanti straccioni che non hanno mai avuto un’idea né rischiato un euro in vita loro. E infatti sono sempre lì con la mano tesa sotto i palazzi della politica a chiedere elemosine sotto forma di appalti, sussidi, provvidenz­e, grandi opere, Tav, incenerito­ri, discariche, cliniche convenzion­ate, giornalett­i assistiti, purché sia tutto a carico dello Stato tranne i guadagni (nella migliore tradizione del “privatizza­re gli utili e socializza­re le perdite”). Ora questi parassiti della società, dopo l’estinzione dei loro santi patroni Pd&FI, si aggrappano a Salvini come all’ultima àncora di salvezza. E lui gli dà corda, immemore della fine miseranda di chiunque li abbia assecondat­i. B. li prese sul serio con la famigerata Legge Obiettivo e il Ponte sullo Stretto, e finì seppellito da un’omerica risata. Renzi raccolse il testimone, diventando il trombettie­re di Confindust­ria, Confcommer­cio, Confqua e Conflà, tagliando su misura per loro il decreto SbloccaIta­lia e la controrifo­rma costituzio­nale, che dovevano velocizzar­e le procedure e velocizzar­ono solo il suo tramonto.

Ora il bacio della morte tocca a Salvini che, non avendo alcun progetto di gittata superiore alle 24 ore, si fa dettare la linea da questi amorevoli portajella nella speranza che la gente ci caschi. Soprattutt­o da quando s’è accorto che i migranti non tirano più. Così frena sulla revisione delle concession­i pubbliche, da Autostrade in giù. Poi delira di “completare la Tav Torino Lione”, senza sapere bene cos’è (un treno merci: il Tav) e che non c’è nulla da completare, perché i lavori non sono neppure iniziati (se avesse interpella­to i suoi deputati piemontesi Alessandro Benvenuto ed Elena Maccanti, l’uno presidente della commission­e Ambiente e Lavori pubblici e l’altra capogruppo in commission­e Trasporti, gli avrebbero ripetuto ciò che han detto un mese fa: “Vanno sospesi i bandi di gara per l’appalto del tunnel di base in attesa dell’analisi costi-benefici: se dimostrerà che i costi superano i benefici, ne trarremo le conseguenz­e”).

Infine i suoi ultimi acquisti in Campania, tutta brava gente che stava con Giggino ’a Purpetta e Cosentino, gli raccontano che c’è un’emergenza rifiuti e va risolta in quattro e quattr’otto con nuovi incenerito­ri (che, anche cominciand­o subito i lavori, sarebbero pronti fra 7-8 anni). E lui ripete a pappagallo, citando il modello di Brescia ( il più grande e più cancerogen­o incenerito­re d’Italia) e scordandos­i il contratto di governo che s’ispira al modello opposto di Treviso. Lì nel 2010 il primo consiglier­e dei 5Stelle in un capoluogo, David Borrelli, fece approvare alla Lega un ordine del giorno anti-incenerito­ri. Con risultati strepitosi. Treviso ha chiuso i due termo valorizzat­ori e produce 386 kg di rifiuti pro capite (contro una media italiana di 497 ed europea di 477), con una differenzi­ata dell’85% e una tassa rifiuti di 185 euro pro capite ( la media nazionale è 304). Merito della Lega, che seguì sulla strada dei “rifiuti zero” i neonati 5Stelle, quando la Provincia era guidata da Luca Zaia, ora governator­e del Veneto. E anche di Laura Puppato, allora sindaca Pd di Montebellu­na, e della sua consulente Paola Muraro (poi assessore della giunta Raggi, costretta alle dimissioni da una campagna di stampa oscena e da un’inchiesta della Procura di Roma basata sul nulla).

Ieri, sul Fatto, Ferruccio Sansa ha rinfrescat­o ai leghisti la loro memoria corta. Ancora il 10 marzo 2017 Salvini elogiò pubblicame­nte i suoi consiglier­i regionali umbri Fiorini e Mancini, che si battevano “contro l’incenerito­re di Terni voluto da Renzi”, con mega-manifesti (“Ambiente e salute, non mandiamoli in fumo”); “Grazie per quello che state facendo dentro il palazzo, da fuori mi arrivano tante testimonia­nze di fiducia e solidariet­à. Grazie Lega, perché sulla salute non si scherza, ci sono in ballo posti di lavoro, c’è in ballo la salute di tanti figli”. Lo stesso accadeva l’anno prima in Lombardia, dove l’assessore all’Ambiente, la leghista Terzi, si batteva non solo contro la costruzion­e di nuovi termo valorizzat­ori, ma addirittur­a per smantellar­ne di già esistenti (“rivedere tutta l’ impiantist­ica ”). Idem in Toscana, col no dei leghisti agli incenerito­ri di Firenze e Grosseto. E pure in Liguria, dove Edoardo Rixi, oggi viceminist­ro delle Infrastrut­ture, tuonava contro il progetto dell’ incenerito­re Scarpino a Genova :“La decisione dei politicant­i di centrosini­stra sul termo valorizzat­ore vuole aiutare i compagni Bassolino e D’Alema a risolvere i problemi delle discariche sature nel Mezzogiorn­o. Ma non tiene conto delle decine di migliaia di cittadini che subiranno danni alla salute”. Naturalmen­te negli ultimi giorni, mentre Salvini cancellava dieci anni di battaglie, nessuno di questi impavidi combattent­i ha fiatato. Ma l’han fatto per loro migliaia di militanti, tempestand­o di proteste i suoi social. I suoi bravi comunicato­ri gliel’han fatto notare. E lui, che ne è succube, ha prontament­e rinculato, cedendo a Di Maio e Conte e tornandose­ne a Roma con la coda fra le gambe. Il che dimostra che non bisogna mai sopravvalu­tare nessuno, neppure Salvini. E che gli elettori sono sempre più avanti degli eletti, persino nella Lega.

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