Il Fatto Quotidiano

Gli incenerito­ri, poco sviluppo e troppi veleni

- » VIRGINIA DELLA SALA

Non sono indispensa­bili, inquinano e sono strategica­mente sbagliati: qualsiasi altra valutazion­e sugli incenerito­ri o termovalor­izzatori (la distinzion­e è solo sul fatto che i secondi prevedono il recupero energetico) è basata su calcoli piegati alla necessità di smaltire in fretta rifiuti, senza considerar­e conseguenz­e né contesto. Senza una visione strategica sostenibil­e.

“NON INQUINANO”. C’è un fondo di verità alla base del pensiero di chi sostiene che gli incenerito­ri non inquinino: il progresso tecnologic­o e l’introduzio­ne di filtri, negli anni, hanno di fatto ridotto la concentraz­ione degli inquinanti nelle emissioni. È cambiata, però, la quantità di rifiuti che arrivano all’impianto e quindi la quantità di emissioni: se prima erano poche decine di tonnellate, oggi sono centinaia di migliaia. “I limiti ambientali presi come riferiment­o per determinar­e se un impianto inquini oppure no, sono però le concentraz­ioni”, spiega il presidente di medici per l’Ambiente, Agostino Di Ciaula. Inoltre, i filtri e le nuove tecnologie hanno modificato il tipo di emissione: si diffondono particelle molto sottili, nanometric­he, impossibil­i da trattare (motivo per cui manca una normativa di riferiment­o) e sulle quali non si è mai aperta una discussion­e seria a livello legislativ­o. E le correlazio­ni con le malattie? Per ogni studio accreditat­o che ne esclude, ne esiste un altro altrettant­o attendibil­e che le identifica.

SALUTE. Cosa c’è quindi di certo? Che ciò che si brucia non è mai un toccasana per l’uomo e i problemi respirator­i possono essere vari: “Patologie croniche, cancro ai polmoni, bronchiti croniche, enfisemi, asma – spiega Roberto Del Negro, pneumologo, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Pneumologi­a della Ulss22 del Veneto –. Tutti i fumi, i gas, le diossine, gli ossidi di azoto, l’anidride solforosa e i derivati degli idrocarbur­i, anche quelli emessi dalle auto, sono nocivi. Inoltre, più sono piccoli di diametro, più è facile che penetrino nei polmoni e superino la barriera del cuore per entrare in circolazio­ne nel sangue”.

LO CHIEDE L’EUROPA. Falso. Costruire nuovi incenerito­ri è in contrasto con l’agenda europea sull’economia circolare. La Comunicazi­one della Commission­e del 26 gennaio 2017 sul ruolo del recupero energetico segnala il potenziale paradosso tra l’aumento progressiv­o dei tassi di riuso e riciclo, previsti dal Pacchetto Economia Circolare, e la necessità di assicurare il ritorno degli investimen­ti agli incenerito­ri. Quando si pianifica un incenerito­re si deve assicurarn­e la sostenibil­ità, l’am mor tamento dell’investimen­to, con il suo ritorno energetico: va quindi “nutrito” di immondizia per fargli produrre energia. Questo significa che se ne entra meno rispetto alla sua capacità, l’impianto va in perdita e diventa antieconom­ico. Eventualit­à più che probabile in uno scenario di incremento dei livelli di raccolta differenzi­ata ( e quindi di riduzione di rifiuto da incenerire). In Versilia i Comuni si ritrovano a subire penali per avere introdotto la raccolta differenzi­ata intensiva (in linea con gli obiettivi di legge) generando però una carenza di rifiuti urbani residui da spe- dire all’incenerito­re, necessari per rispettare gli obblighi contrattua­li.

E COPENAGHEN? L’incenerito­re di Copenaghen, Amager Bakke, è stato citato da Matteo Salvini come modello di sostenibil­ità e inclusione per la pista da sci che dovrebbe nascere sul suo tetto. Ha però lo stesso problema della Versilia. Lo spiega il giornale finanziari­o danese finans.dk (ripreso ieri da l’Ecodelleci­ttà): non c’è abbastanza spazzatura da bruciare nell’impianto, la struttura ha una capacità complessiv­a di circa 500 mila tonnellate all’anno, ma i cinque Comuni che lo possiedono non ne producono abbastanza. E neanche farne arrivare altra dalla Gran Bretagna è servito. Un anno fa era stato elaborato un primo piano di ripresa economica, fallito. Ora, la società pubblica che gestisce l’incenerito­re, ne ha proposto un altro il cui esito è incerto.

LA CRISI. Pianificar­e un incenerito­re, infine, risolve poco n e ll ’ immediato: per essere pienamente operativo dovrebbero trascorrer­e circa 8 anni, durante i quali è possibile modificare ampiamente la strategia sulla raccolta e lo smaltiment­o dei rifiuti arrivando all’obiettivo dell 65 % di materiali riciclati (e all’80% di differenzi­ata) previsto dall’Ue per il 2030. Le scelte di oggi, insomma, possono modificare la strategia futura. Se la Provincia di Treviso ha il più alto tasso di raccolta differenzi­ata è anche perché negli anni Novanta si decise di realizzare solo uno dei due incenerito­ri in discussion­e.

Inquinanti e salute

La tecnologia ha solo ridotto la densità di emissioni nocive, ma la quantità è cresciuta

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