Il Fatto Quotidiano

Panico da spread: fino a 330 prima della sentenza Ue

Picco a 330, oggi il giudizio sulla manovra . Giorgetti: “Stop alla speculazio­ne”

- » STEFANO FELTRI

Difficile dare una spiegazion­e univoca dell’i mpennata dello spread di ieri, prima fino a 330 poi assestato a 326 punti. Ce ne sono almeno tre, nessuna indulgente per l’Italia e nessuna ottimistic­a. La prima: i timori per la frenata globale dell’economia, le fibrillazi­oni dei titoli tecnologic­i a Wall Street, la Borsa di Milano crolla dell’1,9 per cento ma per una volta non è la sola, scendono tutte in Europa, anche Francofort­e (- 1,6). Come sempre, quando il mondo frena, l’Italia inchioda.

LE ALTRE DUE spiegazion­i riguardano il verdetto che la Commission­e europea pronuncerà oggi, la prima (quasi certa) bocciatura formale della legge di Bilancio 2019. Ipotesi minima: i mercati scontano l’annuncio dell’apertura di una procedura eccesso di deficit struttural­e (cioè che esclude gli effetti del ciclo economico e le misure una tantum), che è ancora parte del “braccio preventivo” del patto di stabilità: l’Italia doveva ridurre quel parametro dello 0,6 per cento del Pil, lo farà aumentare dello 0,8. La Commission­e potrà proporre al Consiglio (governi nazionali) di sanzionare l’Italia, per fermarle ci vuole una maggioranz­a di blocco. Pericoli concreti per l’Italia: pochi e non immediati. Ma per i mercati può risultare lo scenario peggiore, con il governo italiano che passerà i mesi di campagna elettorale pre-Europee ad attaccare Bruxelles, senza avere veri limiti sui conti.

L’altra possibile spiegazion­e del comportame­nto degli investitor­i ieri è che invece si stiano preparando a uno scontro molto più duro tra Italia e Commission­e: l’apertura di una procedura d’infrazione per debito eccessivo. La scelta del governo Conte di sconfessar­e le promesse di riduzione del deficit struttural­e dell’indebitame­nto fatte a luglio e, prima, dai governi Renzi e Gentiloni ha un effetto retroattiv­o: gli sconti concessi negli ultimi due anni si rivelano privi di basi (la promessa era: oggi non tagliamo, ma lo faremo presto). Per approvare le sanzioni in questo caso serve una maggioranz­a qualificat­a in Consiglio, difficile da ottenere ma a oggi l’Italia è isolata. In tanti cominciano ad auspicare la procedura per debito: l’Italia perderebbe il diritto a ogni flessibili­tà (negli anni di Renzi e Gentiloni ha ottenuto il permesso di fare deficit aggiuntivo per 40 miliardi) e dovrebbe impegnarsi a significat­ivi sforzi di riduzione del debito. Per anni la nostra politica economica sarebbe appesa ai verdetti della Commission­e, molto più di oggi.

Per chiarire il clima intorno all’Italia bastano le parole di Danièle Nouy, capo (a fine mandato) della vigilanza bancaria della Bce: “Sarebbe molto triste” se le banche italiane “fossero colpite dalle conseguenz­e del dibattito politico. Ma sono cose che succedono, i problemi delle banche greche sono cominciati con discussion­i politiche, teniamo le dita incrociate”. In realtà qualche conseguenz­a sulle banche italiane si vede già: a parte i crolli di Borsa (Intesa Sanpaolo, la più sana, ha perso il 37 per cento in sei mesi), ci sono effetti anche sui prestiti. Secondo un report mensile dell’Abi, l’associazio­ne delle banche, il tasso medio per i nuovi mutui è passato da 1,80 per cento di settembre a 1,87 di ottobre, i finanziame­nti alle famiglie in un mese sono passati dall’1,45 per cento medio a 1,60.

LA LINEA DEL GOVERNO è che si tratta soltanto di passeggera “speculazio­ne” (Matteo Salvini). E il sottosegre­tario leghista Giancarlo Giorgetti annuncia il blocco delle vendite allo scoperto, che permettono di vendere titoli che ancora non si posseggono scommetten­do di comprarli quando il loro valore si sarà ridotto. Peccato che, lo ha dimostrato uno studio dello European Systemic Risk Board sugli anni 2008-2012, vietare la speculazio­ne può addirittur­a peggiorare la volatilità: i mercati recepiscon­o il segnale che il governo è davvero preoccupat­o. E così cominciano a vendere non gli speculator­i ma fondi e banche che hanno i titoli davvero in portafogli­o. Anche i piccoli risparmiat­ori ormai si fidano poco: la domanda per i Btp Italia è stata ieri di 281,3 milioni, dopo i 481,3 di lunedì, il peggior risultato per questo tipo di titolo dal 2012.

Anche in Grecia tutto cominciò con le banche colpite dal dibattito politico Incrociamo le dita

DANIÈLE NOUY

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