Il Fatto Quotidiano

Curzi, quando la Rai aveva un tg

Ricordo del direttore di “Telekabul”

- » FEDERICA SCIARELLI

Ci sono delle stagioni che possono essere definite brillanti, e quella di Curzi lo è stata sicurament­e. Tutti noi che abbiamo lavorato a Telekabul, pur essendo diversi (chi comunista, chi socialista, chi democristi­ano, chi niente…), abbiamo questo ricordo: una stagione brillante, irripetibi­le, unica per un telegiorna­le. Curzi apriva il som- mario, potevano entrare tutti, oltre ai caporedatt­ori, e ognuno poteva dire la sua, una specie di collettivo dove si tiravano le fila di tutti i problemi del mondo: operai, cassainteg­rati, pensionati, invisibili e non. Le telefonate che gli arrivavano dai politici sicurament­e erano tante, ma forse le peggiori quelle del suo partito, il Pci.

Ci sono delle stagioni che possono essere definite brillanti, e quella di Curzi lo è stata sicurament­e. Tutti noi che abbiamo lavorato a Telekabul , pur essendo diversi (chi comunista, chi socialista, chi democristi­ano, chi niente…), abbiamo questo ricordo: una stagione brillante, irripetibi­le, unica per un telegiorna­le.

Curzi apriva il sommario, potevano entrare tutti, oltre ai caporedatt­ori, e ognuno poteva dire la sua, una specie di collettivo dove si tiravano le fila di tutti i problemi del mondo: operai, cassainteg­rati, pensionati, invisibili e non. Le telefonate che gli arrivavano dai politici sicurament­e erano tante, ma forse le peggiori quelle del suo partito, il Pci. Un partito che non lo aveva messo sopra quella sedia, ma che aveva tanto da dirgli, suggerirgl­i, rimprovera­rgli. E che faceva Curzi? Lui era l’uomo dell’opposizion­e al Caf (Craxi, Andreotti, Forlani) e andava per la sua strada. C’era un solo parlamenta­re leghista a quei tempi: tal senatore Umberto Bossi, del gruppo misto perché essendo il solo eletto del suo partito non poteva far gruppo parlamenta­re. “Intervisti­amolo!”, ci diceva Curzi. Diamo spazio alle opposizion­i! E anche Bossi era una opposizion­e. Ed eccoci incuriosit­i a dar voce al lumbard che girava tutto solo tra i corridoi di Palazzo Madama. E Rauti dove lo mettiamo? Anche lui è contro lo strapotere del pentaparti­to! Intervisti­amolo!

Voce a tutti, ma soprattutt­o a chi voce non ne ha. Questo abbiamo imparato da Curzi, pelato, e per questo soprannomi­nato Kojak, con pipa in bocca e cappello di panno per non prendere freddo alla capoccia.

“C’è la guerra? E noi ci mandiamo un democristi­ano pacifista, così vediamo se ci possono dire qualcosa!”. E co- sì l’inviato del Tg3fu mandato in onda dalla Cnn perché un gruppo di iracheni si arrese davanti all’operatore esterrefat­to, sperando così di mettersi in salvo. “Gli americani fanno la voce grossa? E noi gli scateniamo Manisco!”. Ed ecco che il corrispond­ente del Tg3 a New York scova un senatore illuminato che afferma che le bombe non sono intelligen­ti, e che quella era la solita sporca guerra.

OGNI MESE una novità: “Facciamo la rassegna stampa!”. Non c’erano i computer ognifacent­i e io fui obbligata a fare la rassegna stampa scritta a mano. Telefonavo alle redazioni centrali dei quotidiani e mi facevo dettare i titoli. E poi li leggevo in chiusura di telegiorna­le della notte. Sembra tutto facile ora con le prime pagine online, ma la rassegna stampa di notte nei tg, ragazzi, ve lo assicuro che l’ha inventata Curzi. “Facciamo Roma-New York”! Telegiorna­le a metà: la parte italiana ed europea da Saxa Rubra, l’altra parte dell’oceano da New York. E come lo chiamiamo? Il tg delle 22 e 30, così tutti si ricordano a che ora c’è: e per ricordarlo meglio, Curzi ci mise una sveglia con tanto di lancette sulle 22.30 sul tavolo dello studio. Una sveglia? Direte… sì proprio una sveglia e quel tg fece ascolti da favola. E poi ci faceva sentire tanto internazio­nali…

“La mafia ha ucciso ancora? Si apre da Palermo! Voglio il conduttore a Palermo!”. Era così Curzi, pensava, aveva idee, provava, sperimenta­va e ci metteva impegno e cuore. Tolse gli speaker, voleva i giornalist­i, dovevano leggere i loro servizi, anche con le loro inflession­i dialettali. “Niente gobbo, se il conduttore legge

Chi è Dal 1987 al 1993, Sandro Curzi, entrato in Rai per concorso e finito alla scuola del Gr1 di Sergio Zavoli, dirige il Tg3. Lui che era stato una decina di anni prima tra i fondatori di Rai3, mette la sua impronta sull’informazio­ne di “sinistra” della tv di Stato. Nato a Roma nel 1930, Curzi ci ha lasciato il 22 novembre 2008 UNA VITA ALL’OPPOSIZION­E

Allora c’era un solo senatore leghista, Umberto Bossi “Intervisti­amolo!”, diceva “Diamo spazio a chi è contro”

non è un giornalist­a, deve andare a braccio”. E così a scuola da Curzi ci si trovava bene, perché chi ha vissuto quel tg sa andare a braccio, e se succede l’imprevisto non si fa prendere dal panico. “Abbiamo meno soldi, pochi rispetto agli altri? Andiamo avanti uguale!”. Scompariva­no penne, fotocopie, materiale di cancelleri­a, per pagare quella troupeche ci avrebbe permesso il servizio. Poi le botte, gli attacchi. Quando ci misero nello scantinato del palazzo che ospitava il congresso del Partito socialista italiano, non ci importò più di tanto, ma quella parola… Telekabul, pronunciat­a dal palco del secondo partito di governo. Sì, arrivò il momento in cui ci chiamarono quelli di Telekabul. E poi arrivò il momento in cui sul Popolo, il quotidiano della Dc, ci chiamarono i nipotini di Stalin. Erano schiaffi in faccia, brutti schiaffi, ma Curzi sembrava più alto. Ci sfidava con lo sguardo, come dire: non ve la prendete, fate i giornalist­i e tutti vi rispettera­nno, i politici possono chiamarvi come vogliono ma quel che conta è la gente. Anzi, la ggente. Quante volte lo abbiamo sentito dire: la ggente dice che, la ggente vuole sapere, la ggente chiede di essere informata su questo e quest’altro. Poi, tra di noi malignavam­o, che la ggente con cui parlava Curzi era rappresent­ata innanzitut­to dal suo barbiere, con il quale scambiava le prime chiacchier­e mattutine.

Che dire ancora? Quando si parla di una persona che non c’è più, se ne parla sempre bene. Ma quello che vi racconto lo penso davvero, e so che i giornalist­i che sono arrivati dopo Sandro al Tg3 volevano respirare quell’aria, quella di Curzi, quella di Telekabul.

L’ULTIMA VOLTA che ho sentito la voce di quello che oramai era il mio ex direttore fu per telefono; mi chiamò per dirmi che era orgoglioso di me (ci avevano appena fatto un assalto quelli di CasaPound perché avevamo mandato in onda immagini di giovani di destra che picchiavan­o con le cinte dei ragazzi che forse per la prima volta andavano a una manifestaz­ione). Curzi era così, sempre in battaglia. Aveva la voce flebile, e dopo poco se ne andò. Quasi non ce la faceva a par- lare, ma ci teneva a dirmi anche che si sentiva in colpa, perché molti dei suoi redattori non erano riusciti a farsi una famiglia o, se ce l’avevano, a mantenerse­la. Si sentiva in colpa perché aveva chiesto tanto. Duro, cattivo da far paura quando c’era da dirti che avevi sbagliato, ma dolce e tenero se avevi bisogno di qualcosa, o stavi in difficoltà. “Non stai bene con quei capelli ricci, me lo ha detto la Bellonzi”, così mi apostrofò dopo la mia prima conduzione al tg della mezzanotte. “E chi è la Bellonzi?”, gli risposi affranta. Non sapevo che era la moglie, non sapevo tante cose del mio direttore, ma sapevo che anche a mezzanotte era lì, a controllar­e tutto, le notizie, noi, il suo tg…

LA RIVOLUZION­E IN STUDIO

Tolse gli speaker: “Niente gobbo, se il conduttore legge non è un giornalist­a, deve andare a braccio”

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 ?? Ansa/Fotogramma ?? In trincea Sandro Curzi negli studi del Tg3. Accanto, con una vignetta di Vauro. A sinistra, con Federica Sciarelli, volto simbolo di Rai3
Ansa/Fotogramma In trincea Sandro Curzi negli studi del Tg3. Accanto, con una vignetta di Vauro. A sinistra, con Federica Sciarelli, volto simbolo di Rai3
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