Il Fatto Quotidiano

COME INSEGNARE LA COSTITUZIO­NE ALLE SUPERIORI E DARCI L’ESAME

- » TOMASO MONTANARI

“Professore, nell’alternanza scuola-lavoro sono stato a fare fotocopie negli uffici di un cantiere che da quasi trent’anni prepara il traforo di una montagna per farci passare un treno veloce per spostare verso un pascolo alpino merci che non ci sono. Mi pare che tutto ciò sia un po’ insensato, e anche contro l’articolo 9 della Costituzio­ne, che tutela l’ambiente. Ho imparato che si possono avere contratti ( e dunque diritti) diversissi­mi per fare lo stesso, identico lavoro: ho il sospetto che questo violi l’articolo 3, quello che mi piace di più perché dice che tutti siamo uguali. A proposito, anche il professore di matematica, che è un precario, mi pare trattato come uno schiavo: gli articoli 1 e 4 forse non valgono più? E, con tutto il rispetto, perché c’è il crocifisso in aula, nonostante l’articolo 7? Ho poi un dubbio: un mio compagno di classe (che ha il padre che ha la residenza fiscale a Montecarlo) ha usato il bonus cultura per comprare i dischi dei neomelodic­i, vedersi

Vacanze di Natale 14 e comprarsi il biglietto del Motor Show: non sono sicuro di aver capito se è l’attuazione del l’articolo 34, che dice che i capaci e meritevoli privi di mezzi possono raggiunger­e i gradi più alti degli studi. Infine: ma lo sa che il cugino del mio compagno di classe Ibrahim è appena arrivato su un barcone dalla Libia, è stato espulso e trova che questo sia contro i suoi diritti, ma non ha più tre gradi di giudizio perché uno glielo ha tolto l’ex ministro dell’Interno (sì, il predecesso­re di questo che sequestra le navi con dentro i neri), uno che ora vuole guidare il suo partito per aiutare ‘i più deboli’? Ho sentito dire che quel ministro era contento di avere la scrivania di Mussolini: ho paura che in quei cassetti la Costituzio­ne non ci fosse…”.

CHISSÀ SE alla prossima maturità sentiremo qualche colloquio di questo tenore: teoricamen­te è finalmente possibile, perché da quest’anno scolastico entra in vigore il decreto 62 del 2017 (governo Gentiloni) che riforma le materie d’esame introducen­dovi anche “Cittadinan­za e Costituzio­ne”. Solo a gennaio sapremo come l’attuale ministro Bussetti deciderà di organizzar­e in pratica l’esame, e soprattutt­o come vorrà sostenere l’insegnamen­to di una materia cruciale, per la quale il suddetto decreto non stanziava alcun finanziame­nto. Come sempre, una riforma a costo zero: e dunque inattuabil­e. È evidente che, perché venga presa sul serio e sia seriamente insegnata e studiata, anche “Cittadinan­za e Costituzio­ne” avrebbe bisogno di chiarezza su quali siano i docenti di riferiment­o, sul numero delle ore, sui programmi, sull’esame stesso: e sui soldi con cui pagare tutto questo.

Se l’aspetto pratico è cruciale non lo è tuttavia di meno quello teorico: cosa significa insegnare la Costituzio­ne? Di solito si risponde: il rispetto delle istituzion­i, il senso civico, la legalità. Giusto: ma è come dire che insegnare la storia dell’arte significa insegnare la cronologia degli stili, la tecnica dell’affresco, gli ordini architetto­nici. Sacrosanto. Però insegnare davvero la storia dell’arte significa dare ai ragazzi il desiderio, prima ancora dei mezzi, per riappropri­arsi del tessuto vivo del Paese in cui vivono ogni giorno: del rapporto tra città e campagna, di quello tra città storica e periferie, del senso della bellezza dello spazio pubblico. Sapere chi era Giotto, certo: ma anche sentire perché Giotto è vivo e urgente per la loro vita.

ECCO, LA STESSA COSA vale per la Costituzio­ne. Si può e si deve insegnarne l’architettu­ra formale, ma soprattutt­o si deve fare capire che la “Costituzio­ne che è una polemica contro il presente, contro la società. Perché quando l’articolo 3 vi dice: ‘È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli d’ordine economico e sociale che impediscon­o il pieno sviluppo della persona umana’, riconosce con ciò che questi ostacoli oggi ci sono, di fatto, e che bisogna rimuoverli. Dà un giudizio, la Costituzio­ne! Un giudizio polemico, un giudizio negativo contro l’ordinament­o sociale attuale, che bisogna modificare attraverso questo strumento di legalità, di trasformaz­ione graduale che la Costituzio­ne ha messo a disposizio­ne dei cittadini italiani”. Sono parole di Piero Calamandre­i, tratte dal celeberrim­o discorso del 1955 con cui spiegò proprio agli studenti quale fosse il senso profondo della Costituzio­ne che aveva collaborat­o a scrivere. “La Costituzio­ne è un pezzo di carta – diceva ancora – lo lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno, in questa macchina, rimetterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere quelle promesse, la propria responsabi­lità. Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzio­ne è l’indifferen­za alla politica, l’indifferen­tismo”. Una scuola che formi cittadini sovrani capaci di attuare il progetto di giustizia della Costituzio­ne: questa è la sfida.

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