Facebook ammette: abbiamo spiato Soros
L’inchiesta Il finanziere pro global aveva attaccato la piattaforma ed è stato screditato con notizie false
Facebook di nuovo nella bufera. Questa volta si tratta, secondo il New York Times, di una campagna di fake news ai danni di George Soros, il finanziare di origine ungherese inviso alle destre nazionaliste per le sue posizioni pro globalizzazione. Ieri sono arrivate le prime ammissioni da parte del social network che, anche se parziali, dimostrano come la piattaforma da 2,2 miliardi di utenti, con le sue enormi potenzialità di condizionamento dell’opinione pubblica, continui a essere gestita in modo spregiudicato.
OTTO MESI fa ci fu lo scandalo Cambridge Analytica, la società di consulenza britannica legata alla destra Usa, accusata di aver aver usato 87 milioni di profili Facebook, oltre che per fini commerciali, per screditare la candidata democratica alle presidenziali Hilary Clinton e per influenzare il referendum sulla Brexit. L’azione Facebook in Borsa crollò, il fondatore e primo socio, Mark Zuckerberg, dovette scusarsi di fronte al Senato degli Stati Uniti, Cambridge Analytica fi- nì in bancarotta e la reputazione del social network fu colpita duramente, tanto che il numero di nuovi iscritti aveva cominciato a rallentare.
Per rimediare i dirigenti di Fb hanno quindi pensato di affidarsi, tra le altre cose, a dei professionisti del ramo: la Definers Public Affairs, di Airlington ( Virginia), una via di mezzo tra un ufficio studi, una società di pubbliche relazioni e un'agenzia investigativa. La società è di Matt Rhoades, ex manager della campagna elettorale del candidato repubblicano alla presidenza Mitt Romney nel 2012 e poi fondatore di America Rising, comitato politico nato per contrastare il partito Democratico durante la presidenza Obama.
George Soros (88 anni) più volte aveva manifestato posizioni critiche verso il colosso del web, arrivando a definirlo, in un intervento al forum economico di Davos “una minaccia per la società”. La prima mossa della Definers, secondo il quotidiano newyorchese, che ha sentito dipendenti, ex dipendenti e politici vicini alla vicenda, è stata quella di screditare il finanziere indirettamente, insinuando che alcuni gruppi di attivisti critici verso Fb fossero sponsorizzati dal finanziere. La Definers ha fatto inoltre circolare tra la stampa documenti che indicavano Soros come vero e proprio fondatore di un movimento d’opinione: Freedom from Facebook (Libertà da Facebook). In seguito al primo articolo dell’inchiesta del New York Times , uscito il 15 novembre scorso, sia Mark Zuckerberg, sia la direttrice finanziaria di Fb, Sheryl Sandberg, avevano preso le distanze dalla Definers, dicendo di non saperne nulla e comunicando di aver interrotto i rapporti con la scietà. Ad assumersi la responsabilità dei rapporti con Definers era stato il capo della comunicazione uscente Elliot Schrage.
IERI PERÒ Facebook ha ammesso: “Sì, abbiamo incaricato Definers public affairs di indagare su Soros. Ma non abbiamo chiesto loro di contribuire a creare fake news”, ha scritto in una nota, “nel 2018, George Soros ci ha definiti una minaccia per la società. Non avevamo mai sentito prima da lui simili critiche e volevamo capire se aveva motivazioni finanziarie. Definers ha indagato su questo usando informazioni pubbliche”.
A quanto riporta il quotidiano Usa, in ogni caso, l’anno scorso un dirigente di Definers, Tim Miller, ex portavoce del governatore della Florida, Jeb Bush, aveva candidamente dichiarato in un’intervista, che un obiettivo delle società che si rivolgono a Definers “dovrebbe essere quello di diffondere contenuti positivi sulla propria società e contenuti negativi sui concorrenti”.