Il Fatto Quotidiano

Torino FilmFest tra il Cile e il ’68, l’Omero di Dix e gli Dei “umani”

- FEDERICO PONTIGGIA @fpontiggia­1

Chissà che presidente sarebbe stato, se solo gliel’avessero concesso. Il trentaseie­simo Torino Film Festival apre questa sera con il cortocircu­ito politico-mediatico di The Front Runner, diretto dal quarantune­nne regista canadese Jason Reitman, figlio d’arte (l’Ivan di Gh os tb us te rs) e talento in proprio ( Juno, Thank You for Smoking, Tra le nuvole).

Incarnato da Hugh Jackman, che prenota la nomination agli Oscar, il protagonis­ta è Gary Hart, il senatore democratic­o in predicato di divenire il 41° presidente degli Usa nel 1988: non accadrà, come sappiamo, vincerà il repubblica­no George Bush, ma Hart era fuori dai giochi già da tempo. Non per insipienza politica né per inferiorit­à dialettica, ma per un intralcio tra le lenzuola: quando i mass media portarono allo scoperto la sua relazione extraconiu­gale con Donna Rice, dovette interrompe­re la campagna elettorale.

NEL CAST Vera Farmiga e J.K. Simmons, Reitman piazza la camera all’ombra del Potere tra il diritto alla privacy e il diritto a essere informati e tira le somme: il rapporto tra la stampa e la politica negli States sarebbe drasticame­nte cambiato, e da Bill Clinton a Donald Trump l’evoluzione non conosce confini. The Front Runner – Il vizio del potere arriverà in sala il 21 febbraio 2019.

Politico è anche il voltaggio del film di chiusura del festival diretto da Emanuela

Martini: atteso sotto la Mole il 1° dicembre e dal 6 sugli schermi, Santiago, Italia è il quarto documentar­io di Nanni Moretti, dopo Come parli frate? (1974), La cosa (1990) e Il diario del caimano (2006), in oltre quarant’anni di carriera. Già direttore a Torino nel biennio 2007-2008, il cineasta ripercorre gli effetti del colpo di Stato dell’11 settembre 1973 in Cile, che pose fine al governo democratic­o di Salvador Allende, per concentrar­si sul ruolo della nostra ambasciata a Santiago, che diede rifugio e salvezza a centinaia di oppositori del re- gime di Pinochet.

Sotto lo sguardo del presidente di giuria Jia Zhang-ke, di cui verrà presentato il bellissimo I figli del fiume giallo, passeranno nel Concorso principale 15 lungometra­ggi, di cui uno solo, l’esordio alla regia di Valerio Mastandrea Ride, italiano: “Il TFF è un festival internazio­nale – osserva Martini – e poi quest’anno molti film hanno subito il blocco della commission­e ministeria­le e non erano pronti. Per tacere il fatto che tutti tentano di andare a Venezia, cosa peraltro perfettame­nte comprensib­ile”. Sem- pre tricolori, e sul filo della politica, nelle altre sezioni troviamo il Sessantott­o, rimbalzato tra Cannes e Venezia, rievocato da Bellocchio ad Assayas, nel doc Il gusto della libertà di Giovanna Ventura, le lotte operaie alla Fiat Mirafiori degli anni Settanta in Senzachied­erepermess­o di Pietro Perotti e Pierfranco Milanese, nonché l’immagine e la sessualità femminili filtrate dalla tv tra Cinquanta e Ottanta in Sex Story di Cristina Comencini e Roberto Moroni.

Stasera l’apertura del Film Festival: c’è attesa per Moretti

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