Il Fatto Quotidiano

Garantismi e gargarismi

- » MARCO TRAVAGLIO

Avete notato quanto sono diventati simpatici i Casamonica, ora che la Raggi gli fa svuotare e abbattere i villini? Qualche estate fa, dopo il vistoso e fastoso funerale in stile Padrino per il loro patriarca, parevano la più pericolosa organizzaz­ione criminale del mondo. Ora che la sindaca e i vigili di Roma fanno ciò che avrebbero dovuto fare da 21 anni i loro tremebondi predecesso­ri, i giornaloni la menano sulla “passerella”, lo “spot”, il “défilé” di Raggi, Conte e Salvini, come se non fosse una buona notizia che le massime autorità della capitale e del Paese mettano la faccia sulla restituzio­ne di un pezzo di territorio nazionale ai cittadini onesti. La legalità non è più un valore in sé, ma un principio intermitte­nte, da applicare ai nemici e ignorare per gli amici. Se Mimmo Lucano, sindaco di Riace, usa i pubblici poteri per violare la legge, e i giudici lo bloccano, è un martire e un eroe, perché certe leggi non vanno rispettate. Quali, lo decidono lui e i suoi amici. Se la benemerita Ong ( francese) Medici senza frontiere scarica nei porti (italiani) 24 tonnellate di rifiuti tossici, infettati da vari virus e dunque pericolosi per la salute pubblica, come fossero bucce di banana, e i giudici la bloccano, l’indagine diventa “accaniment­o” e la legge “cavillo” ( Repubblica) anche per chi vorrebbe imporre l’obbligo vaccinale pure contro le unghie incarnite.

L’altra sera abbiamo appreso dall’ autorevole Bruno Vespa che le manette sono una brutta cosa, soprattutt­o in mano a un giudice tipo Davigo, così come il bisturi in mano al chirurgo e il volante all’autista (a proposito: indovinate che mestiere fa la moglie di Vespa). Arrestare chi commette reati, o auspicare che ciò avvenga, non significa schierarsi dalla parte della legge: ma essere “giustizial­isti” e dunque poco “garantisti”. Infatti il Foglio spiega che l’emendament­o infilato nell’ An ti corruzione( ribattezza­ta per l’ occasione Procorruzi­one) da Lega,PdeFI per depenalizz­are il peculato nei processi di Rimborsopo­li, è “benedetto” perché “ci salva da una legge manettara” e “giustizial­ista”: cioè dal Codice penale che incredibil­mente, dopo tanto “garantismo”, punisce ancora il peculato e l’abuso d’ufficio, cioè chi deruba lo Stato o usa i pubblici poteri per farsi i cazzi propri. Intanto non gli avvocati (ce ne sono di serissimi), ma le loro lobby delle Camere penali e di altre sigle sindacali, scioperano per difendere la prescrizio­ne, definita niente po podi menoché “diritto costituzio­nale” e “conquista di civiltà” in nome della “ragionevol­e durata dei processi” (che in Italia è irragionev­ole anche grazie alla prescrizio­ne).

Siamo

così abituati a sentire spacciare l’impunitari­smo per “garantismo” da aver dimenticat­o il significat­o del termine. Cesare Beccaria teorizzava un insieme di regole per tutelare il diritto dell’imputato a difendersi nel processo per essere giudicato equamente, non dal processo per farla franca. Le garanzie devono valere per tutti, ma andrebbero modellate su misura degli innocenti, non dei colpevoli. L’innocente vorrebbe uscire al più presto dal processo: invece i processi sono eterni. L’innocente indagato ingiustame­nte vorrebbe spiegare subito al pm le proprie ragioni: invece il pm non è obbligato a sentirlo durante l’indagine e può chiederne il giudizio senza averlo mai visto. L’innocente, se viene archiviato o assolto, vorrebbe almeno che l’a vv o c a t o glielo pagasse lo Stato o chi l’ha denunciato ingiustame­nte: invece le spese legali deve pagarsele lui. Se i “garantisti” lo fossero davvero, invochereb­bero queste norme di ordinaria civiltà. Invece difendono la prescrizio­ne, riservata ai colpevoli: per gl’innocenti c’è l’assoluzion­e (in caso di prescrizio­ne, l’innocente può rinunciarv­i per farsi assolvere nel merito oltre i termini: il che è consigliab­ile a tutti per i reati infamanti).

Ho appena messo le mani sulla seconda sentenza del Tribunale civile di Firenze che mi ha visto soccombent­e contro Tiziano Renzi per una banale frase del tutto veritiera sul caso Consip. Il giudice l’ha ritenuta diffamator­ia perché ha dato ragione all’unica parte presente al processo: l’“attore” Renzi sr., mentre io, il “convenuto”, ero contumace. Il postino, non trovandomi in casa, mi aveva lasciato nella buca delle lettere un avviso di giacenza (dell’atto di citazione) che, evidenteme­nte, s’è perso. Così non l’ho ritirato e il processo è partito senza di me. Nel civile pare che sia normale: non ti avvisano neppure una seconda volta, come per le multe per divieto di sosta prima che scatti la maggiorazi­one. E, se sei contumace, non c’è né un pm che indaghi anche per te né un avvocato d’ufficio che ti difenda. Conta solo la parola dell’“attore”, che ovviamente sa del processo. Così, ignaro di tutto, non ho potuto mandare il mio avvocato con le carte che dimostrano la veridicità della mia frase. Perciò sono stato condannato a 50 mila euro. Lo scrive il giudice: “È financo intuitivo che, a fronte dell’allegazion­e di... affermazio­ni astrattame­nte diffamator­ie, compete al convenuto invocare l’esimente del diritto di cronaca o critica e provare, tra l’altro, la veridicità del fatto narrato... Il convenuto non si è costituito, così rinunciand­o a spiegare le proprie difese e, quindi, a far valere una eventuale causa di giustifica­zione ed a provare che i fatti riferiti nella trasmissio­ne televisiva fossero veri... A fronte della contumacia del giornalist­a, questo giudice non deve né può chiedersi... se operi o meno la scriminant­e del diritto di cronaca o di critica”. Avete mai visto un “garantista” battersi contro questo abominio, cioè chiedere una prima notifica brevi manue le successive allo studio del difensore (per evitare le fughe di chi non si fa più trovare)? Questi “garantisti” all’italiana parlano di Cesare Beccaria e pensano a Cesare Previti.

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