Giorgetti e lo scranno vuoto I 5 Stelle temono nuovi guai
Tira una brutta aria Prima la “provocazione” del sottosegretario ai grillini, poi l’anticorruzione che passa senza gli applausi leghisti: al Senato servirà la fiducia
Ideputati della Lega se la ridono della grossa: “Ma voi Giancarlo non lo conoscete! Mica è uno che manda i messaggi in questo modo... Se ha qualcosa da dire a Conte, bussa con la scopa sul soffitto dal piano di sotto!”.
L’immagine, per quanto un filino irrispettosa del presidente del Consiglio, rende l’idea. Quando deve farsi sentire, il Giorgetti, sa come fare. E per questo i Cinque Stelle lo hanno fatto rosolare per un paio di giornate, accusandolo di essere il “regista” dei franchi tiratori che martedì scorso hanno mandato sotto il governo su un emendamento al ddl Anticorruzione.
La “velina” non autorizzata, però, ha fatto un po’ troppa breccia sulla stampa nazionale. Giorgetti è nero. E quando, come d’accordo con i 5 Stelle, ieri mattina si presenta a Montecitorio per presidiare alla votazione della legge Bonafede, anziché sedersi ai banchi del governo punta dritto agli scranni dei deputati della Lega.
APRITI CIELO: per i Cinque Stelle è la provocazione finale, che arriva proprio mentre i capigruppo grillini alla Camera e al Senato rilasciano comunicati di pace, mentre il vicepremier Luigi Di Maio lo difende dicendo che Gior- getti “dà fastidio” perché ha scritto la riforma del Coni che ha defraudato Giovanni Malagò e mentre non si arresta l’incessante lavorìo dei portavoce di Palazzo Chigi, forse immemori del fatto che una smentita è una notizia data due volte. Tutti, da quarantotto ore e più, insistono a dire che è stato “un inciam- po” e fanno muro intorno al sottosegretario alla presidenza del Consiglio, piuttosto infastidito: “Io non c’entro proprio niente”.
IL CASO“è chiuso”, dice Matteo Salvini. Ma certo quel seggio numero 650 rimasto vuoto, almeno per un po’, non è piaciuto ai colleghi che volevano festeggiare il via libera (ancora non definitivo) allo “spazzacorrotti”. Tanto più che a fine giornata, quando la Camera ha licenziato il testo, i deputati della Lega sono rimasti immobili mentre gli onorevoli grillini applaudivano e abbracciavano il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede.
È uno di quei casi in cui la fredda cronaca racconta più di mille retroscena. Che comunque, figuriamoci, non sono mancati nemmeno ieri. Al di là dei “fiati” ( la definizione è del premier Giusep-
Giorgetti è in mezzo a tensioni per le quali c’è la solidarietà dei Cinque Stelle perché forse dà fastidio al Coni e a Malagò LUIGI DI MAIO Fiume di smentite Tutti negano di aver accusato il numero 2 del Carroccio per i voti “ribelli” di martedì
pe Conte) che raccontano di un ministro, Paolo Savona, che pronostica scenari di crisi, ci sono i fondati timori del Movimento che un nuovo scivolone possa essere dietro l’angolo. Visto l’elevato tasso d’infedeltà latente, si andrà avanti a colpi di fiducia: sul decreto Sicurezza che arriverà alla Camera lunedì, così come sull’An t ic o r ru z i on e che dovrà, al Senato, tornare alla sua versione originaria, ovvero senza l’emendamento Vitiello che derubrica alcuni casi di peculato all’abuso d’ufficio.
NON SI PUÒ FARE diversamente, anche perché a Palazzo Madama si è già ballato sul decreto sicurezza, in quel caso per i mal di pancia grillini. La maggioranza ha un margine di sei voti. Ed è piuttosto indicativo, notano nel Movimento, che “il decreto Salvini, il provvedimento che porta il suo nome, avrà bisogno di due voti di fiducia per passare. Brutto anche a dirsi...”. E si dice eccome, nei capannelli tra i 5 Stelle. Dove ieri in tanti si chiedevano quanto andrà avanti questo governo. Ossia se Salvini è pronto a staccare la spina, magari addirittura prima delle Europee.
Poi per carità, c’è sempre l’antico spirito di sopravvivenza, quello di chi, di tornare a votare, non ha alcuna voglia: “Alcuni di Forza Italia me lo hanno detto – sorride un sottosegretario – non vi azzardate a cadere”. È pur sempre una forma di fiducia.