Grandi opere L’analisi costi-benefici non è una “ingenua” perdita di tempo
Gentile Direttore, il suo editoriale del 16 novembre “Scusali, Silvio” punta l’indice sulla libertà di stampa (che personalmente intendo non solo come il diritto di scrivere quello che si vuole ma soprattutto come il diritto di essere informati correttamente) e sui conflitti d’interessi. Effettivamente non ci vuole molto per capire che se un imprenditore ha il suo core-business in una attività e detiene la proprietà di un gruppo editoriale, sarà molto difficile leggere sulla stampa del gruppo qualcosa che vada contro gli interessi del suo business primario.
Il Fatto Quotidiano, di cui mi pregio di essere lettore, abbonato, estimatore e, nel mio piccolo, divulgatore (pensi che agli inizi comperavo due copie in edicola e una la lasciavo ogni giorno sul sedile del treno in modo che potesse essere letta da chi non lo conosceva, una specie di giornale gratuito) è uno dei pochi (forse l’unico?) che in Italia sfugge a questa logica.
Ma mi chiedo: come funziona nei Paesi anglosassoni? Ci potrebbe spiegare come in questi Paesi è garantita la libertà di stampa al netto dei conflitti d’interessi o se in fin dei conti è solo la stessa minestra con altro sale?
Chi c’è veramente dietro alle blasonate, ma solo per fare un esempio, New York Times? Herald Tribune? Washington Post? Caro Lucio, come avrà notato abbiamo iniziato un’inchiesta a puntate sugli editori italiani. Poi racconteremo il sistema editoriale degli altri Paesi. Marco Minniti ha accettato di correre per le primarie dalle quali verrà fuori il nuovo segretario de Partito Democratico. Egli, pur essendo stato chiaramente individuato da Matteo Renzi e dai suoi uomini come candidato della loro area, sta facendo di tutto per non farsi etichet- HO ASCOLTATOmartedì su La7 Travaglio ritenere ancora utile la verifica costi-benefici per il Tav. Circa 30 anni fa all’Anas, qualcuno – di cui non ricordo il nome – illuminato ma ingenuo, per dirimere il problema della priorità degli investimenti stradali, ideò la “redditività degli investimenti” che è l’equivalente della valutazione costi-benefici e che, in base a determinati parametri (tra cui la stima dei futuri flussi di traffico!), doveva accompagnare ogni nuovo progetto. Dopo pochi mesi sparì perché si accorsero che al Sud non avrebbero potuto realizzare che poche opere pubbliche. Ora questi onesti (?) idioti insistono sullo stesso tema senza rendersi conto che i vecchi marpioni della politica li costringeranno a usare lo stesso criterio per ogni altra opera pubblica e allora capiranno di essersi dati la zappa sui piedi perché il Sud verrà emarginato. Ma possibile che non ci sia più nessuno capace di capire tutto ciò? GENTILE LETTORE, lei pone un problema serio sul quale è utile una migliore messa a fuoco. L’analisi costi-benefici non misura la redditività di un’opera ma i suoi effetti positivi dal punto di vista economico, sociale, ambientale eccetera. Serve a valutare se quei soldi è meglio spenderli in un modo piuttosto che in un altro. Una strada statale è un costo e basta, ma gli economisti dei trasporti usano tecniche standard per misurare i benefici che quell’investimento porterà alla società. Se a tutti gli investimenti pubblici si chiedesse redditività, non si costruirebbero più strade né scuole né ospedali né tribunali. Né al Sud né al Nord. Il Tav è un progetto lanciato una trentina d’anni fa sostenendo che l’investimento sarebbe stato fatto da capitali privati e ripagato dai proventi del traffico. Una sciocchezza che ovviamente non si è verificata, e infatti le tratte Torino-Milano-Roma-Napoli sono state costruite tare come candidato renziano. Per questo motivo dice di rispondere a ll ’ appello dal basso fatto da 500 sindaci del centrosinistra. Ma l’appoggio renziano, ufficialmente respinto, emerge chiaramente tra le righe delle sue dichiarazioni. Lunedì, ad esempio, Repubblica ha pubblicato un’intervista nel corso della quale Minniti ha fatto, tra l’altro, la seguente affermazione: “Renzi ha perso e si è giustamente dimesso assumendosi responsabilità che vanno anche oltre le sue”. con denaro pubblico. Come redditività si sono rivelate un disastro, ma probabilmente supererebbero brillantemente l’analisi costi-benefici. Le faccio notare infine che l’analisi costi-benefici per il Tav della Val di Susa non è un’idea degli “onesti (?) idioti” come lei definisce, se ho ben compreso, l’attuale governo della Repubblica Italiana. La chiesero a gran voce nel 2014 Roberto Perotti, economista della Bocconi al tempo consulente del governo Renzi, e un altro renziano doc come Yoram Gutgeld, ex capo della McKinsey italiana. L’idea è stata fatta propria (ma non realizzata) dal ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio. Chieda a loro se la ritengono un’idiozia solo perché adesso la fa Danilo Toninelli. Ma questa affermazione non è vera. Egli non si è assunto tutte le responsabilità che doveva assumersi. Renzi ha sempre negato, fino ad ora, che il motivo di fondo della sconfitta del Partito Democratico sta nella sensazione che egli ha dato molto spesso di voler esercitare un controllo ferreo sul partito creando un cerchio magico di persone a lui vicine ed evitando di dare spazio ad un vero e autorevole gruppo dirigente. DIRITTO DI REPLICA
In merito alla ricostruzione pubblicata giovedì 15 novembre sul tema delle barriere posizionate su 11 viadotti della A16, le strutture tecniche di Autostrade per l’Italia precisano che il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici non ha escluso la possibilità di utilizzo del sistema di ancoraggio “a barre filettate” adottato dalla società per barriere new jersey in calcestruzzo bordoponte, come si riporta in alcuni articoli. Il Consiglio Superiore dei Lavori Siamo alle solite, Autostrade per l'Italia del gruppo Benetton continua a comportarsi non da concessionario di un bene pubblico, ma da padrone: da sé se le canta e da sé se le suona. L'autorevole e statale Consiglio superiore dei lavori pubblici dice che per l'ancoraggio delle barriere di sicurezza New Jersey la nuova soluzione escogitata da Autostrade non va bene perché non risulta sufficientemente documentata la sua validità e Autostrade che fa? Fa come le pare, va avanti come se niente fosse, piazza ugualmente il nuovo sistema e se ne vanta pure in quanto “autorevoli esperti” consultati e si presume lautamente pagati dalla stessa società Autostrade hanno gentilmente attestato che è tutto ok.
Ma può continuare così?