Uno sguardo dal basso e i Dieci Comandamenti della buona tv
C’è qualcosa di sciamanico anche nei reportage di Domenico Iannacone, e non ci riferiamo solo alla somiglianza con Luciano Spalletti. I Dieci Comandamenti (Rai3, domenica, 20.15) sono una specie da proteggere per più ragioni. Intanto lo è tutto il giornalismo d’inchiesta, in cui Iannacone si muove scegliendo temi rimossi come la devastazione prodotta dagli impianti petrolchimici di Augusta: villaggi rasi al suolo, tonnellate di fanghi tossici che inquinano il mare e rendono l’aria irrespirabile. La seconda ragione è lo sguardo rivolto dal basso, cosa rara in un video intasato di tuttologi e vippume; in questo caso, le tante vittime del ricatto occupazionale – se vuoi mangiare, devi tacere sul pane avvelenato –, i pochi che hanno il coraggio di rompere l’omertà.
La terza ragione per cui i Dieci Comandamenti sono da proteggere è la più preziosa: la fusione tra le testimonianze dei deboli (Iannacone non intervista, incontra) e la potenza delle immagini. I cementifici, le raffinerie, le discariche, il mazzo di ciminiere che si staglia contro il mare affollato di impavidi bagnanti; e poi le lapidi lustre di bianco, il registro dei “martiri per cancro” di questa Spoon River dei diseredati. Qualcosa di ancora più insolito per il mezzo televisivo: lo stile. Possibile che la Sicilia da diorama di Vigata sia a due passi da questo inferno sulla terra? Possibile che non dico Montalbano, ma una qualsiasi minchia di commissario non sia mai venuto a indagare qui? Possibile. Anzi, certo.