Matteo e Gattuso: tutti gli “allenatori nel pallone” da B. all’altro Matteo
Calcio e politica L’ex portiere campione del mondo si dimise da Ct in polemica con B. “Ringhio” ha costretto Salvini a chiedere scusa
Dicono che alle primarie del Pd, se Rino Gattuso si presentasse prenderebbe più voti di Martina, Minniti e Zingaretti messi assieme. E non sarebbe nemmeno una sorpresa, visto che i giocatori che hanno vestito la maglia del Milan quando decidono di darsi alla politica non deludono; George Weahè oggi nientemeno che il presidente del suo Paese, la Liberia; Kakhaber Kaladze è stato ministro dell'Energia e delle Risorse naturali e vicepremier del governo Ivanhisvili in Georgia e oggi è sindaco di Tbilisi; e persino Gianni Rivera , la leggenda delle leggende, ha ormai un curriculum più lungo come politico che come calciatore.
Tornando a bomba: Gattuso alla politica non pensa proprio. Il suo obiettivo è portare il Milan al quarto posto che dà accesso alla Champions, ma è un fatto che la sua esternazione anti-Salvini, che lo aveva accu- sato di non aver fatto cambi nel finale di Lazio-Milan, ha lasciato il segno. La sua risposta è stata un po’ come il contropiede di Kaká a Manchester ( vedi Champions 2007): letale. E il video è diventato virale per la gioia di metà Italia, quella che detesta Salvini. Per la cronaca: ieri al suo fianco si è schierato anche Balotelli con una story su Instagram: “Penso che siamo in molti a voler fare due chiacchiere con lui, mister!”, ha fatto sapere Supermario, da sempre fiero oppositore del Capitano.
Quando un politico e un allenatore scendono sul ring, lo spettacolo è assicurato. Nel 2000 incrociarono i guantoni Silvio Berlusconi , leader dell’opposizione al governo Amato, e Dino Zoff, Ct azzurro. Motivo del contendere: l’Italia aveva perso la finale dell’Europeo (con la Francia) dopo essere stata in vantaggio fino al 90’. “Sono indignato – es te rn ò Berlusconi – anche un dilettante avrebbe vinto la parti- ta. Bastava fermare Zidane, tutto il gioco passava da lui. Se l’avesse marcato Gattuso non sarebbe finita così. Il problema è che uno ha l’intelligenza o non ce l’ha”. A dispetto dell’evidente insus- sistenza del rilievo mossogli (Zidane giocò una delle peggiori partite della sua vita) e d el l’eccellente torneo disputato dall’Italia, Zoff rassegnò le dimissioni. “Dal signor Berlusconi – disse – non prendo lezioni di dignità. Non è giusto denigrare il lavoro degli altri pubblicamente, non è giusto che non si rispetti un uomo che fa il suo lavoro con dedizione e umiltà. La mia non è una presa di posizione politica. La mia unica politica è sempre stata lo sport”.
Le critiche di B. stupirono anche perché Zoff non era certo il prototipo dell’allenatore comunista: tipo Alberto Zaccheroni, mai amato a dispetto del miracoloso scudetto vinto al Milan nel ’99, o di Maurizio Sarri, che Galliani propose a Berlusconi nell’estate del 2015, bocciato perché (appunto) troppo comunista.
Ci sono stati, a dire il vero, anche politici e Ct che hanno provato a tubare e a cinguettare. Come il premier Mat- teo Renzi e Cesare Prandelliche a due mesi dal Mondiale in Brasile del 2014 si fecero immortalare intenti a sbocconcellare in coppia una banana in segno di solidarietà a Dani Alves, del Barcellona, bersaglio di un odioso gesto razzista. Dire a chi abbia portato più iella quella banana non è facile: a distanza di quattro anni Renzi e Prandelli sono oggi ai minimi della popolarità, reduci da una serie di tracolli da non augurare nemmeno al peggior nemico. Concludendo, se il buongiorno si vede dal mattino, forse è meglio che calcio e politica viaggino separati; in Italia e non solo. Chiedere per informazioni ad Hakan Sukur, l’ex centravanti turco dell’Inter diventato deputato in patria, su cui pende tuttora un mandato d’arresto dopo il tentato golpe (un fake?) ai danni di Erdogan nel 2015. Hakan è fuggito in California, dove ha aperto un bar. A Zoff è andata meglio.