Il Fatto Quotidiano

CHE LIBERTÀ DI STAMPA È SE LAVORI GRATIS?

- » ELISABETTA AMBROSI

Tutti a Bruxelles, ieri, a parlare delle “sfide del giornalism­o europeo”, al convegno organizzat­o da un deputato del Partito democratic­o. Nessuno a Roma, invece, a discutere di equo compenso con il ministro del Lavoro Luigi Di Maio, che aveva invitato Ordine dei giornalist­i e Federazion­e nazionale della stampa a parlare della precarietà della categoria. Troppo offesi per trattare: Ordine e sindacato hanno dichiarato che non si siederanno al tavolo finché i 5Stelle non avranno chiesto scusa ai “giornalist­i italiani”.

CHISSÀ DI QUALI giornalist­i parlavano i rappresent­anti di una categoria lacerata e divisa. Sicurament­e non di quel 65,5% degli oltre 50.000 giornalist­i privo di contratto e di ogni forma di tutela, essendo il giornalism­o l’unico settore italiano dove dal 1997 al 2015 il peso del lavoro autonomo è cresciuto del 760% e dove 8 lavoratori precari su 10 – nel silenzio generale, tranne una meritoria puntata di Report di poche settimane fa – guadagnano meno di 10.000 euro lordi l’anno e uno su due meno di 5.000.

Questi lavoratori avrebbero ben preferito che i loro rappresent­anti si precipitas­sero a Roma, anche se il ricordo dell’ultimo accordo sul l’equo compenso brucia ancora, visto che nel 2014 il sottosegre­tario con delega all’Editoria Luca Lotti (governo Renzi), la Federazion­e nazionale della stampa e la Federazion­e italiana editori giornali decisero che fosse equo pagare un giornalist­a 250 euro al mese (quell’accordo, cui l’Ordine non partecipò, fu bocciato sia dal Tar del Lazio che dal Consiglio di Stato).

Di tutto questo non si è parlato nelle recenti, solenni, iniziative a favore della libertà di stampa. Come non si è parlato della tragica questione delle querele, in particolar­e quelle temerarie, che stanno concretame­nte distruggen­do la libertà di stampa. I giornalist­i meno protetti e più fragili, ormai, evitano sistematic­amente di scrivere di argomenti a rischio per il terrore di vedersi portare via la propria casa, mentre i giornali, specie quelli di editori puri, rischiano il collasso.

Proprio nella direzione di aiutare giornali e giornalist­i vanno le due proposte di legge del senatore 5Stelle Primo Di Nicola (e sulle quali si misurerà realmente la serietà del Movimento 5 Stelle, che pure conta molti giornalist­i eletti, rispetto alla stampa): la prima, perché non ci siano più giornalist­i arrestati o inquisiti perché non rivelano le proprie fonti. La seconda per mettere un freno proprio alle querele temerarie, proponendo un sacrosanto risarcimen­to del giornalist­a pari alla metà dell’importo richiesto da chi lo ha ingiustame­nte querelato.

DI QUESTO, allora, chi ha cuore la libertà dei giornalist­i dovrebbe occuparsi, oltre a pensare, a mio avviso, a un sistema indiretto di sostegno e incentivi agli editori puri, visto che stare sul mercato oggi è u n’impresa improba per un’azienda editoriale, specie perché le persone sono state purtroppo abituate ad avere le notizie gratis – quelle notizie che leggono avidamente – e cambiare il loro modo di pensare è una sfida complessa che tutti i giornali del mondo stanno affrontand­o. Un sistema che non ricordi minimament­e, però, i vecchi contributi pubblici all’editoria, in cui riviste inesistent­i su argomenti di nicchia hanno ricevuto per anni fondi im- pensabili, e così alcuni giornali solo ed esclusivam­ente grazie al criterio della conoscenza politica.

EPPURE NULLA di tutto questo è stato al centro delle recenti manifestaz­ioni, anche quelle legate a grandi gruppi editoriali, per la libertà di stampa. Si è preferito invocare l’attacco globale ai cronisti, mettendo sullo stesso piano gli insulti dei 5Stelle – sicurament­e sbagliati, soprattutt­o per il rancore creato nell’opinione pubblica verso una categoria che certo privilegia­ta non è – con le persecuzio­ni reali in Paesi come Messico o Turchia. Si è parlato della disinterme­diazione come il male di questo governo, come se i governi precedenti, quello Renzi in particolar­e, non avessero fatto della soppressio­ne della mediazione giornalist­ica a favore delle reti sociali la propria cifra. Nessuna menzione, invece, ai conflitti di interessi che sempre nascono quando gli editori hanno altri interessi, come è stato tragicamen­te dimostrato dal caso Autostrade.

Certo: sentirsi accerchiat­i da un nemico esterno aiuta a compattars­i e i 5Stelle hanno avuto la colpa di provocare una reazione allarmata che è stata però eccessiva e ideologica. Perché non solo coloro che sono intervenut­i non rischiano nulla, né sulla carta né sul web, ma soprattutt­o – mentre alludevano a dittature e populismi – hanno dimenticat­o di citare le vere cause che stanno distruggen­do la nostra libertà, preferendo puntare sulla persecuzio­ne politica ed evitando di parlare dei problemi in casa. Sui quali non c’è stato, incredibil­mente, alcun cenno di autocritic­a.

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