La Costituzione alla maturità (e poi magari la si attua)
“La maturità è tutto”, dice Edgar al padre nel Re Lear. E la notizia di una prova orale di Costituzione al più temuto esame, di cui ha scritto Tomaso Montanari sul Fatto qualche giorno fa, ha suscitato un coro pressoché unanime di consensi. Ci aggiungiamo volentieri (del resto siamo noti per la pedante fedeltà ai valori costituzionali) e lo facciamo sottolineando in primis la necessità che la Costituzione, oggi Cenerentola a cui si dedica qualche manciata di minuti frettolosi, diventi una materia d’insegnamento vera e propria.
Sul tema si è letto un po’ di tutto, anche che tra le motivazioni che hanno spinto il ministero a prendere questa sacrosanta decisione pare ci siano i frequenti episodi di bullismo all’interno delle scuole (perfino a danno dei professori). Argomento affascinante, anche se non quanto quello che innerva il breve commento di Guido Crainz su Repubblica di ieri. Scrive il professore, ai tempi appassionato sostenitore del Sì al referendum renziano: “Sarebbe davvero prezioso uno sforzo per far comprendere davvero la nostra Carta, a partire dalle fondamenta dell’equilibrio fra i poteri e del ruolo decisivo degli organi e delle figure di garanzia. A partire cioè da quel che i populisti illiberali di oggi, gli incriticabili ‘eletti dal popolo’negano ogni giorno. È un compito prezioso, che molti insegnanti italiani già svolgono e che oggi diventa un necessario impegno della scuola nel suo insieme. E se quell’impegno fosse carente potrebbe essere un terreno su cui promuovere iniziative che affianchino e integrino la scuola. Potrebbe essere anche questa una forma di ‘disobbedienza civile’ rispetto alla diseducazione quotidiana alla democrazia dei nuovi potenti: e in questo caso in applicazione di un’indicazione ministeriale. Meglio di così…”.
PER FORTUNA che la Costituzione, scampata a una riforma che avrebbe sì intaccato pesi e contrappesi, impedisce ogni forma di dittatura della maggioranza! Ma al di là della disobbedienza a un fascismo en travesti che pare minacci un giorno sì e l’altro pure la nostra democrazia, sarebbe davvero rivoluzionario che gli studenti leggessero la Carta (scritta in modo così chiaro proprio perché possa essere capita da tutti). Per scoprire cosa significa dire che il diritto al lavoro è fondamento della Repubblica, sapere per esempio che il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata “e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Oppure che “i lavoratori hanno diritto che siano preveduti e assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria”. E che l’articolo 3 di cui si ricorda sempre e solo il primo comma, ha una seconda, non trascurabile parte: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Sono senza dubbio informazioni pericolose da fornire a studenti che, raggiunta l’età per votare, potrebbero perfino pretendere l’attuazione di una Costituzione, la nostra, che non è un conglomerato di buoni consigli, ma norma prescrittiva per il legislatore. Il liberalismo e i suoi pesi e contrappesi sono una bella cosa, ma la nostra Carta si spinge assai più in là e dice un paio di cosette pure sul sistema economico in modo che quelle garanzie e quelle libertà non rimangano appannaggio solo dei ricchi. Occhio a chiedere “disobbedienza civile”: magari si pensa di farla con Luigi Einaudi e invece arriva Lelio Basso.