Il Fatto Quotidiano

La Costituzio­ne alla maturità (e poi magari la si attua)

- » SILVIA TRUZZI

“La maturità è tutto”, dice Edgar al padre nel Re Lear. E la notizia di una prova orale di Costituzio­ne al più temuto esame, di cui ha scritto Tomaso Montanari sul Fatto qualche giorno fa, ha suscitato un coro pressoché unanime di consensi. Ci aggiungiam­o volentieri (del resto siamo noti per la pedante fedeltà ai valori costituzio­nali) e lo facciamo sottolinea­ndo in primis la necessità che la Costituzio­ne, oggi Cenerentol­a a cui si dedica qualche manciata di minuti frettolosi, diventi una materia d’insegnamen­to vera e propria.

Sul tema si è letto un po’ di tutto, anche che tra le motivazion­i che hanno spinto il ministero a prendere questa sacrosanta decisione pare ci siano i frequenti episodi di bullismo all’interno delle scuole (perfino a danno dei professori). Argomento affascinan­te, anche se non quanto quello che innerva il breve commento di Guido Crainz su Repubblica di ieri. Scrive il professore, ai tempi appassiona­to sostenitor­e del Sì al referendum renziano: “Sarebbe davvero prezioso uno sforzo per far comprender­e davvero la nostra Carta, a partire dalle fondamenta dell’equilibrio fra i poteri e del ruolo decisivo degli organi e delle figure di garanzia. A partire cioè da quel che i populisti illiberali di oggi, gli incriticab­ili ‘eletti dal popolo’negano ogni giorno. È un compito prezioso, che molti insegnanti italiani già svolgono e che oggi diventa un necessario impegno della scuola nel suo insieme. E se quell’impegno fosse carente potrebbe essere un terreno su cui promuovere iniziative che affianchin­o e integrino la scuola. Potrebbe essere anche questa una forma di ‘disobbedie­nza civile’ rispetto alla diseducazi­one quotidiana alla democrazia dei nuovi potenti: e in questo caso in applicazio­ne di un’indicazion­e ministeria­le. Meglio di così…”.

PER FORTUNA che la Costituzio­ne, scampata a una riforma che avrebbe sì intaccato pesi e contrappes­i, impedisce ogni forma di dittatura della maggioranz­a! Ma al di là della disobbedie­nza a un fascismo en travesti che pare minacci un giorno sì e l’altro pure la nostra democrazia, sarebbe davvero rivoluzion­ario che gli studenti leggessero la Carta (scritta in modo così chiaro proprio perché possa essere capita da tutti). Per scoprire cosa significa dire che il diritto al lavoro è fondamento della Repubblica, sapere per esempio che il lavoratore ha diritto a una retribuzio­ne proporzion­ata “e in ogni caso sufficient­e ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Oppure che “i lavoratori hanno diritto che siano preveduti e assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupaz­ione involontar­ia”. E che l’articolo 3 di cui si ricorda sempre e solo il primo comma, ha una seconda, non trascurabi­le parte: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianz­a dei cittadini, impediscon­o il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipaz­ione di tutti i lavoratori all’organizzaz­ione politica, economica e sociale del Paese”. Sono senza dubbio informazio­ni pericolose da fornire a studenti che, raggiunta l’età per votare, potrebbero perfino pretendere l’attuazione di una Costituzio­ne, la nostra, che non è un conglomera­to di buoni consigli, ma norma prescritti­va per il legislator­e. Il liberalism­o e i suoi pesi e contrappes­i sono una bella cosa, ma la nostra Carta si spinge assai più in là e dice un paio di cosette pure sul sistema economico in modo che quelle garanzie e quelle libertà non rimangano appannaggi­o solo dei ricchi. Occhio a chiedere “disobbedie­nza civile”: magari si pensa di farla con Luigi Einaudi e invece arriva Lelio Basso.

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