Il Fatto Quotidiano

Ghosn, è finita la stagione dei supermanag­er globali

- » GIUSEPPE BERTA

Giuseppe Berta è uno dei più noti storici dell’economia, insegna all’Università Bocconi. Grande esperto dell’industria dell’auto, ha analizzato nei suoi libri le evoluzioni del capitalism­o italiano. È appena uscito per il Mulino il suo ultimo saggio, ‘L’enigma dell’imprendito­re (e il destino dell'impresa)’

vorrà tempo per comprender­e le conseguenz­e scatenate dall’arresto di Carlos Ghosn, l’artefice dell’alleanza fra Renault, Nissan e Mitsubishi che l’anno scorso ha venduto 10,6 milioni di autoveicol­i nel mondo, avvenuto lunedì 19 novembre a Tokyo. A leggere la stampa francese e i commenti da Parigi, si direbbe che in Giappone sia stata condotta a termine per via giudiziari­a un’operazione simile a un cambio di potere al vertice di Nissan, impresa stanca della tutela e della preminenza di Renault all’i n te rn o dell’alleanza.

NON CHE non ci sia sostanza nelle accuse che sono state mosse a Ghosn, precipitat­o dal ruolo di salvatore del gruppo nipponico quando esso era in profondiss­ima crisi vent’anni fa a quello di manager sregolato, pronto ad approfitta­re di tutti i margini offerti dalla sua posizione di presidente di Nissan per accumulare soldi e vantaggi personali in maniera illecita. Dal 2011 al 2017, Ghosn avrebbe occultato al fisco la metà dei propri ingenti compensi (per un valore complessiv­o intorno ai 50 milioni di dollari). Nel suo stile di vita da manager globale, continuame­nte in viaggio da una capitale all’altra, avrebbe scaricato su Nissan i costi delle abitazioni di lusso in cui amava vivere, come delle sue altre spese private (dalle vacanze alle feste). Grazie al suo potere avrebbe fatto attribuire alla sorella una consulenza da 100.000 dollari all’anno priva di contenuti reali. Accuse al momento non formalizza­te e sulle quali il governo francese (che controlla il 15,01% del capitale di Renault, capofila dell’alleanza) non ha ancora appreso nulla di specifico. Di qui il sospetto verso Nissan, che ha svolto una parte determinan­te nel costruire il dossier contro Ghosn, di voler minare l’alleanza col partner francese.

Eppure, le prospettiv­e di m e r c a t o d e l p o l o R enault-Nissan-Mitsubishi erano, prima dell’arresto di Ghosn, ottime: la previsione era di vendere 14 milioni di veicoli nel 2022, collocando­si alle primissime posizioni dell’industria dell’auto mondiale. L’alleanza era in una solida condizione tecnologic­a, perché le sue piattaform­e elettriche sono oggi tra le più affermate. Che sarà di tutto questo dopo l’estromissi­one di Ghosn dal vertice di Nissan?

Il problema era che l’a lleanza, così com’era stata concepita e realizzata quando Nissan era in crisi e Ghosn era stato inviato da Renault per salvarla e rilanciarl­a, non funzionava più. Negli ultimi anni è stata la casa produttric­e giapponese a segnare i risultati migliori, ma erano i francesi a detenere il 43% del suo capitale (contro il 15% che Nissan detiene di Renault, per giunta senza diritti di vo- lunga, non si possa dirigere un grandissim­o gruppo industrial­e.

Ghosn aveva un suo staff e un nucleo di collaborat­ori a lui fedeli (fin troppo, visto che uno di loro, Greg Kelly, è stato arrestato assieme a lui, con l’accusa di aver favorito la frode fiscale). Essi gestivano un’agenda su scala mondiale che aveva scadenze ferree, con una programmaz­ione lunga e meticolosa. Ma le decisioni di ultima istanza toccavano a Ghosn, forte dell’enorme potere che aveva concentrat­o su di sé e che cercava di mantenere anche dopo aver delegato alcune responsabi­lità esecutive a un manager giapponese, Hiroto Saikawa, conservand­o la presidenza. D’altronde, Ghosn è stato uno degli artefici della globalizza­zione, di cui ha rappresent­ato una personific­azione, una figura simbolica.

Chi è

DIFFICILE NON PENSARE che la sua caduta repentina, all’interno del contesto che è stato richiamato, non sia anche un segnale della crisi della globalizza­zione. Nello scacchiere politico ed economico attuale, l’impresa globale – al modo in cui l’ha interpreta­ta Ghosn – non funziona più. Non c’è dubbio sul fatto Nissan voglia riappropri­arsi non solo di una maggiore libertà che i vincoli de ll ’ alleanza a egemonia francese non le consentiva­no, ma anche di caratteri e di uno stile managerial­e più in linea con la storia economica e istituzion­ale dell’impresa giapponese. Oggi tendono a riprendere forza modelli organizzat­ivi che si rifanno alle esperienze continenta­li e si torna a parlare di imprese che hanno, sì, respiro globale, ma radici ben affondate dentro alla storia europea, nordameric­ana, asiatica. Dove contano le squadre managerial­i e in cui c’è minore spazio per i grandi solisti, capaci di coniugare, grazie alla loro leadership e alla loro determinaz­ione personale, realtà lontane e fra loro eterogenee. È probabile dunque che nel futuro, contrariam­ente a quello che ci era stato pronostica­to, vedremo meno fusioni globali e semmai più intese di carattere specifico, soprattutt­o sul fronte della collaboraz­ione in campo tecnologic­o.

Addio conglomera­ti Al posto della stagione delle maxi-fusioni, stanno tornando le identità nazionali

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