Il Fatto Quotidiano

La grande rivincita del muretto a secco: è patrimonio Onu

La muratura a secco riconosciu­ta dall’Unesco su richiesta di Croazia, Cipro, Slovenia, Svizzera, Spagna, Francia e Italia

- » ANTONELLO CAPORALE

Èla rivincita delle mani sulla betoniera, della sapienza antica e povera sulle architettu­re multipiano e high tech. I muretti a secco sono divenuti patrimonio dell’umanità, il marchio di civiltà che l’Unesco attribuisc­e alle opere magnifiche della natura e dell’uomo. E quest’opera, piccola di dimensioni, minuta nell’aspetto, povera e di dettaglio, oggi diviene finalmente grande. “Con tenacia e sfrontatez­za li sfioravamo da ragazzi in sella alla Vespa o al Califfone. Costeggian­doli li vedevamo fronteggia­re il cemento armato delle complanari, il sistema di svincoli stradali, l’o rg oglio della modernità. Per noi pugliesi, io dico specialmen­te a noi baresi, il muretto a secco è il canale della memoria, il presidio che il vecchio non solo esiste ma resiste con una grazia e un'arte indiscutib­ili”. Lo scrittore Nicola Lagioia ha trascorso i suoi anni da ragazzo con la visione di queste pietre impilate ai fianchi della strada. Ha avuto la fortuna di risiedere nel luogo che più di ogni altro ha esibito la sapienza delle mani, anche se la richiesta del riconoscim­ento speciale non è stata avanzata solo dall’Italia all’organizzaz­ione culturale dell’Onu. Croazia, Cipro, Slovenia, Svizzera, Spagna e Francia hanno sostenuto e appoggiato questa candidatur­a, trovandosi a dover far di conto anch’essi con le pietre di confine.

L’UOMO E LA PIETRA camminano insieme. “In questo caso è la mano a vincere sulla macchina, è una prova d’orgoglio dell’arcaico, di ciò che si riteneva superato”, dice il paesologo Franco Arminio. Il muretto a secco è un’opera umile, secondaria, ma di un pregio che impone “la rivisitazi­one dei luoghi comuni, di una sfida vittoriosa con l’età dell’a l l uminio anodizzato, con le saracinesc­he di ferro e le insegne luminose. Noi comunque vogliamo il Frecciaros­sa, impianti di meccatroni­ca, insediamen­ti positivi della contempora­neità. Ma dobbiamo riconoscer­e nella memoria, in questo caso nelle nostre pietre, una ricchezza unica e superiore”.

Il muretto è dunque il segna passo, il muro di confine, “attenzione – dice l’antropolog­o calabrese Vito Teti (suo il bellissimo “Pietre di pane”) – i muretti non dividevano e non separavano ma proteggeva­no il territorio e creavano legami. Il muretto è l’affermazio­ne di un’arte legata alla produzione, alla terra, al paesaggio costruito nel corso di una storia millenaria. È un’attenzione ai margini, al piccolo che ora diventa grande”.

LE PIETRE, MESSE l’una sull’altra, non sono un’opera primitiva. Fanno tuttora da argine, dove resistono e sono conservate bene, alle frane, agli smottament­i, ai crolli. “Il muretto è l’elemento semplice dentro l’architettu­ra romanica che l’entroterra barese esibisce a ogni passo. Io dico – questo è Lagioia – che il muretto infatti non è una muraglia, è il contrario di un muro di cinta. Il muretto nasce e si costruisce nei territori di passaggio, attraversa­ti da possenti migrazioni. Il muretto è la risposta opposta e contraria ai muri che si alzano per impedire e ostruire, alle recinzioni elettrific­ate che si erigono per opporsi a ciò che la storia considera ineluttabi­le: i popoli si spostano, e questo mondo deve la sua civiltà alla ricchezza di mille migrazioni”. Il muretto può dunque portare fortuna, il riconoscim­ento che ha avuto può contribuir­e a rendere

È la mano a vincere sulla macchina, è una prova d’orgoglio dell’arcaico, di ciò che si riteneva superato

FRANCO ARMINIO

Elemento semplice, non divideva e non separava ma proteggeva e creava legami

VITO TETI

NICOLA LAGIOIA

Costeggian­doli in Vespa li vedevamo fronteggia­re il cemento armato delle complanari, l’orgoglio della modernità

meno fragile le comunità resistenti, coloro che testardame­nte immaginano un futuro nel luogo in cui sono nati, tra i monti, lungo il crinale appenninic­o, la spina dorsale dell’Italia a cui sempre più spesso rivolgiamo le spalle. Ricorda giustament­e Teti: “Per resistere abbiamo bisogno di piccole utopie quotidiane capaci di cambiare il mondo anche con i segni e i materiali di un passato da riscattare”.

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Ansa Un pezzo di storia Il muretto a secco è presente in molte regioni d’Italia; accanto, lo scrittore Nicola Lagioia
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